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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0280

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547

GELA

548

PARTE QUINTA
LUOGHI DI CULTO.

i.

Il Tempio al Molino a venlo.

(Giugno 1900).

All'estremità orientale della collina di Gela, sopra
una breve spianata, detta oggi del Molino a vento, da
cui la vista spazia sul mare scintillante, sulle verdi
colline interposte fra il Gela ed il Durillo, col bruno
sfondo dei monti ragusani, sulla fertile piana dal pa-
diglione montagnoso, sul quale spunta la vetta del-
l'Etna nevoso, costruirono i Gelesi nel V secolo il loro
maggior tempio, di cui restano appena poche e misere
tracce. Lo vicende di questo santuario attraverso il
medioevo fino ai tempi recenti sono tristi quant' altre
mai, e di gran lunga peggiori di quelle subite da altri
consimili edifici ; ciò che la rabbia dei distruttori an-
tichi di Gela ed il secolare abbandono aveva ancora
lasciato superstite fino alla prima metà del sec. XIII,
fu empiamente, metodicamente distrutto dai figli della
Gela risorta, da coloro che più avrebbero dovuto reli-
giosamente tutelare ogni ricordo, ogni reliquia del-
l'antica madre.

Ancora all'epoca araba molte colonne dovevano reg-
gere in piedi, se i corografi arabi denominarono « fiume
delle colonne » quello che scorreva ai piedi del tempio,
l'antico Gela, il cui nome primitivo nella fitta notte
dell'alto medioevo dovè andare travolto e smarrito con
quello della città ('). Nella prima metà del sec. XIII

(') L'Italia descritta nel libro del Re Ruggieri compilato
da Edrisi (Ed. Amari e Schiaparelli, Roma, Lincei 1883), p. 65 ;
quanto all'identificazione del fiume, non pub cader dubbio di
sorta, ove si legga il brano che ad esso si riferisce: « Da Licata
« al fiume Salso un miglio. Da questo fiume a marsd às salug
u (Porto dello scirocco-Falconara) otto miglia. Di qui a marsd
« butìrah (Porto di Butera-Manfria?) otto miglia; di qui a Wddi
u ds sawdri (fiume delle colonne; oggi di Terranova) dodici
« miglia ».

lo condizioni del tempio non erano gran fatto cambiate,
perocché Guido dalle Colonne, parlando senza dubbio
della neocittà sorta nel posto dell'antica dice : « In hac
« igitur terra dudum a barbaris exarata, et data pe-
li nitus in ruinam, adirne supersunt quaedam columpne,
» quae vulgo columpne Herculis nuncupantur; et in ea
« quondam Federicus secundus... fecit constimi quam-

« dam terram......(quae) usque in hodiernum dicitur

« Terra nova » (').

Ma pur troppo è colla risurrezione della nuova terra
che data la ultima rovina dell'antica città; sono i suoi
neocittadini che distruggono ferocemente ogni reliquia
(ed allora dovevano ancora esser numerose) antica.
Furono i Terranovesi che da Federico in poi trassero
dalle ruine di Gela (e persino da quelle di Camarina,
teste il Fazello) il materiale da costruzione, cancel-
landone così ogni traccia. Al principio del sec. XVI
tutte lo colonne erano state abbattute, all'infuori di
una : « fuori delle mura di questa terra, quasi un terzo
« di miglio verso levante un grandissimo tempio d'ar-
« chitettura antica rovinato, dove è una colonna col
« suo capitello bellissimo e si desiderano l'altre; e si
« veggono sotto i fondamenti grandissimi, e nella piazza
« della chiesa catedrale si vede un frammento d'un'al-
« tra colonna » ecc. (*).

Kestava in buone condizioni lo stilobata e lo ste-
reobata fino alla prima metà del sec. XVIII, quando
negli a. 1732-33 un tale Ignazio Greco vi fece estrarre

(') Eistoria destructionis Trojae (ed. Gozza). Perla con-
troversia sulla patria di Guido dalle Colonne, che non ci riguarda,
vedi lo scritto di Ros. Ciaramella, Guido delle Colonne e la
sua Eist. destr. Trojae (Catania 1904), nel quale l'A. con una
serie di buoni argomenti rivendica a Terranova la patria del
poeta.

(3) Fazello, Storia di Sicilia, deche due, voi. I, p. 23 (ed. Pa-
lermo, 1830).
 
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