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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0370

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GELA

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care in tutti i santuari grandi e piccoli, antichi e
moderni.

Quando la massa degli ex-voto arrivava al punto
di ingombrare lo spazio, si procedeva ad una sele-
zione su larga scala, e quanto non aveva speciale va-
lore veniva sgombrato ed eliminato, non però distrug-
gendolo, ma, come cosa sacra, sotterrandolo nelle
adiacenze stesse del santuario. Cosi si spiega come a
Poggio dell'Aquila presso Grammichele le terracotte
fossero riposto in grottine scavato nella montagna
sabbiosa e poi mascherate; così nel temenos di Locri
Epiz., dello grandi fosse, vere favisse, foderato di
tegole, l'acchiudevano a migliaja i piccoli skyphoi
delle (f/Tovóai popolari; o presso di esse una vasta
arca era fino a notevole profondità pregna di figurine
buttato alla rinfusa, senza ordine, nè disposizione di
sorta (').

Fantastico e bizzarro quanto mai doveva apparire uno
di questi sacri recinti campestri durante e dopo una
festa. Centinaja di vasetti e di figurine sparsi ovunque;
grandi piatti colle svariate imbandigioni, e crateri
ricolmi di vino; are fumanti imbrattate di carboni
ardenti, del sangue e dei residui delle vittime immo-
late; in più sicuro luogo esposti gli ornamenti me-
tallici, lasciati in dono alla divinità. E dal mezzo di
questa massa varia e confusa, fra gli alberi sacri e
le zolle fiorite s'ergevano su basi calcari e lignee lo
quasi parlanti xÓQca dai panneggi variopinti, dagli
occhi immobili quasi assorti in mistica contemplazione,
ma pur vivi e penetranti. Si ripulivan e si sgombravan
dopo la festa i rottami e le immondizie, i resti dei
sacrifici e dei sacri banchetti, e nei margini della
collina si aprivan fosse, dove ogni cosa colle ceneri
ed i carboni sacri veniva buttata alla rinfusa, spesse

(') Conviene fare una esatta distinzione fra il drjaavQÓg ,
solido o piccolo edificio nel quale venivano messi in sicuro gli
oggetti del culto e gli anatheraata, preziosi per arte e materia,
e le favissae nelle quali si buttavano e si celavano le masse
scadenti degli ex voto, le quali o erano andate in disuso, o si
erano guastate e tornavano di ingombro al santuario ed alle
sue adiacenze. Per queste ultime veggasi la voce favissa in
Daremberg e Saglio, Dictionnaire, voce latina che non trova
la sua corrispondente nel groco, essendo diverso lo scopo e la
significazione del ì)rjaav(>6g. Cfr. anche la voce donarium. Un
ampio catalogo delle favisse fin qui esplorate è dato dal Paris,
Elatée, p. 139. Anche a Naukratis si trovarono dei cumuli di
preziosi rottami fittili presso i templi di Apollo, Hera, Afro-
dite e dei Dioscuri; cfr. Flinders Petrie, Naukratis, (1884-5);
Gardner, Naukratis, (1885-C).

volte urtando e squarciando un deposito aperto molti
anni prima ; di qui la miscela di oggetti i più dispa-
rati non solo per forma, ma talvolta per età, per
modo che un frammento attico si vede accanto ad
un coccio rodio, una rara porcellana presso un volgare
skyphos, una dozzinale mascheretta accanto una grande
imagine.

Ma a quale mimo fu sacro il temenos di Bita-
lemi ? Anche qui tutto è incerto, perchè non un solo
frammento epigrafico ci ha rivelato il nome, non un
simbolo specifico ed esclusivo precisa la divinità. Il
piede della collinetta va a bagnarsi nel sacro Gela,
che scorre lento sotto di essa lambendola; a tutta
prima corre il pensiero al culto del fiume diviniz-
zato, che colle sue acque fecondatrici era fonte
precipua di ricchezza agricola ai Gelesi. Basta uno
sguardo alla serie monetale emessa da Gela, per rico-
noscere come il fiume omonimo abbia avuto dapprima
un culto sotto forme antropozoomorfe e poi nel quarto
secolo con aspetto puramente umano. Ma, a parte
che non un solo frammentino di Bitalemi ci segnala
tale culto, la preziosa notizia di Timeo (Schol. Pin-
dari, 1, 185) ci dice clic il suo simulacro stava dentro
la città : tòt yccq sv tTj nóXei éeixvvfiévov (tccvqov) ...
sìxóva rsXà tov norafiov.

Ad altre delle sommo divinità venerate in Gela,
Zeus od Apollo, non conviene pensare, ed allora non
rimangono che le dee sicule e siceliote por eccellenza,
le dee della fecondità campestre e delle frugi, primo
cespite della ricchezza gelese, il cui culto sarebbe
stato introdotto da Teline (Herod., VII, 53), che ne
portò da Rodi le imagini ed Iqà tovtwv zwv tffwr.
Questi naiqìpoi Dsoi ebbero un santuario nel punto
stesso dove posero piede a terra i primi coloni. Il
fiume, navigabile allora perchè più ricco di acque che
oggi non sia, alla sua foco offriva certamente ricovero,
anzi l'unico sicuro ricovero, alle navi dei primi colo-
nisti, obbligati dalle violenti mareggiate a metterle in
sicuro dentro un canale. Intesa così, Bitalemi assurge
ad importanza speciale nelle sacre memorie connesse
alla xrfoig della città ; al suo piede si ricoverarono le
navi, ed il colle offrì il primo asilo ai rozzi idoli ed
ai sacri arredi che i nuovi venuti portavano dalla
patria lontana. Stabilito poi il piano della città mu-
rata e delle opere di difesa, il culto e la sede di
codesti dii patrii sarà stato forse traslato entro le
 
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