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RICERCHE NEL, LUOGO DELL'ANTICA ADULIS

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Rimane una difficoltà, perchè il raffronto possa
dirsi perfetto: la immensa distanza di tempo. Non
neghiamo che la difficoltà è grave, e non sappiamo, se
valga ad attenuarla il fatto, che sulle coste del Mar
Eosso si possono cogliere sino in età recente singo-
lari persistenze di culti e di usi antichissimi. Gli at-
tuali abitanti di Zula, sebben tutti musulmani, offrono
sacrifìci cruenti sulle tombe dei loro antenati più il-
lustri, e conservano nella loro onomastica i nomi greci
di Sofia e di Ghirghis = recÓQywg affatto inusitati in
altri paesi maomettani. I vicini Abissini non si sono
allontanati d'una linea nella loro arte sacra dalle
forme apprese più di dieci secoli fa. Certo sino in età
tarda erano in quelle regioni adorate delle divinità
astrali. Un' iscrizione gheez di Axum, attribuita al
IV secolo di Cristo, ci insegna, che in quel tempo
si prestava culto a Astar ('). Ora Astar è una divinità
siderale cui paredro è Astarte (2). Ma vi è di più,
all' epoca della predicazione musulmana, buona parte
degli abitanti della penisola araba adoravano il Sole
e con forme di culto estremamente antiche (3). Nè
v'è ragione di credere, che la costa occidentale del
Mar Rosso potesse molto differire dalla orientale. Ora
se dell'origine caldea del culto al Sole non si può dubi-
tare, visto che i nomi stessi di Samas e Astar ci ri-
chiamano ai paesi dell'Eufrate e del Tigri, non è im-
probabile, che gli edifici a tal culto destinati fossero
pure imitati da quelli dei paesi d'origine, e che nei
paesi meno aperti a correnti nuove di civiltà persi-
stessero identici o con leggere varianti sino in età
tardissima (4). Vedremo a p. 563, come pure si siano

(') Dillmann, in Zeitschr. der deutsch Morgenl. Gesellscko ft,
VII, p. 355; Miiller, Epigraph. Denkmàler aus Abessinien,
Wien 1894, p. 39.

(2) Il Dillmann, in Abhadl. der Berlin. Akademie, 1878,
p. 216, non crede, che si tratti di una divinità da accostarsi
alla sabco-caldaica Astar per la ragione poco solida, clic l'iscri-
zione di Adulis ricorda parecchi dèi, ma nessuna dea.

(3) Deramey, in Revue de VHist. des Religions 1891,
voi. XXIV, p. 358, Wellhausen, Reste arabischen Heidentums,
p. 60. Non ho potuto vedere a questo proposito il libro di
Sara Curtiss. Ursemitische Religion im Volksleben des'Jieutigen
Orients.

(4) In caso di più ampie esplorazioni e di studi più pro-
fondi sarà opportuno tenere presente anche la testimonianza
di Filostorgio, che sulle coste del Mar Eosso presso gli Axu-
miti abitavano dei Siri colà condotti coloni da Alessandro Magno
(ffist. Eccl. Ili, 6, e da lui Niceph. Cali. IX, 18). Allo stato
presente delle nostre ricerche, non sapremmo dire, se la notizia
meriti d'essere presa in considerazione.

conservate quaggiù fino in età cristiana alcune figu-
rine che in altri paesi risalgono per lo più ad età
preistoriche.

Anche il simbolo religioso del disco e della mezza
luna che appare sulle monete axumite pagane ci
richiama non solo ai paesi dell'Arabia meridionale come
avverte il Krencker (*), ma a tutti quei paesi dove
son giunte in un modo o nell'altro le idee religiose
svoltesi nella valle dell'Eufrate e del Tigri (2).

Quando la religione della divinità solare cui la
grande ara era probabilmente dedicata, fu abbando-
nata per il culto cristiano, abbattuti e spezzati i
simboli religiosi portati dall'ara, anche il superbo suo
isolamento non fu più rispettato. Case private si adat-
tarono addosso alle sue mura, mascherando delle co-
lonne, come avvenne dinanzi al lato orientale, o de-
turpando in altro modo l'edificio.

Strana cosa dovevano essere certo queste abitazioni
che crescevano in modo affatto inorganico a guisa di
piante parassite, persino insinuandosi tra le parti dell'e-
dificio, qual'ò il caso delle due camere, lett. M, N della
pianta. Ma spettacoli di simili raffazzonamenti si sono
sempre avuti nei periodi di decadenza delle città (3).

Le nuove casette (segnate nella pianta a tratti
pieni) erano ad un livello di poco superiore a quello
del piede dell'ara, ed appartennero certo a genti cri-
stiane, come si potè con certezza dedurre dalla sup-
pellettile rinvenuta. Quando esse furono costruite, gli
edifici pagani descritti conservavano ancora in alto
parte delle loro colonne le quali caddero poi, o furono
abbattute, in un momento in cui la città già cristiana
subì, come il procedere della nostra relazione farà
rilevare, una momentanea sospensione della vita. In-
fatti, tamburi di colonne si rinvennero caduti in di-
sordine presso i lati sud, ovest e nord dell'ara ad un
livello non solo superiore al piede di questa, ma anche
al piano delle casette cristiane, come è mostrato dalle

(') In Jahrbuch des Inst. 1907, Anzeiger, p. 43.

(2) In Persia, De Morgan, Delegation en Perse, Mémoires I,
p. 165; in Fenicia e in Siria, Dussaud, in Revue Archéol. 1903,
I, p. 125; in Sardegna, Patroni, in Mon. Lincei, XIV, p. 230.

(3) Cfr. tra i più grotteschi le casucce copte entro il grande
tempio di Kamses III a Medinet Abu o entro il tempio di
Luqsor; un esempio anche più caratteristico di abitazion-
celle insinuatesi dovunque potevano, si ha tuttora a Spalato,
tra le grandi rovine del palazzo di Diocleziano; cfr. Beylié, L'ha-
bitation byzantine (molte e bolle tavole non numerate dopo
la p. 20).
 
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