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IL SARCOFAGO DIPINTO DI HAGHIA TRIADA

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Non è perciò impossibile, che sul nostro sarcofago
si abbiano tre rappresentazioni del morto: l'ima del
corpo col suo colorito naturale bruno avvolto nelle
fasce innanzi al sepolcro ; l'altra dello sTSmlov o del
doppio dal colore neutro, che viaggia sul carro tratto
dai grifoni; la terza dell'anima figurata nell'uccello
variopinto, che volteggia libero nell'aria, e anzi, vol-
gendosi indietro, tiene opposto viaggio a quello del fu-
nebre convoglio, quasi in atto di tornare al mondo (').

Non può bastare pertanto il fatto delle influenze
egizie che il sarcofago ci presenta, per deciderci a
ritenere, che la credenza degli uomini minoici in
un doppio sia loro venuta esclusivamente dalla dot-
trina del ka egizio. Quelle influenze sono indubbia-
mente molteplici e notevoli, più che in qualunque
altro monumento cretese, a cominciare forse dalla
materia stessa in che il sarcofago è costruito, a diffe-
renza degli altri cretesi di terra, per finire a tutta
l'intonazione generale delle scene dipinte, informate ai
temi più comuni della pittura sepolcrale egizia. Ma
tutte queste influenze presentano un carattere di ordine
più esterno che interno, più di imitazione di usi che
non di assimilazione di pensiero (*). Il cerimoniale
funebre, la pompa del corteo hanno preso un sapore
egizio, ma nessuna divinità egizia ha invaso il campo

(Griechische Denker, I, 200), trova anche in Omero tracce di
tale credenza; cfr. però le osservazioni del Roride, Psyche,!*,
p. 45, n. 1.

(') Cfr. le rappresentazioni egizie del ba uccello-anima, che
torna a rivedere la mummia: Maspero, Hist. ancienne des peu-
ples de VOrient class. I. pp. 198, 199. La credenza, che l'anima
nutra affetto per il corpo che la rivestiva, e che ami di rive-
derlo, è del resto grandemente diffusa, cfr. Tylor, Civilis. pri-
mitive, II, p. 38.

(2) Vedi sull'azione dell'Egitto su Creta: Evans, The pa-
lace of Knossos in its egyptians relations, in Arch. Report
of Egypt Explor. Fund, 1901 ; id. in Brit. Sch. Ann., IX, p. 84
e in Prehist. Tombs of Knossos, p. 10; Milani, in Studi e ma-
teriali, II, p. 32; Von Bissing, in Ath. Mitth., 1898, p, 246;
Hall, Oldest Civilization, p. 143; Flinders Petrie, Illahum,
Kahun and Gurob, p. 9; Teli el Amarna, p. 15; Egypt and
early Europe, p. 74. Le relazioni divennero, come tutti sanno,
sempre maggiori dalla XVIII alla XX dinastia. Ai fatti ricor-
dati dai dotti che ho citati, mi permetto di aggiungerne uno
finora non sufficientemente noto : la presenza in tombe di Tehe
della XXI dinastia di un lichene esclusivo dell'isola di Creta
(evernia furfuracea) importato forse come pianta medicamen-
tosa (Schweinfurth, Decouvertes botaniques dans les tombeaux
de Vancienne Egypte, in Bull, de Vlnst. Égyptien, 1884, p. 86 ;
Gayet-Bonnet, Necropoles d'Antinoe, in Ann. du Mus. Guimet.,
XXX. pp. 128,155. E appena il caso di ricordare, che i licheni
non vivono e non possono vivere in Egitto.

delle asce e dei betili: gli uomini minoici rimane-
vano fedeli ai loro dei, o piuttosto gli Egizi dimostra-
vano ancora una volta, quanto poco amassero di far
propaganda religiosa fuori del loro popolo e del loro
paese.

In ogni modo, anche ammettendo, che la figura
tratta sul carro dai grifoni sia in questo sarcofago un
vero e proprio doppio, importato dall'Egitto, mi guar-
derei bene dall'affermare, che la credenza nel ka fosse
divenuta un dogma compreso e accettato da tutti gli
uomini minoici. La tarda epoca minoica (e a quel
tempo vedemmo, che si deve ascrivere il sarcofago)
segna il vero e proprio esaurirsi di una grande civiltà
completamente evoluta, che ha portato tutti i suoi
frutti e tutte le sue conquiste, e che ha raggiunto
nell'arte, nella cultura, nel lusso, in ogni forma di
attività umana, quanto poteva essere raggiunto ai
suoi tempi. Quella società ci appare amante delle
arti, degli spettacoli, della pace ('); possiede un'arte
non più esclusivamente religiosa, ma che arriva per-
fino a rappresentare delle scene storiche e dei qua-
dretti di genere (2) ; nello sviluppo delle idee filosofiche
ed escatologiche è oltremodo evoluta, e indubbiamente
favorevole all'eclettismo e al sincretismo. Ce lo dicono i
suoi simboli religiosi aniconici che si alternano libera-
mente con idoli di forme svariate, e la copia e la varietà
di geni e di mostri, che appaiono sui sigilli e sulle
cretule, e che in buona parte debbono ricondursi alla
imitazione dei cilindretti caldei. Un segno di questo
eclettismo si può rintracciare forse nello stesso nostro
sarcofago, dove e la barca e il carro con i grifoni
servono entrambi al viaggio del morto. Sicché, se anche

(l) E noto che le tombe minoiche hanno dato ben poche
armi, pochissime, se si confronta il loro numero con quello
degli ornamenti d'oro e delle gemme; cfr. Tsundas Manatt,
Myc. Age, p. 147. Dalla necropoli di Phaestos si ebbero solo
una spada, due coltelli, nove cuspidi di freccie (Savignoni, in
Mon. Lincei, XIV, p. 535); da quella di Knossos, su oltre cento
tombe, solo otto spade, sei coltelli e cinque cuspidi di lancia
(Evans, Prehist. Tombs, p. 105). Anche questo è un segno di
evoluta civiltà; la popolazione che così seppelliva, o pensava,
che dai pericoli dell'estremo viaggio potesse difendersi non
con le armi, ma con la sapienza delle formule e con la effi-
cace virtù dei riti, così come gli Egiziani con i versetti dei
libri dei morti, o riteneva un oggetto d'arte ornamento più
abituale e più degno di una spada, così come i Bomani del-
l'impero preferivano farsi rappresentare con un volume nelle
mani, e non mai con un'arma.

(*) Cfr. sulla poca religiosità dell'arte minoica, le osser-
vazioni del Riegl, in Jahreshefte des ósterr. Jnst., 1906, p. 14.
 
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