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315

NUOVI STUDII E SCOPERTE IN GORTYNA

316

dotarono di una specie di ospizio costruito con le ro-
vine della città (Thuc, III, 68) (')•

18. Frammento di blocco in pietra locale di cui
è conservato il margine destro. Alt m. 0,21, largii. 0,09;
alt. media delle lett. 0,013. Copia.

(') Colgo questa occasiono per accennare in nota alle prin-
cipali obbiezioni che mi sembrano da fare all'articolo citato
del Comparetli, che è ricco del resto d'importanti osservazioni.
È inverisimile che la iscrizione si trovasse sopra l'entrata del
tempio; doveva trovarsi accanto: e posto ciò le sue dimensioni
non ci dicono nulla su quelle del tempio stesso (p. 274). Non
è da credere che la scrittura non adulterata del v. 1 fosse
inedeixvv (p. 267). È notissimo che l'imperfetto può anche voler
dire azione che continua nel presente. Ma lì ognuno l'avrebbe
interpretata nel senso che il iiéya OccPica la dea lo faceva una
volta, ed ora non più. Il lapicida ha scritto e voluto scrivere
nqaSixvvxi computando, bene o male, la sillaba (fix come breve.
La sostituzione di i ad et non è rara nel II sec. in Creta: basti
citare forme come ìoava, e davi^óuevov. D'età più tarda abbon-
dano gli esempì. Citerò solo il v. 1 dell'epigramma edito nel
2Ius. It. Ili, 591: nóviov xvciaivovxog èvot,x[ì^i']iQai àdafi^fioi |
Nlqgi'deg (forse piuttosto Nt]otj(hg) favdovg kvactfxEfai nXoxd-
finvg I tfePxe 7i(ìòg rj'idéov véov rjnlov bcpQct xa/taxa \ [fxeiXQÒg]
H%Meit]s dotjvop àsiaófisvat (noto tra parentesi che questo
supplemento evidente — la scorrezione [ceiXQÒg per fx^tQÒg non
ha bisogno di essere giustificata; avrei proposto del resto {tr}-
rqòg se l'apografo fosse stato di un epigrafista dal colpo d'oc-
chio meno sicuro dello Halbherr — ci libera dalla necessità di
dover intendere col Comparetti per H%Melì] « il carme epico
che narrava la morte di Achille »). In presenza di queste forme
non vedo perchè debba darsi l'ostracismo a dixvvxi di una epi-
grafe relativamente tarda come questa. La lettura nq{o)3sixvvxt
accettata dal Wilamowitz {Lit. Centraìblalt, 1903. p. 1484) e
dal Blass (Dial.-Inschr., Ili, 5 112) non solo corrisponde meglio
alle traccie notate sulla pietra, ma elimina la barbara aferesi
di mSl/.vvxi. Eliminarla con la ipotesi che fosse detto origina-
riamente ìnuddxvv non è restaurare la lezione dell'epigramma,
è rifare il verso a modo nostro, e, come credo d'aver dimostrato,
non bene. Il nQoduxvvvai- è qui perfettamente a suo luogo; vuol
dire che la dea fa predizioni miracolose: cioè, continua a spie-
gare il poeta, dà oracoli per aver figli ; in modo che il nqo-
deixvvvat, anticipa, come nota il Comparetti, il xiy^qiqxi, ma,
a mio modo di vedere, lo anticipa assai opportunamente. Pel
senso di nqodu/.rvvai basta che mi richiami ad Erodoto, VII, 37:
"EXXtjoi noodeixvvet 6 6sòg k/.lenpiv xìuv noXimr. La cosa più
nuova nella mia interpretazione della epigrafe festia è che
mentre per lo innanzi s'interpretava xoìg óaLoig xiyxQrjxt, xcà. et
«dà oracoli ai pii ed a quelli che, ecc. », io ho spiegato "dà
oracoli ai pii, ed essi, ecc.»; ossia ho considerato oi come di-
mostrativo, non come relativo, ed ho scritto perciò ol, non o'i.
E singolare che il Comparetti non si trattenga punto sulla que-
stione e traduca oi come dimostrativo, accentuandolo come rela-
tivo. La ultimo non può ammettersi che il iiéya dapiict sia quello
di mantenere in salute la prole dei pii. Méya dettila deve essere
un miracolo palpabile, e dal momento che qui non si accenna
punto a guarigioni miracolose di malattie, non può trattarsi
che dell' accordar figli a chi non ne ha e li chiede. Non riesco
poi ad intendere la obbiezione che secondo il Comparetti « esclu-
de affatto » la mia interpretazione, che cioè Cibele è dea della
fecondità femminile e quindi avrebbe dovuto dire non xoìg óaioig
xcà ol, ma rcùg óaiaig xcà al; giacché i pii che si recavano a
a consultare l'oracolo di Cibele chiedevano precisamente in qual
modo le loro spose sarebbero divenute madri, e dacché qui
non si tratta d'una guarigione per incubazione, come ad Epi-

