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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 18.1907

DOI Artikel:
Savignoni, Luigi; De Sanctis, Gaetano; Paribeni, Roberto: Nuovi studii e scoperte in Gortyna
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https://doi.org/10.11588/diglit.9136#0128

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229

NUOVI STDDI1 E SCOPERTE IN GORTYNA

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santuario di Nortia a Bolsena (') e nel tempio di Vesta
a Roma (2). E non altro che costruzioni di questa na-
tura, per quanto forse più grandiose, dovevano essere
le famose favìssae, la cui presenza impedì a Lutazio
Cattilo di abbassare il piano del tempio di Giove Ca-
pitolino (3). Così ora sapremo anche che cosa veramente
debba intendersi per il Xaivo; oùóòg che, corn' è detto
nell'Iliade, celava le cose preziose di quel tempio
primitivo di Delfo di cui feci già cenno (4), e che in-
dusse i Focesi sacrileghi, al tempo della guerra sacra,
a frugare sotto il pavimento del tempio stesso per
rubarle (5). Sebbene il loro intento sia stato frustrato,
a quanto si narra, per lo spavento ispirato loro da un
subitaneo terremoto, tuttavia abbiamo in questa me-
moria la prova che vi era la convinzione che ivi esi-
stessero thesauri sotterranei e diligentemente occultati ;
e la testimonianza di Omero, comparata con le recenti
scoperte, ci dà ragione di credere che almeno nel
tempio più antico esistettero quelle peculiari fosse in
muratura che vedemmo essere proprie dei palazzi prei-
storici e dei templi sì arcaici che posteriori in Creta.
Ecco pertanto che si scopre ancor più quel fondo di
verità che è nella poesia dell' inno omerico, narrante
dei Cretesi venuti ad erigere a Delfo il culto e il tem-

(') Cabrici, in Mon. antichi, XVI, p. 181 seg.
(aJ V. Notizie degli scavi, 1900, p. 161 segg., fìgg. 5-8,
lctt.g, che Boni dice di uso incerto e forse deposito di spazzatura!

(3) Geli. II, 10: « cellas quasdam et cisternas, quae in area
sub terra essent, ubi reponi solerent signa vetera, quae ex eo
tempio collapsa essent, et alia quaedam religiosa e donis con-
secratis ». Cfr. Daremberg e Saglio, Dictionnaire s. v.; Eichter,
Topographie der Stadt Rom*, p. 125.

(4) V. sopra p. 221.

(5) Iliad. I, 404:

oùcT oea kaivog ovifòg ucprjropog èvrbg èépyei
$o!(ìov 'AnóXXmvog IIvOoì evi nerprjéoarj

Cfr. Diod. XVI, 56, 7. 'Ene/eig-^aav J" ol nepl ròv <PàXai-
xov orparrjyoì xal ròv vaòv òpvrreiv, einóvrog rivòg &g év avrà
Srjsaimòg tir] noXvv h/wv àoyvpóv re xal %pvaóv ' xai rà nepl
rrjv éariav xal ròv rpinoSa (piXorl/uajg àvtaxanrov ■ ó Se [irjvv-
aag xòv Sijaavpòv (làprvpa napei%ero ròv é.-ucpavéorarov xal
ùp%aiórarov xv>v nu^rtiv "0/j.ijpoi' èv oig Xsyei xrX. e qui i due
versi sopra citati e poi il racconto del terremoto. Notevole ciò
che dice Strab. IX, p. 421 C. "Evia <ìè ròv àqrjippa Ss^àuevci
XéyeoHai 9-^aavQÓv, ('uprjropog d" oixfòv xarù yTjg 9t]aavQiauói',
6i' rio vati xaxujQvx^tii tpaal ròv nXoProv éxeìvov xrX. Si noti
che ovSòg significa anche pavimento. Mi accerta il sig. Homolle
che nessun vestigio di tali fosse si trovò negli scavi del tempio,
che in ogni caso dimostrarono errata l'opinione di Foucart
(già condannata da Pomtow, Beitràge, p. 26 segg.) che ripo-
stigli fossero i vuoti sotterranei tra i pilastri di fondazione del
pronao e dell'opistodomo. Forse quelle disparvero nelle rico-
struzioni del tempio.

pio splendido di Apollo Pythios, e che ci fu già indi-
cato, oltreché dallo studio sul tipo artistico del dio ('),
da scoperte recenti sul luogo stesso, che ci provano le
relazioni di questo con Creta e con la sua civiltà
antichissima (2). Così il culto di Apollo venne a Delfo
da Creta con tutte le sue speciali istituzioni, con l'o-
racolo, i riti, gli agoni musicali, la caratteristica
figura del dio, ed anche con i particolari metodi della
costruzione, e non sarebbe nulla di strano (sebbene a
noi manchi il modo di affermarlo) che anche la forma
stessa di quel primo tempio concordasse coi principii
sovra esposti dell'architettura cretese (3).

Pertanto anche il costume dei thesauri, come la
pianta larga della cella, nei templi è una eredità dei
tempi preistorici venuta da Creta e distribuita su
larga scala dalle coste dell'Asia alle rive del Tevere.
Ed è perfettamente nell'ordine naturale delle cose che
codesto passaggio dall'una all'altra civiltà ci sia se-
gnato in Creta stessa da questo esempio antichissimo
del Pythion di Gortyna. Che qui la fossa faccia parte
del santuario primitivo non può esservi dubbio; in-
fatti il suo margine sta a 15 cm. sotto il pavimento
romano e precisamente al livello del pavimento più
antico, e d'altra parte la posizione qui sopra accen-
nata della base della colonna romana prova che essa
preesisteva a questa. Ciò che apparisce strano ed oscuro
si è il suo orientamento, che devia da quello del tempio,
ma che però è in accordo con quello della prothysis (v.
tìg. 3), mentre di nuovo l'altare presenta ancora un di-
verso orientamento, che discorda pur esso da quello
della facciata, ma che d'altra parte si accorda con quello
dello Heroon, del quale parleremo fra poco. Sicché
possiamo stabilire per questo riguardo la seguente
proporzione: la prothysis sta alla fossa interna come
l'altare sta allo Heroon, mentre invece il tempio sta

(') Vedi il mio articolo in Ausonia, II, 1907, p. 16 segg.

(2) Gli scavi di Delfo hanno provato che quella località
fu abitata già nel secondo millennio a. C. Non solo ciò risulta
da tombe micenee ivi scoperte, ma anche da documenti del-
l'epoca minoia, quali un frammento di rhyton a testa di leone
simile ad uno trovato a Cnossos e un certo numero di piccole
bipenni che ricordano un culto antichissimo di Creta e indicano
la sua continuazione a Delfo fino all'epoca ellenica. Queste si
trovarono sotto il tempio, quello sotto l'adyton. Cfr. Perdrizet,
Fouilles de Delphes, V, p. 2 e seg.; v. qui anche la p. 231.

In ogni caso Vadyton ha la forma del megaron cretese
e rappresenta forse la cella originaria. È notevole poi in tutta
la divisione della pianta la sua somiglianza coi templi C, D, R
di Selinunte e col tempio di Salomone a Gerusalemme.
 
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