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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0015
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GELA

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nello stesso tempo per opera dei Mamertini (Diod.
XXIII, 1; Mafi eQtCvoi Ka\iaqivav xcà réXccv àvcc-
gtcczovs nsnoirjxÓTeg) ; io penso che colgano nel vero
quegli storici, i quali ritengono doversi fondere iu
uno i due avvenimenti, e la distrazione del 280 av-
venuta forse per accordi presi fra i Mamertini e
Pinzia (');

Il disastro fu così completo e terribile che per
secoli più non si parla di Gela; solo Cicerone ricorda
( Verr. Ili, 43), i Gelenses formanti una « civitas
decumana » cioè che pagava a Roma la decima agraria ;
Plinio (III, 8) la novera nel catalogo della città che
ebbero « rempublicam » cioè autonomia municipale ;
ma si sa che il catalogo pliniano novera città che
Più non esistevano; e dice infatto Strabone (VI, p. 272)
che ai suoi giorni essa era disabitata. Per tutto ciò
io mi accosto decisivamente agli storici autorevoli
che ritengono (2) Gela non mai più risorta dopo il 280,
ed il suo nome trapassato colla popolazione {oi sv
QiVTiàdi relìpoi), e forse con qualche documento
epigrafico di carattere pubblico, in Phintias. Ed anche
contro le argute argomentazioni del Pais (3), per so-
stenere una Gela romana, credo abbiano molto peso
i risultati della ricerca archeologica; i quali si pos-
sono applicare anche a Camarina, che distrutta nel
258 riappare nel citato catalogo pliniano. Io ho pas-
sato mesi o mesi nelle due città, percorrendone il
suolo in ogni senso, esaminandone ogni recesso, stu-
diando tutte le raccole di materiali da esse prove-
nienti. Nè mai mi è accaduto di trovare sepolcri ro-
mani o di tarda età greca, mai frammenti epigrafici,
■nai lucerne o tegole bollate romane all'infuori di tre
miseri frammenti di bollo a Bitalemi ; mai una sola
Moneta romana nè a Camarina, nè a Gola, le quali
Wansi invece a centinaia nelle città sopravvissute
lei tempi romani. Per me la vita di Gela, come
unità politica, cessa completamente col 280, nè mai

(') L'Holm, Storia della Sicilia nell'antichità, II voi.,
P- 515, pensa che Gela sia stata distrutta dai Mamertini, e
subito dopo raccolti gli abitanti in Phintias. Di eguale avviso
ò anche il Bcloch, Griech. Geschichle, voi. Ili, j>p. 559-560.

C) Schubring, op. cit, p. 67; Mommsen, C. 1. L., X,
P-737; Beloch, Die Bevolkerung, p. 326; Kaibel, Inscr. Sic.
et Hai. gr., p, 42.

C) Pais, Osservazioni sulla storia ed amministrazione
d«Ua Sicilia romana, pp. 128-130.

più risorse, essendo solo rimaste di essa le ruine ed
il nome alla contrada (« campi geloi » Verg., En,., Ili,
701); vero è però che casolari di agricoltori e forse
anche qualche misero villaggio potè sorgere in una
regione che aveva sempre grandissima importanza
agraria (villa a Casciana, Notizie 1900, p. 247), e
che anche in età romana era attraversata da una via,
che necessariamente doveva avere le sue mansioni ;
così è che il Eefugium Chalae degli Itinerari viene
a cadere all' estremità occidentale della collina di
Gela (Schubring, op. cit., p. 107). È ragionevole quindi
ammettere che la contrada non sia rimasta assoluta-
mente deserta, ma nulla affatto prova, fin qui, l'esi-
stenza di una Gela romana (').

IV.

Le mine e le ricerche in Gela
dal medioevo ad oggi.

Dopo gli accenni di Vergilio, Plinio e Strabone i
Gela, una lunga notte di dodici secoli incombe sulle
ruine della città; pare che nel VI sec. la contrada
mantenesse ancora il suo nome antico, poiché nella
epistola di Grogorio Magno, diretta a Giovanni ve-
scovo di Siracusa, si ricorda una « massa quae dici-
tur Gelas » (JSp. lib. XII, n. 43), cioè una specie di
latifondo, che prendeva nome dalla città o dal fiume.

Unico glorioso segnacolo della scomparsa Gela ri-
masero orette durante parecchi secoli varie colonne
del tempio al Molino a vento, le quali servivano di
segnale ai naviganti e durante l'epoca araba impo-
sero al sottostante fiume il nomo di * Fiume delle co-
lonne »; sulle vicende di codesto insigne monumento,
che compendia quasi la storia disgraziata di tutti

(') Una difficoltà sfuggita a tutti i dotti sopracitati insorge
dall'esame delle ultime emissioni monetati di Gela. La moneta
di bronzo colla testa del fiume e col guerriero che scanna un
ariete (Poole, Gatal. Sicily, p. 75; Head, /list. Num., p. 124)
è stata per soli motivi stilistici assegnata dall'Head a dopo il
210; ma la bontà del conio me la fa credere pirttosto spet-
tante all'inizio che alla fine del secolo III; tanto più che al-
cuni pezzi colla stossa figura sacrificante hanno nel rovescio
il cavallo sbrigliato, segno di libertà, conveniente piuttosto ai
tempi di Timoleonte, come nel trihemiobolo pure di Gela;
Hill, Coins of Sicily, pp. 166-107.
 
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