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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0124
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GELA

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In quest'ultima categoria ho inclusa una mezza doz-
zina (sepp. 467, 474; Lap. 1, 4 ecc.) di esemplavi che
meritano una breve trattazione a parte, avendo fisio-
nomia ben definita e non essendo di fabbrica geleso
o siceliota, ma derivando da un centro ancora contro-
verso. Sono tipi molto ventricosi, dipinti, meno qualche
fascia risparmiata, in rosso vivo od in marrone, a se-
conda della cottura, decorati al collo di circoli con-
centrici, sigme e triglifi, e di più muniti di un piccolo
piede (figg. 152, 165). Il loro campo di diffusione è
vastissimo; Siracusa ne ha dato un esemplare di uso
funerbe (Orsi, Notine 1895, p. 130) che io a torto bat-
tezzai per corinzio ; altri frammenti vengono dalla città
e da Megara Hyblaea (inediti). Cuma pure ha prodotte
parecchie di tali anfore, che il Pellegrini ( Tombe greche
arcaiche di Cuma, p. 66, fig. 42), attesa la scadente
vernice, ritiene di fabbrica locale ; opinione non con-
divisa dal Karo {Bull. Paletnol. Hai., 1904, pp. 10-12),
il quale le collega con un gruppo ionico od italo-ionico,
notando che le iscrizioni apposte a talune di esse, come
in quella del nostro sep. 467, non hanno peso nella
ricerca della fabbrica, perchè graffite e non dipinte.
Alcuni pezzi di Cere sono al Louvre (Pottier, Vases
du Louvre, I, tav. 30: D. 38-35). Altri di Thera (Dra-
gendorff, op. cit., p. 188 ; Pfhul, op. cit., p. 206 e 207)
vennero ritenuti dai rispettivi editori di origine corinzia,
calcidese, euboica o ionica. In complesso domina an-
cora, come vedesi, una grande incertezza nello stabi-
lirne il centro di fabbricazione ; nè, per tale rispetto,
si trae miglior partito dal vedere proprio una di codeste
anfore riprodotte nel vaso Francois, dove Dioniso la
porta ricolma di vino in dono alle nozze di Peleo. Se
il pittore ateniese la riprodusse, non vuol dire perciò
che necessariamenze debba ritenersi per attica ; tutto
al più significa, che questo tipo di vaso vinario era
molto conosciuto ad Atene nel sec. VII. E su questo
si è tutti di accordo, che cioè esse spettino al sec. VII
ed all'inizio del VI, e che nelle varie città greche sieno
state diffuse da un centro enologico molto produttivo.
Ora a Gela nel suo primo secolo di vita non vi doveva
essere ancora abbondanza soverchia nè di vino, nè di
olio ('), e si doveva ricorrere all'importazione. Per tutto

(') Il vino era una bevanda rara e di gran lusso in Roma
prima del IV secolo (Pais, Elementi sannitici e campani nella
più antica civiltà di Roma, p. 17), nè il prodotto locale pò*

queste ragioni, e poiché il tipo di tali anfore rammenta
assai da vicino esemplari grezzi di Samos (Boehlau,
Aus jon. und Hai. Nekropolen, p. 23), propendo a rite-
nerle derivate dalla Grecia asiatica, allora, più che
non fosso la Sicilia, ricca di prelibati vini; bastino
per ciò i molteplici ricordi dell'epos omerico.

Segue ora un assortimento di forme svariate di vasi
destinati a ricevere le ossa dei bambini o le crema-
zioni ; il pezzo di gran lunga più notevole è la grande
situla del sep. 211, un « unicum » per forma e deco-
razione, dovuto, come mi adoperai a dimostrare ap. 125,
all'influenza se non anche alla diretta importazione
cretese.

Le hydrie e gli stamnoi meritano appena un cenno,
perchè ridotti in pessimo stato e smarrita la sobria
decorazione, consistente in qualche fascia e giraglio;
molti no ha dato Megara Hyb. come ossuari, e così
altro necropoli; se in parte erano d'industria locale,
molti erano d'importazione insulare e greco-orien-
tale (')•

Anche sui tubi e messi tubi fittili non occorre
che io ritorni, dopo averne data ai singoli luoghi una
esatta imagine; era una forma capricciosa di protezione
o di piccoli cadaveri o delle ossa cremate, che troviamo
in moltissime necropoli (Megara Hyb. Orsi, op. cit.,
p. 137; Camarina e Cuma, inediti; Samos, Boehlau.
op. cit. p. 18; Dipylon, Alhen. Miti, 1893, p. 177 otc),
e che dipendeva piuttosto che da consuetudini rituali
di una data regione, da circostanze e da capricci
speciali.

La stessa osservazione calza perfettamente anche
per quelli strani recipienti che io, con termine con-
venzionale, ho chiamati otri fittili; basta la descrizione
che ne ho data od i disegni (figg. 65, 161), per capire
subito, che originariamente essi nulla avevano che ve-
dere col servizio mortuario. Sono recipienti da liquidi,
da trasportarsi orizzontalmente per mezzo delle quattro
maniglie; ho vagamente pensato servissero per conte-

teva, nei secoli VII ed in parto del VI, sopperire ancora ai bi-
sogni locali delle città siceliote.

(') La sempre crescente estensione delle ricerebe metodiche
ci ha negli ultimi anni condotto a chiarire alquanto i centri
di origine di codesti umili vasi, per lo innanzi totalmente ne-
gletti dagli archeologi. Gli esaurienti studi dello Pfuhl (op.
cit. Beil. XVIII, 4), e del Dragendorff (op. cit., p. 229), hanno
rivendicato a Creta alcuni tipi di hydrie apparse anche a Gela,
non meno che a Megara (inedite).
 
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