Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Hinweis: Ihre bisherige Sitzung ist abgelaufen. Sie arbeiten in einer neuen Sitzung weiter.
Metadaten

Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 19.1908

DOI Artikel:
Paribeni, Roberto: Il sarcofago dipinto di Haghia Triada
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.9316#0032

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
51

IL SARCOFAGO DIPINTO DI HAGHIA TRI ADA

52

forma di lutto; ma non si comprenderebbe allora,
perchè la figura del tibicine non abbia anch' essa i
capelli tagliati.

La spiegazione più semplice è forse la più vera;
degli uomini minoici alcuni portavano i capelli lunghi
per lo spalle, altri no. Ed invero già altri monumenti ci
mostrano insieme uomini chiomati, e uomini dai capelli
corti : per esempio nel vaso di steatite dei guerrieri
xccqt]xohóoùv è il capitano, mentre xsiqó/isvoi sono i sol-
dati ('), e così nel bicchiere di steatite pure di Haghia
Triada porta i capelli lunghi l'avaj, ed ha invece i
capelli corti il guerriero ritto innanzi a lui (2). Non
solo pertanto abbiamo chiari documenti di promiscuità
nell'acconciatura del capo, ma si può quasi supporre
che in Creta, o per lo meno nel distretto di Phaestos,
forse per un qualche periodo della lunga storia mi-
noica, i personaggi ragguardevoli come \"àvu% e il
capitano dei due vasi portassero i capelli lunghi, e li
tagliassero invece gli uomini di condizione inferiore.
E questa spiegazione della differenza potrebbe forse
passare anche per il nostro sarcofago, se si conside-
rano l'auleta e i portatori, il primo dei quali compie
certo una funzione molto più elevata dei secondi (3).
Più difficile è spiegare, perchè abbia capelli corti il
citaredo, mentre li ha lunghi l'auleta, specialmente
se ci si affaccia alla mente il ricordo del disdegno
in cui per un certo tempo in Grecia furono tenute le
tibie. Ma quell'impressione prima e quel ricordo son
certo da tenere da parte, ed è invece da rammen-
tare, quanto antica e gloriosa sia la nobiltà dell'au-
letica.

Non è possibile, credo, dar una dimostrazione, che
la famiglia degli strumenti a fiato sia sorta nell'Egeo
prima di quella degli strumenti a corda; ma per ragioni
intrinseche e per ragioni di analogia, dobbiamo sup-
porre, che così sia stato. Infatti gli strumenti a corda
esigono uno sviluppo artistico e tecnico notevole nella
musica, e non sono suggeriti direttamente dalla na-
tura come gli strumenti a fiato, per i quali basta

(') v. Halblierr e Savignoni in Mori. Lincei, XIII; pp. 18
e 77.

(2) Rend. Lincei, XII, p. 324.

(3) Anche nei cortei funebri egizi i portatori sono persone
di bassa condizione, tanto vero, che alle volte sono anche ba-
stonati, cfr. ad es. Virey, Tombeau de Rekhmara in Mèmoires
de la Miss. Frane, au Caire, tav. XXII, in basso a sinistra.

ogni canna di cui si turi con un dito un'estremità.
Ed invero delle popolazioni attualmente viventi in
stato selvaggio parecchie non usano strumenti a corda,
e tutte quelle che li usano, conoscono anche diverse
fogge di strumenti a fiato (').

Sicché quel genere di musica, che chiameremo per
brevità auletica, ha quasi certamente origini più re-
mote che non la citaristica. E a tale maggiore anti-
chità corrisponde una maggiore considerazione nei
riguardi della musica religiosa. Nei giuochi infatti
solenni è ammesso il concorso di musica auletica,
e nelle iscrizioni coragiche è ricordato il solo sona-
tore di avXóg (8) come l'onore di statue è concesso a
valenti auleti vincitori di gare (3). E anche quel fiero
disprezzo dell'auletica occorre vedere, se non sia più
ateniese che non panellenico, più cosa momentanea e
di moda che non durevole, ispirata forse all' umore
mutevole e capriccioso degli Ateniesi da un arbiter
elegantiarum, quant' altri mai smauioso di novità,
iperbolico e paradossale, quale fu Alcibiade (4).

Tenendo conto pertanto di questi fatti, non sem-
brerà del tutto impossibile, che l'auleta del nostro
sarcofago abbia i capelli lunghi per la stessa ragione
che li fa attribuire all'ava? e al capitano dei vasi
di H. Triada, ossia per una maggiore dignità. Lo
strumento sonato non è un semplice avlóg, ma gli
avlol d(óvf.ioi: delle due canne, quella tenuta dalla
mano destra è più lunga, e se ne vede la fine oltre

(') v. Fétis, llist. générale de la musique, I, p. 24, 101,
etc; Wallaschek, Primitive musique, p. 84; Annuaire du Con-
servatone de Musique. Bruxelles, a. 1878, p. 161 seg. ; Kraus,
La musique au Japon; Balfour, Musical instruments from
the Malay peninsula, etc.

(2) Daremberg Saglio, Dictionnaire s.v.choregia; Roberts-
Gardner, Introduction to greek epigraphy, II, p. 434.

(3) Pausan., VI, 14-10; IX, 12-5, e 30-2.

(4) L'idea non è mia, ma accennata già dal Gevaert, Ilis-
toire et théorie, II, p. 303; per l'improvvisa avversione di
Alcibiade all'auletica, che egli aveva coltivato con passione,
cfr. l'aneddoto riferito in Aulo Gellio, XV, 17-11. Il Gevaert (1. c.
p. 304) osserva ancora, che i primitivi cristiani mostrano di
aver avuto una repulsione per la musica auletica e non per la
citaristica, perchè quella era più strettamente legata all'abbor-
rita religione pagana. Gli Etruschi facevano molto più conto
dei tibicini che dei citaredi: Muller-Deecke, Die Etrusker, II,
p. 200. Anche presso i Romani abbiamo un collegio di libi-
cines, che prendono parte alle cerimonie sacre, e la cui pre-
senza è necessaria in Roma, perchè si ricorre a ogni mezzo
per ricondurli in città una volta che si erano ritirati a Tibur
Liv. IX-30, Val-Max, II-5-4; cfr. Lanciani, in Bull. Arch.
Comunale, 1875, p. 44. Non si sa nulla di simile per i liricini.
 
Annotationen