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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0350

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687

GELA

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Noi tipo 3 rappresentato da più esemplari frammen-
tati, le fattezze sono alquanto grossolane, la linea
naso-frontale molto scappante, l'arco sopracigliaro ele-
vatissimo, l'aspetto quasi semitico, la chioma a tre
ordini ondulati. In fig. 2 di fattura difettosa, la chioma
è a falde verticali biuncinale, quasi in forma di S.
In figg. 5, 6,10 (che ha molte repliche) la chioma è
data da un arco di sottili cordoni ondulati. Un fram-
mento fig. 14 appena scoperto presentava tracce vive
della decorazione a colore, consistente in due ordini
di pizzi affrontati, neri e rossi, sul nókog. Pochi esem-
plari hanno la chioma a massa liscia, e per gli altri
qui riprodotti non occorrono ulteriori commonti.

Non posso disgiungere dalla categoria delle ma-
schere l'elegante e fine busto fig. 13 colla faccia lavo-
rata a mezzo tondo ed il petto piatto; le forme del
volto sono molto carezzate e la chioma a masse on-
dulato in fronte, a trecce periate ai lati, rammenta le
più delicate acconciature dell'Acropoli. Questo pozzo,
intermedio fra la maschera e la protome, precursore
anzi dei grandi busti di Demeter e Cora, trova assai
rari riscontri in Sicilia (due soli pezzi camarinesi,
Winter, 244, 8; Orsi, Canarina, 1896, fig. 19),
molto più numerosi invece nella Grecia (Winter, 245
e segg.), ma di un'arto più della nostra progredita;
esso in ogni modo si distingue per bellezza di forme
e per eleganza severa di acconciatura.

Per discutere il significato e la destinazione di
codeste maschere mi valgo di alcune osservazioni altra
volta fatte da me e successivamente dal Rizzo (l). Con-
viene anzitutto tener presente, che esse trovansi in
gran quantità nei depositi di taluni santuari, e di
rado nei sepolcri, anzi sin qui nei soli sepolcri me-
garosi (2). Esse vanno quindi messe in rapporto con
una divinità di carattere anche ctonico e che si rife-
risca alla religione dei morti. Le maschere delle mum-
mie egiziane, dei sarcofagi antropoidi fenici, quelle
d'oro di Micene segnano nel campo funerario le tappe
attraverso le quali è passata questa formola plastica
prima di trapiantarsi sul suolo greco. Tipi arcaicis-

(') Orsi, Megara Hyb., pp. 251-252; Rizzo, Forme fìttili
agrigentine (Roem. Mittheil., 1897, pp. 300-305).

(a) Maschere funebri di tipo egittizzanto e greco arcaico
derivano anche dai sepolcri di Cartagine e di Malta (Musée
Laoigerie, I, tav. XIII; Mayr A., Aus der phónikischen Ne-
kropolen Malta, estr. p. 483).

simi di maschere ieratiche fornì l'acropoli cretese di
Praesos ('), e precisamente un santuario all'aperto
che sopra di essa esisteva ; poi ne ha dato un grande
numero Rodi, legata all'Egitto (Herod., II, 178), e
d'altra parte metropoli di Gela. Ond'è che noi ab-
biamo forse rintracciato il filo che collega la Sicilia
coll'Orionte per mezzo appunto delle duo isole, da
cui trassero i fondatori di Gela. Ma con ciò non
è stato ancora definito, se tali maschere fossero ri-
tratti convenzionali di defunti o di dedicanti, ovve-
rosia di una divinità ctonica. La comparsa di molti
esemplari sull'Acropoli di Atene non può pregiudicare
la questione della divinità, perchè sull'Acropoli oltre
ad Atena Polias avevano culto parecchie altre divi-
nità (2). Ed invece panni abbia un significato molto
eloquente la circostanza che esse predominano negli
ìsqcc consecrati a Demeter e Cora ; tale era quello
agrigentino presso S. Biagio, che ha dato gli esem-
plari più colossali che si conoscano, tale quello sul
colle dell'Aquila presso Grammichele (3), tale sembra
quello di Bitalemi. Nè va dimenticato che nel culto
di Demeter Kidaria, Pausania (VIII, 15) rammenta
come il sacerdote si coprisse il volto di una maschera
per allontanare i demoni sotterranei nella fisi^un*
rsleii]-, donde forse il significato apotropaico delle
maschore megaresi chiuso nei sepolcri. Sull'ampia
diffusione che ebbero in Sicilia, così nelle città pu-
ramente greche, come nelle siculo ellenizzate, D. e C,
non è mestieri che io insista, e rimando a Pauly's-
Wissowa, li. Eticyclopaedie, IV, 2739 e segg., dove
sono raccolte tutte le fonti letterarie. Quanto all'età
le maschere ebbero la massima divulgazione dalla
seconda metà del sec. VII ai primi del V; se in ta-
luni luoghi (Myrina?) esse durarono fino al II secolo,
tale constatazione non vale per la Sicilia, e quanto
meno per Gela-Bitalemi.

2. Grandi staine muliebri. Che in Sicilia nel-
l'epoca arcaica fino alla maturità dell'arte la grande
plastica marmorea fosse scarsamente coltivata e sup-
plita da grandi opero in argilla, le quali si collegano
ad una scuola illustrata dai nomi di Damofilo e Gor-

(') Halbher, in American Journal of Archaeology, 1901,
tav. XI, pp. 387-388.

(2) Winter, Arch. Anzeiger, 1893, p. 141.

(3) Orsi, Monumenti Ani. dei Lincei, voi. VII, p. 260.
 
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