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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 18.1907

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Orsi, Paolo: Anathemata di una città siculo-greca: a Terravecchia di Grammichele (Catania)
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https://doi.org/10.11588/diglit.9136#0089

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163

ANATHEMATA DI UNA CITTÀ SICULA-GRECA ECC.

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per magistero d'arte o per nome di artista si scen-
deva all'umile terracotta tirata a migliaia di copie
dai gioielli e dai vasellami preziosi si arrivava alla
modesta fibula ed al piatto fittile rustico offerto dai
poveri. Da una parte gli inventari dei templi ci illu-
minano sulle ricchezze di opere d'arte e di preziose
suppellettili, le più svariate, mentre le esplorazioni
archeologiche, progredienti con metodi sempre più
severi, mettono allo scoperto assieme alle opere in-
signi anche la minutaglia e la massa volgare offerta
dalle plebi.

Per la tutela delle vere opere d'arte e delle cose
preziose serviva il tempio stesso, la cella, e l'opisto-
domo, chiusi ; oppure apposite edicole speciali deno-
minate di]GavQoC. Invece la massa volgare degli àva-
i) i]fiata veniva esposta un po' dovunque nelle adia-
cenze, e quando diventava ingombrante ed inutile per
vetustà o deperimento veniva accumulata e per sempre
celata in fosse sotterranee nelle adiacenze del tempio.
QipavQÓq chiamavano i Greci la cella di deposito,
Favìssa i Latini la fossa dei rifiuti sacri ('); due de-
signazioni che rigorosamente alludono a scopi diversi,
ma che sovente diventarono di uso promiscuo.

L'esplorazione di molti antichi santuari essendosi
limitata al puro vaóg, non ci ha fatto conoscere nei
più dei casi, nè l'edificio del tesoro, nò le fosse dai
rifiuti sacri. Ma quante volte la indagine si estese
dall'edificio principale a tutto il sacro temenos, al-
lora vennero posti in evidenza fatti importanti per la
storia del culto e dell'arte antica. Per nessuno dei
grandi tempi siciliani è stata ancora eseguita una così
fatta scrupolosa indagine, e ciò per cause molto di-
verse. Mii sulla vetta di Pojo dell'Aquja a Grammi-
chele, e sulla collina di Bitalemi a Gela esistevano
piccoli santuari agresti, probabilmente iu legno, od
al più colla sola fondazione in pietra, dei quali non
rimase traccia. Eppure i fianchi di questi due colli
racchiudevano centinaia delle più svariate terracotte
ieratiche ed altri oggettini pertinenti al culto, but-
tati alla rinfusa dentro fosse contigue, e disposti alla
beli'e meglio entro iugrottature sabbiose. A Locri Epiz.

(') « Cellas quasdam et cisternas quac in ama sub terra
« essent ubi reponi solerent signa vetera. et alia quaedam re-
« ligiosa donariis consecratis » Aul. Gelli, Noctes atticae, u,
10, 2.
 
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