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lana, non è che essa abbia a ritenersi di valore asso-
luto, pur tornando ancora difficile il discernere, se e
quanto vi abbia tra essi di greca imitazione.

Oggetti metallici.

Chiodi di bronzo (fig. 9). Se e quanto di metalli
preziosi e pregevoli contenesse in origine, cioè in an-
tico, la grande fossa, a noi non consta. Sappiamo solo,
che al momento della scoperta ne uscirono in gran
numero dei magnifici e poderosi chiodi di bronzo

Pio. 9.

[ìjloi) e furono così poco apprezzati che venivano in
su le prime distribuiti come ricordo fra i villani. Dal
proprietario scopritore ne ebbi 22 esemplari, altri
recuperai due anni dopo, ed altri ancora andarono
dispersi. Sono tipi massicci compresa la calotta, della
lungh. massima di mm. 136, del peso medio di gr. 160,
ed uno solo è spezzato per difetto di fusione. Esami-
nati attentamente, non presentano tracce di martella-
tura sulla testa, nè aderiscono residui di fibre legnose
ai gambi. Un solo esemplare è di un tipo completa-
mente diverso, cioè a calotta cava ed a sottile gambo
quadro.

Le tombe siceliote mi hanno sovente fornito dei
belli e grandi chiodi in bronzo, che decoravano e fis-

savano bare, assiti e letti funebri. Cito per tutti i
grandiosi esemplari a testa conica di una tomba fu-
scana del VI secolo {Notizie 1893, p. 456); un altro
bel campionario di chiodi greci, etruschi e romani
vedesi raccolto presso il Durm, Die Baukunsl der
Etrusker und Roemer, 2a ed., p. 347.

Ma quale era l'uso dei nostri? Nelle rappresenta-
zioni vascolari anche arcaiche vediamo porte robustate
ed al tempo stesso decorate di chiodi a grande ca-
pocchia; chiodi di bronzo, lunghi e sottili, venivano
usati a fissare le terrecotte, le architettoniche ed anche
quelle plastiche, ma escludo subito questo uso nel
caso nostro, atteso lo spessore del gambo ed il peso
soverchio dell'insieme. Servirono dunque per qualche
grande porta ed erano pezzi di riserva? Non oso af-
fermarlo. Oppure avevano essi un carattere magico ed
apotropaico? Meno verosimile ritengo questa versione,
perchè i chiodi come simbolo della dea Northia e della
Fortuna furono conosciuti ed usati dagli Etruschi,
dai quali passarono ai Romani ('), mentre pare che
tale credenza fosse estranea alle concezioni religiose
dei Greci, essendo diverso il concetto informatore della
« defìxio » nelle laminette deprecatorie funebri (2).

In ogni modo chiodi di forme svariate, per quanto
non monumentali come le nostre, si raccolsero nel-
l'area di molti grandi santuari, e si crede, che almeno
in parte, ne decorassero le porte (?).

Lamina sbalzata. Alla fig. 10 viene riprodotta una
striscia di sottile lamina di bronzo o rame, la quale,
malgrado l'ossidazione, presenta copiose e sicure tracce
di argentatura; essa ha forma rettangolare, anzi lie-
vemente trapezia, nello stato attuale (incompleta) mi-
sura mm. 275 X56, è decorata ai margini lunghi del-
YavTv% ad occhi e di piccole baccellature e nei lati
corti di due palmette ioniche terminali, di cui una
perduta. La decorazione è ottenuta a stampo (rvnog -

(') Cfr. per tutto Saglio, Dictionnaire, alla voce Clavus,
dove si ha pure una buona serie di esemplari di chiodi; vedi
altresì Clavus, in Pauly's-Vissowa,, Real Encyclopaedie der
clas. Alterthiimer.

(") Laminette deprecatorie defixe si trovarono nei sepolcri
di Camarina e di Gela, del V e IV sec, talora col chiodo ag-
giunto (Orsi, Camarina, scavi 1899 e 1903, p. 170 e segg.;
altre inedite; Orsi, Gela, 1900-1905, p. 472).

(s) Olympia, tav. LVII,, 1221, p. 192; Carapanos, Dodona,
tav. XLIII, 9: Aegina. Das Ileiligtum der Aphaia, tav. CXVII,
88 e segg.; De Ei'dder, Bronzesde l'Acropole, p. 187 e segg. etc.
 
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