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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 19.1908

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Paribeni, Roberto: Il sarcofago dipinto di Haghia Triada
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https://doi.org/10.11588/diglit.9316#0046

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79

IL SARCOFAGO DIPINTO DI HAGHIA TRIADA

80

Invece dal nostro sarcofago mi sembra apparisca
chiaro un concetto più idealistico e più elevato, quello
della preghiera e dell'offerta agli dèi per il morto,
qualche cosa di affatto simile al suffragio cristiano.
Ora nulla si può trovare di maggiormente alieno dallo
spirito del paganesimo classico di Grecia e di Roma,
che un concetto simile. Poco gli dei si curano dei vivi,
nulla dei morti : gli dei dell'Ade sono custodi ferrei
e inesorabili ; inoltre i morti sono essi stessi semidei,
manca qualunque idea di un luogo di pena tempo-
ranea, che le preghiere dei viventi possano alleviare;
nessuna tomba è dedicata o posta sotto la protezione
di una divinità (')■

Per la derivazione di un tale aspetto del culto dei
morti, non v'è che pensare all'Egitto, dove al morto
tutte le divinità dovevano recar soccorso (*), e donde
la stessa religione giudaica, come acutamente propone
il Reinach (3), ha tratto il concetto della preghiera
per i morti, di cui le prime tracce appaiono nel libro
di tarda redazione dei Maccabei, e che passa poi nel
culto cristiano.

Nello svolgersi delle sacre cerimonie riprodotte
nelle nostre pitture osserviamo, che le parti maggiori
sono affidate alle donne, mentre gli uomini entrano
solo nelle parti accessorie, come portatori e musicanti.
E non solo questo avviene tra i mortali, ma anche
l'unico personaggio soprannaturale o divino, che appare
nel nostro sarcofago, quello che sulla biga tratta da
grifoni accompagna nel suo viaggio il morto, appartiene
al sesso femminile (4). Il fatto non è nuovo; potevamo

mente traccia che un altare in mattoni crudi, o un tronco di
albero con un'ascia di rame, di cui solo un caso singolarmente
fortunato potrebbe farci trovare una qualche testimonianza.

(') Si sa bene quale valore debba darsi alle formule: Dis
Manibus o Qeolg Kma^d-ovioig, e a chi esse siano da riferirsi.
Una eccezione costituiscono forse le iscrizioni romane di Gallia
con la formula: sub ascia dedicavit; non sarò io a proporre
la riconnessione di quella formula con la religione, che ben
può dirsi mediterranea, dell'ascia; ma l'ipotesi è stata già avan-
zata, e sembra che essa ipotesi venga a guadagnare una coin-
cidenza di più con le presenti osservazioni nostre.

(*) Cfr. Pierret, Le livre des morts, passim ; Schiaparelli,
Il libro dei funerali già citato passim.

(') La prière pour les morts, in Cultes, mythes et reli-
gions, p. 316.

(*) In Omero pare si possano cogliere ancora traccie di
questi predecessori femminili di Hermes Psychopompos ; cfr.
B. 302: ovg fiij Kfjqe; efìav lavatoio opégovoai. f-207 àXX' fjtoi
xòv Krjqeg eflav (lavatoio (pégovoai si; 'AtSao óòfiovq. Nei poemi
omerici stessi però Hermes ha già il suo ufficio di Psychs-

constatarlo in molti altri monumenti, in cui sono scene
di culto ('), ma in nessuno tanto agevolmente come
in questo può farsi il confronto tra l'importanza delle
funzioni femminili e l'umiltà delle mansioni lasciate
agli uomini. Così nell'Olimpo miceneo, dove l'antro-
pomorfismo delle persone divine è molto più diffuso
che non nella religione minoica, si è dovuta ricono-
scere una preponderanza delle divinità femminili sulle
maschili (*) e analogamente molti monumenti ci rive-
lano la grande libertà delle donne minoiche, la loro
partecipazione alle feste e alle cerimonie pubbliche (3).
Questa posizione sociale della donna contrasta con gli
usi delle popolazioni antiche meglio a noi note. Nel
culto egizio le donne hanno un'azione molto ristretta, se-
condaria e limitata solo ad alcune divinità(4) : nel mondo
della Mesopotamia sembra avvenire altrettanto (5).

E così la civiltà omerica, la greca primitiva (6),
la latina ci mostrano la supremazia del maschio,
e in una forma così assoluta e incontestabile, che le
tracce di un culto alla divinità femminile e di uno
stato matriarcale, che alcuni hanno raccolto (7) e che

pompos m 1-10, cfr. anche l'inno ad Hermes, v. 572; Roscher,
Lexikon s. v. Hermes, p. 2373; Pottier, Les lécythes blancs
attiques, p. 38.

(') Esempi di figure di donne che compiono funzioni reli-
giose: Tsundas-Manatt, Myc. Age, p. 171, fig. 66, p. 294,
tav. XX; Excavations at Phylakopi, p. 193, fig. 162; Halb-
herr, in Mon. Lincei, XIII, p. 42; Savignoni, ibid., XIV,
pp. 578, 590; Evans, in Brit. Sch. Ann., Vili, p. 97, fig. 55;
p. 102, fig. 59; IX, pp. 85, 92; in Journ. of ffell. Stud., 1901,
p. 170; Dawkins, in Brit. Sch. Ann. X, p. 217 (figurine di
terra sulle quali vedi le osservazioni del Mosso: Escursioni
nel Mediterraneo, p. 225), ecc. ; per esempi di uomini, cui sono
affidate parti secondarie, cfr. Evans, in Brit. Sch. Annual, IX,
p. 129.

(*) Tsundas Manatt, Myc. Age, p. 302; Burrows, Disco-
veries in Crete p. 115.

(3) Cfr. gli affreschi miniature di Knossos ora completa-
mente restaurati; Evans, in Brit. Sch. Ann., VI, p. 46; Pernier,
in Ausonia, 1907, col. 116.

(*) Specialmente Neit e Hathor; le cantatrici di Ammone
pare siano state istituite solo con il nuovo impero; cfr. Wil-
kinson e Birch, Manners and Customs, I, p. 169; Erman,
Aegypten, II, pp. 393, 400; per il culto dei morti cfr. Ame-
lineau, Sepulture et funerailles, in Annales du Mus Guimet,
XXIX, p. 432.

(5) Tiele, Hist. comparée des anc. religions semitiquet,
p. 203; Lagrange, Religions semitiques, p. 119; Jaslrow, Re-
ligion Babyloniens und Assyriens, I, p. 99.

(") Documento luminosissimo dell'ordinamento patriarcale
della famiglia ellenica primitiva è la legge di Gortyna; per la
bibliografia v. Busolt, Griechische Alterthùmer, p. 124.

(') Bachofen, Das Mutterrecht; Burrows, Discoveries in
Crete, p. 115.
 
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