'i

'H
ME
/1PON
0A\ZT\W.

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a I A I A E
IAI E

V. 5. ®~]ai<fvt (?). — V. 7. Ol aXX~]oi tf^Qt^ot.
V. 8. r~\ooTvvi.

19. Frammento di blocco in pietra locale, di cui
è conservato il margine sinistro, sebbene alquanto

dauro, ma d'un oracolo, si capisce che possa venir richiesto
dall'uno o dall'altro dei coniugi, e che però si adoperi a tal
riguardo il mascolino. Testimonianze esplicite riguardo ad ora-
coli di Cibele del genere di quelli menzionati, secondo me,
i ella iscrizione non ne abbiamo. Ma ne abbiamo per oracoli
affinissimi : vtiìq xcìqti6)v xcà pooxrjui'a mv yet'éaemg xca aoixrjoiug
(Lio Chrys., I, 61), in modo che chiunque tenga conto delle
molte lacune che presentano le nostre cognizioni sulla religione
greca e delle molte sorprese che ci offrono ogni giorno in pro-
posito le epigrafi, non troverà nessuna difficoltà nella mancanza
di più precise analogie. — Riguardo al dialetto il singolare
miscuglio di forme peculiari del dialetto cretese con altre della
xobviq (era in errore il Blass considerando l'epigramma come
scritto « reinkretisch » : certo non è cretese Ivtìeog, véog) con-
ferma, credo, che la iscrizione non è anteriore al II sec. a. C.
Non si tratta d'affettazione d'arcaismo; ma della inetta miscela
di forme della lingua parlata con altre della lingua convenzio-
nale che s'era introdotta, come altrove, anche nell'isola. Ques'a
miscela si trova anche in altri epigrammi, p. e. in quello delle
Dial.-Inschr. Ili, 5084, con prevalenza però in generale della
xoiyr'j dorica.

Poche parole sulle due altre epigrafi cretesi illustrate dal
Comparetti nelle Wiener Sludien, XXV (1903), p. 2 segg. Nel-
l'epigramma di Axos (Mon. Ant., XI, 272) rettificando con molta
vivacità una mia svista, il Comparetti è incorso in un'altra,
quando ha corretto preoW in §aì.tl>v, a cui assai difficilmente
potrebbe darsi un senso soddisfacente. Va letto col Wilamo-
witz {Lit. Centralblatl, 1903, p. 1484) <!>; ii'èaidotxo 'V&Siùv.
'PMlov è il nome del figlio di Terenzio. — Leila reintegrazione
dell'epigramma di Polyrhenion (.Uont. Ant., XI, 201), in cui
vedo con piacere che il Comparetti si è valso più di una volta
delle proposte del Fraccaroli e mie, non mi sembra accettabile
che il principio del secondo esametro. L'ultimo pentametro e
inteso rettamente dal Wilamowitz, 1. c. : àXX" cìgerà nsQcatav
etnia xiìp' àvtt&f.
 
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