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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0117

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GELA.

che ebbi la ventura di assicurare al Museo, e che ora
viene qui descritto ed illustrato.

E una patera, che nulla presenta di anormale
quanto alla forma, essendo a calotta ben pronunciata,
con un diam. di mm. 145, una profondità di mm. 26.
Tirata da una sottilo lamina di rame, cui l'azione
degli agenti del sottosuolo ha dato una tinta bigia
a chiazze verdastre, producendovi anche delle non
estese lacerazioni, essa è decorata a punzone ed a
sbalzo, colla tecnica « au repoussé » da sotto in su,
senza tracce di riprese a punta, dei seguenti motivi:
al centro un rosone stilizzato, formato da una triplice
curva a forti torsioni e sinuosità con bulla al centro;
segue una stretta fascia a rilievi lenticolari ; da ul-
timo una larga fascia con quattro coppie di animali
affrontati, tori e cavalli, e con un quinto toro isolato.
Tutti codesti animali hanno il corpo, specialmente la
regione addominale, eccessivamente magra ed asciutta;
i tori si riconoscono per tali solo dal corno, mentre
la testa ed il muso hanno piuttosto struttura equina;
i cavalli dalla criniera ammassata a falda sul collo,
mentre il corpo è schematico, quasi rettilineo (')•

Stilisticamente va notato, come le figure, delìcenti
nella costruzione e nel disegno, sono ottenute me-
diante uno stampo riportato ($xivTva ricavati da zvna),
senza ritocchi di punta e di bullino, di cui io non
scorgo assolutamente tracce. Rappresentanze consimili
occorrono nella ceramica corinzia, sotto l'influenza di
modelli orientali, ma le nostre figure, pur non offrendo
nessun deciso carattere orientale, mi sembrano do-
vute ad artista non greco, appunto per la imperfezione
e scorrettezza formale, e per quello schematismo, che
nella pittura corinzia viene sempre attenuato e cor-
retto da una più precisa conoscenza anatomica, in
parte anche dall'osservazione realistica, quasi sempre
dall'impiego del graffito. Greco-orientale, probabilmente
ciprioto, mi pare il motivo centrale, ancora incerto
colle sue sinuosità fra il geometrico puro e l'empe-
stico-floreale. Ma esso trae assolutamente origine dal
repertorio dell'arte egea, e dai motivi che vedonsi
nelle paste vitree, nei gioielli impressi, ed anche

(') La rappresentanza del cavallo isolato 6 rarissima, anzi
unica, in codeste p itero, mentre vi si ripete sovente il cavallo
montato da guerrieri od attaccalo a carri. Anche nel corinzio
la figura del cavallo libero si può considerare come una ecce-
zione.

nelle scolture architettoniche di tale età (Perrot,
Ilistoire, VI, pp. 546, 767); assume forma di ro-
setta in molte delle patere di cui diremo tosto, ha
aspetto zoomorfo-floreale in un esemplare del Caucaso
(Perrot, op. cit, III, p. 792); evolvendosi dalla doppia
spirale uncinata, ed alterandosi, esso assumo forme ed
aspetti capricciosi, a seconda della fertilità inventiva
e della volontà dell'artista.

La nostra patera o <piàh] appartiene ad una nu-
merosa categoria di cosi fatti vasi, in rame, argento
ed elettro, laminati ed impressi ('), aventi carattere
di unità nella forma e nel contenuto, sebbene il loro
stile presenti indirizzi molto diversi, avendo cioè in-
nestato sopra un fondo orientale, scene reali, religiose,
o semplice sfilate di animali decorativi, ora con gusto
e costume egittizante, ora assirizante, ora con forme
che a tutta prima non disconverrebbero alla stessa
arte greco-arcaica dell'oriente. Se nonché tutti gli ar-
cheologi sono unanimi nello escludere l'origine greca
di tali patere, la cui area di diffusione è vastissima,
da Ninive e dal Caucaso a Preneste ed alla bassa
Etruria, ma sempre con gravitazione verso l'Asia an-
teriore e le isole limitrofe.

L'esemplare gelesc ha questo di peculiarmente
importante, di essere cioè il secondo rinvenimento in
suolo ed in necropoli greca, dopo quello di Olimpia
ora in Atene, rinvenuto nell'Alfeo presso Malaysia (*).
Data l'indole ibrida di codeste patere, la quale si
piega ora ad una ora all'altra delle correnti artistiche
orientali, e che in un dato gruppo veggonsi anche ani-

(') Siccome molti anni addietro io stesso ho trattato in
modo ampio la questione di codeste patere, a proposito degli
esemplari cretesi, rimando per la letteratura di dettaglio a
quel lavoro. Halbherr e Orsi, Antichità dell'antro di Zeus
Ideo in Creta (in Museo Italiano di anlicliilà class, del Com-
paretti, voi. II, punt. Ili, 1888). Consultare anche i riassunti
critici fatti dal Ghirardini in Nuova Antologia, 1888, fase.
1G dicembre; e dal Frothingham in American Journal of Ar-
chaeology, voi. IV, n. 4. Aggiungansi i nuovi esemplari di So-
vana (FrOhner, Collec.tion Tyskiewicz, tav. XV, con sfingi, stam-
becchi, pantere, leoni), di Preneste, (Pinza, Monumenti primi-
tivi di Roma e del Lazio antico, col. 564 e 505), di Cagliari
(von Duhn, in Sirena Helbigiana, p 58 con rozzi ornamenti),
e quella più antica di tutte, cioè dell'età micenea, del museo
di Gizeh (von Bissing, Jahròuch 1898, p. 29 e segg. tav. II).

(2) Furtwangler, Olympia, voi. IV, tav. LII, p. 141, notai.
La calotta di argento di Leontinoi decorati di fiori di loto,
che a tutta prima pare una minuscola patera, non è che la
metà di un aryballos (Altgriech. Bronzebechen aus Leontini
di Winnefeld, p. 30).

Monumenti Antichi

— Voi. XVII.

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