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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0372

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731

GELA

732

PARTE SESTA
LA CAMPAGNA ED IL SUBURBIO.

i.

Villaggi, fattorie e loro necropoli suburbane.

Noi conosciamo in modo sufficiente se non com-
pleto la storia delle singole colonie greche dell'isola;
possediamo dati, quando più, quando meno abbon-
danti, sulla topografia dello singolo città; meno note
ci sono le istituzioni politiche e religiose; poco stu-
diata invece sin qui la condizione economica d'ognuna
di esse, ed appena in questi ultimi anni si sono fatti
tentativi per completare il quadro della storia politica,
con ricerche sulla vita, sulla condizione e sulle ri-
sorse economiche (').

Per Gela questo si sa che essa traeva la sua ri-
levante ricchezza dalle risorse agricole, derivanti dalla
pingue piana del Gela, il yelùov neih'oy, dalle uber-
tose colline che la circondano, e dall' hinterland che
per la vallata del fiume omonimo o dei suoi affluenti
dilfondeva l'azione politica ma sovratutto commerciale
della città, nella regione montana dell'interno, ancor
semibarbara, donde veniva in ricambio agli articoli
industriali (ceramica, bronzi, ecc.) un potente coeffi-
ciente di ricchezza collo scambio dei prodotti del suolo.

E per questo che lo studio della campagna e del
suburbio gelose meriterebbe altrettante cure che quello
della città, e non solo nei rispetti della topografia
archeologica e dell'arte ma anche dell'agricoltura e
dell'economia.

Chi abbia percorso, come io soventi volte ho fatto,
le colline fra il Gela ed il Durillo (Acliates), e la

(') Per lo più i pochi scritti elio sinora possediamo su tale
argomento riguardano la decadenza greca. Cosi: Barbagallo,
La rovina economica della Grecia antica (utile anche per la
Sicilia dal terzo secolo in poi) ; Francliina, Le condizioni eco-
nomiche della Sicilia ai tempi di Verve (Palermo, 1897).

piana bagnata dal sacro fiume, resta addirittura col-
pito dalla quantità di grupppi sepolcrali della miglior
epoca, i quali sovratutto si addensano nella regione
collinosa ad oriente della città, da Piano Farello al
Durillo. Ed allora se ne trae la diretta conseguenza
che la vasta e pittoresca contrada non dovesse essere,
come oggi è, tristamente deserta, ma allietata di
ville, villaggi, fattorie, sorgenti sulle gaie colline esposte
al bacio del sole ed all'aria non infetta, ma salubre
per le intense colture, per la regolata canalizzazione
delle acque. E così dal silenzio dei sepolcri e delle
rovine sorge eloquente e salutare il monito contro lo
assenteismo dei contemporanei, che ancora non hanno
saputo convenientemente sfruttare le risorse di quel
suolo arido e pur ferace. Gli agricoltori antichi vi-
vevano sul proprio terreno, e non pure gli umili brac-
cianti ed i servi della gleba, ma anche .i grassi con-
duttori ed i proprietari. Ne sono prova i sepolcri, ta-
lora ricchissimi, rinvenuti in mezzo a gruppi piii mo-
desti. Il proprietario come il colono nascevauo, lavo-
ravano e morivano nei loro poderi, lontani dalla città,
a cui affluivano, come da tanti rivoli i prodotti della
terra feconda. Ed allora si comprende come Gela,
angusta di sito, scarsa di popolazione ('), abbia avuto
una ricchezza così considerevole, durata per secoli, da
renderla una delle più floride città dell' isola.

L'esplorazione del suburbio è dunque un problema
non pure archeologico ma economico, che io racco-
mando agli archeologi dell'avvenire, se a me non sarà
dato di condurla ad effetto. Dalla campagna di Gela,
ma sopratutto dalle colline di levante, affluiscono da
ben mezzo secolo a Terranova vasi bellissimi del
V sec, ed oggi che la contrada di Capo Soprano è

(') Veggasi la nota a p. 12.
 
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