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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0012

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15

GELA

Ili

M. Lungo e di Zinghilinò-Manfria, e che in più forti
masse si addensavano su per i monti, che coronano
la fertile piana o pei quali l'arrivo di un nuovo po-
polo costituiva oltre che una minaccia alla libertà
politica un serio pericolo alle risorse economiche. Di-
fatto il terreno occupato, ed anzitutto il yslfyov nsSiov
venne ripartito fra i nuovi signori, riducendo in ser-
vitù quelli dei Siculi che non avevano preferito ritirarsi
nei monti.

Lotte ostinate e sanguinose, necessaria conseguenza
di ogni impresa coloniale, agitarono la vita di Gela
nel VII sec. per la conquista del piano e dei colli.
Se ogni ricordo di esse nella tradizione è scomparso,
un episodio io ravviso nella conquista di Omphake,
7TÓXi<f/j,cc 2ixccvfi>v, già per opera deH'o/Wtfr/^ Anti-
femo, il quale ritrasse come bottino una imagino
sacra, creduta opera di Dedalo (Paus. Vili, 46), cioè
un simulacro di fattura così primitiva da venire, se-
condo il sentimento artistico greco, attribuito al mi-
tico artefice. La occupazione di Omphake, ancora di
sito incerto, ma non gran fatto distante dalla città,
indica che vi fu allargamento di territorio a scapito
dei Siculi, in parte resi tributari, in parte cacciati
addietro nei monti. Anche questo fatto viene chiarito
dalle ricerche archeologiche istituite negli ultimi anni
sui monti Caltagironesi, dove alle scaturiggini del
Gela, a M. S. Mauro e M. Bubbonia si trovò un ma-
teriale di pretta fisionomia gelose {Notìzie 1903, p. 433;
1904, p. 140; 1904, p. 373; 1905, pp. 441, 447),
tanto da far credere che sopratutto nella prima loca-
lità avessero i Gelesi installata già alla fine del VII
secolo od ai primi del VI una loro stazione militare.
Anche Maktorion (Butera?) era prossima a Gela, e
nel VII sec. accolse una parte della popolazione soc-
combente in lotte intestine (Her. VII, 153; Steph.
Byz. s. v.), la quale venne poi ricondotta alla me-
tropoli da Teline, uuo degli antenati di Gelone. Erano
episodi del soverchianto elemento aristocratico, dege-
nerante in tirannide, con principi, di cui appena qual-
che nome ci è pervenuto (Oleandro ucciso nel 505 ;
Arisi, Polii., 231).

Ma le condizioni interne della città rendevano
sempre più necessario uno sfogo; sul mare, senza un
buon porto, c'era poco a contare ; verso levante si
urtava nel territorio Siracusano, a garanzia del quale
era sorta nel 599 Camariua; ed era prudente per

ora evitare una lotta a fondo con uno stato più
forte. A settentrione, occupato tutto Y hinterland
della vallata del Gela, sugli alti herei, cioè sui
monti caltagironesi, oltre dei Siculi numerosi e poten-
temente asserragliati, si veniva a dar di cozzo nella
sfera degli interessi calcidesi di Catana e Leontini,
ed anche da questo lato una buona politica suggeriva
di aggiornare la partita decisiva, che giocata in mo-
mento prematuro poteva finire col ricacciare i Gelesi in
mare. Intanto la popolazione cresceva e l'esuberanza
di essa fu spinta ai bei colli sui quali sorse nel 580
Agrigento, per opera di Gelesi guidati da Aristonous
e Pistilo (Tue. VI,4), città che al paro della metro-
poli preso nome dal fiumo, e si governò con costitu-
zione gelese.

Verso la metà del sec. VI Teline, essendo riuscito
colla sola autorità religiosa (Her. VII, 153) a ricon-
durre in patria i secessionisti di Maktorion, assicurò
a sè ed alla sua famiglia il sommo sacerdozio della
città. Il governo era intanto in mano di tiranni, di
cui conosciamo per nome Oleandro (+ 505), e per
grandi imprese Ippocrate. Per costui era troppo an-
gusto il dominio di Gela; animato da grandiose idee
di un vasto impero si oppose dapprima all'avanzata
dei Cartaginesi, e costituita una forte milizia di Greci
e di bande sicule, mirò alle agognate coste orientali,
conquistò Leontini, Naxos e Callipoli, ed in seguito
anche Messana (Her. VI, 23; VII, 154). Ma l'ob-
bietto supremo delle sue mire era Siracusa, che gli
avrebbe assicurata la Sicilia orientale. Non è ben
chiaro il motivo del suo intervento, ma nel 492 egli
batteva i Siracusani all'Eloro (Her. VII, 154), dove
l'eroismo di Cromio veniva immortalato dalle odi di
Pindaro; arrivava sotto le mura della città, e con-
cludeva la pace al prezzo di un vasto tratto di ter-
ritorio, compresa Camarina che venne ripopolata. Poco
dopo ei si volgeva contro i Siculi; conquistava Ergetion,
massacrandone la popolazione (Polieno, V, 6), attac-
cava Hybla Heraea (Her. VII, 155), e moriva nel 491,
ancora durante la campagna. Ippocrate, attraverso le
scarse e frammentarie notizie degli antichi, si rivela
grande uomo di stato e valente generale, il quale,
come tutti i tiranni del tempo, incarnava l'idea di un
vasto impero e di una potente egemonia. I suoi piani
furono mandati in buona parte ad effetto dai suoi
discendenti.
 
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