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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 19.1908

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Paribeni, Roberto: Il sarcofago dipinto di Haghia Triada
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https://doi.org/10.11588/diglit.9316#0044

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IL SARCOFAGO DIPINTO DI HAQHIA TRIADA

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le riforme religiose del Faraone, non possono esser
riinasti senza tristi risultati per l'egemonia egiziana.

D'altra parte i trovamenti fatti nel sepolcreto di
H. Triada cui appartiene il nostro sarcofago, sem-
brano in genere alquauto più antichi del sepolcreto
di Zafer Papura, dove è stato rinvenuto uno scarabeo
della fine della XVIII dinastia ('). Tutte queste con-
siderazioni coincidono, mi pare, nel farci ammettere
come data possibile gli anni della XVIII dinastia e
più probabilmente non i primi, ma neanche gli ul-
timi. Ora, la cronologia egiziana comincia appunto ad
avere per tutti gli Egittologi una stabilità o delle
oscillazioni di poco momento con la XVIII dinastia,
per l'inizio della quale è generalmente accettato l'anno
1580 circa av. Cr. (2). Le due tombe di Sen Mut e
di Kekhmara con le rappresentanze di Keftiu, nelle
quali è qualche vaso simile a esemplari nostri (cfr.
p. 33), si pongono rispettivamente agli anni 1530 e
1500 oppure 1480 e 1450 (:ì). Alla seconda metà del
sec. XV circa si attribuisce il regno di Amen-hetep III
e di Thii, il cui cartello apparve in una tomba di
H. Triada vicina a quella del sarcofago (')• A questo
tempo circa corrispondente alla fine del Late Minoan II
e al principio del Late Minoan III della classifica-
zione proposta dall'Evans (5) si potrà ascrivere il ci-
melio che ci occupa.

Il contenuto ideale delle ligure
del sarcofago.

Dobbiamo ora domandarci, che cosa propriamente
le pitture descritte significano, e che ci insegnano sulle
idee religiose ed escatologiche degli uomini minoici.

(') Evans, Prehist. Tombs, p. 89: Essai de classific. des
epoques de la civ. minoenne, p. 11.

(2) Cfr. Meyer E., in Ahhandl. der preuss. Akad. der Wis-
sensch., 1904, p. 60; Burrows, Discoveries in Creta, p. 68.

(3) Burrows, 1. e, p. 95. Cfr. la datazione del regno di
Totlimes HI in Meyer E., 1. e, p. {SO. Ramen-kheper-senb, il
titolare dell'altro ipogeo tebano nelle cui pitture figurano i
Keftiu, è figlio di Rekhmara (Virey in Mèra, de la miss, frane,
au Calte, V, p. 202) e potrebbe darsi, che le pitture delle due
tombe del padre e del figlio si riferiscano allo stesso avvenimento.

(4) Mon. Lincei, XIV, p. 733. Per la cronologia di Amen-
hetep III, v. Budge, History of Egypt, I, p. 135; Meyer, 1. e,
in not. 2, p. 88.

(s) Evans, Essai de class., p. 10. Al late minoan 7/1'Evans
attribuisce gli affreschi del palazzo di Knossos che presentano
con i nostri così stretta somiglianza.

Un semplice sguardo alle rappresentazioni che si
svolgono sui quattro lati del sarcofago, basta a per-
suaderci, che esse rappresentano cerimonie religiose
attinenti al culto dei morti ; ma ci mostra anche
come molto improbabile, che si sia voluto ordinata-
mente o quasi storicamente esporre quanto si prati-
cava in occasione di un seppellimento o di sacrifici
e di altre commemorazioni dei morti. La biga tratta
dai grifoni di uno dei lati brevi non può far serie
con le riproduzioni di scene della vita reale, che or-
nano gli altri lati, e la direzione opposta, che in uno
stesso lato (tav. I) prendono i due cortei di figure,
non permette di ritenere, che si tratti della rappre-
sentazione di un uuico fatto. Così nel lato di tav. II
si vede la figura del bue ucciso, e manca quella del
sacrificante. Si può pensare persino, che il pittore
volle farci sentire egli stesso lo stato episodico e fram-
mentario dell' opera sua. Non saprei trovare infatti
una ragione migliore per spiegare i singolari muta-
menti nel colore del fondo, specialmente se si osserva
che ogni fondo diversamente colorito corrisponde a un
gruppo abbastanza definito e limitato di personaggi
che compiono una certa azione. Così nella tavola I,
il morto e la tomba hanno il loro fondo bianco, i
portatori di offerte il fondo turchino, le Coefore e il
citaredo il fondo bianco; e nella tavola II la sacer-
dotessa ha un fondo bleu, il toro e l'auleta un fondo
bianco, il corteo delle supplicanti un fondo giallo.

Dovremo vedere pertanto nelle pitture del sarco-
fago una serie di episodi, in parte tratti dagli usi
reali, in parte dalle credenze religiose, uniti solo dalla
finalità loro di un'assicurazione al morto della pietà
dei sopravviventi e di un augurio per il suo ignoto
viaggio. Così possiamo osservare, che anche in Egitto,
mentre con cura quasi affannosa si cerca di dare al
morto e testimonianze d'onore e assicurazione di be-
nessere per la vita dell'oltre tomba, e formule per
superare le prove e i pericoli del viaggio dell' al di
là, quando non si sono avute a disposizione le im-
mense gallerie delle tombe tebane dei re, ma solo
una piccola cella o le pareti di un sarcofago, si è
procurato naturalmente di compendiare tutto questo
viatico, salvandone per lo meno le parti che si rite-
nevano più essenziali (').

(') Cfr. per es. il sarcofago di Dagi nel museo del Cairo.
Maspero, Guide, ed. 1902, p. 7.
 
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