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IL RILIEVO GLADIATORIO DI CHIET1
572
fine del sesto secolo di Roma le spese per un munus
gladiatorium raggiungeva la somma di circa trenta
talenti; Q. Fabius Maximus Aemilianus avrebbe do-
vuto rinunziare a dare un tale spettacolo, se non
avesse avuto un forte aiuto pecuniario da suo fra-
tello Scipione Africano. È ben noto a quali sacrifici
si sottopose Cesare per dare nell'anno 689 di Roma, du-
rante la sua edilità, quei famosi ludi, di cui tanta parte
fu lo spettacolo gladiatorio in onore di suo padre ('),
spettacolo di cui tutto l'apparato era d'argento (').
Ora è naturale che Vedilo?- dovesse stare bene in vi-
sta durante gli spettacoli, quando erano adunati tutti
coloro, per sollazzo dei quali egli profondeva le sue
ricchezze.
Del resto anche necessità pratiche richiedevano
ciò: a lui dinanzi dovevan passare i gladiatori per
la probatio armorum, cioè per mostrare che le armi
corrispondevano veramente alle prescrizioni (;!); a lui
spettava procedere alla estrazione a sorte dei gladia-
tori, che dovevano formare ciascuna coppia alni
forse, come all'imperatore, rivolgevano il saluto i gla-
diatori, accingendosi a combattere (s) : a lui infine il
gladiatore ridotto in condizione di inferiorità rispetto
all'avversario, rivolgeva la domanda di missio nelle
forme che già abbiamo visto (°).
Il Mommsen ritiene anzi che l'editor, se pure
ora un privato, durante il tempo delle feste fosse
pari ad un magistrato e che per ciò gli erano con-
cossi i littori, se già non li aveva perchè esercitante
una magistratura (7).
E due littori abbiamo veduto rappresentati nel
nostro rilievo, uno nell'estrema destra dell'ordine su-
periore, l'altro nell'ordine inferiore a sinistra accanto
ai giovanetti.
H Suet, Caes. 10; Plot, Caes. 5.
(2) Flin, ìust. nat., 33, 53.
(3) Ciò., prò Sulla, 19, 55; Suet., Tit. 9; Aur. Vict., Caes.
10; Dio Cass.. 68, 3.
(4) Strab., V, 4, 13, p. 384; Diod., XXXIII, fragra. 21 a,
ed. Dind.; Athen. IV, 39. Cfr. Daremberg et Saglio, op. cit. II n,
p. 1594.
(5) Suet., Claud., 21.
(*) Certo quasi sempre, come abbiamo già veduto, l'editor
nel concedere o negare la raissio si uniformava al volere del
popolo: ma non per questo i gladiatori potevano fare ameno
di rivolgere a lui la domanda.
(7) Mommsen, Staatsrecht, I, 3, p. 391 seg. ; Epkem. Epir/r.,
VII, p. 399 seg.
L'ufficio di costoro era negli spettacoli gladiatori!
quello stesso che nelle rappresentazioni teatrali, cioè
di mantenere l'ordine. Come i littori dei magistrati
di Roma hanno la toga; solo i fasci dei littori mu-
nicipali erano più piccoli e non sormontati dalla
scure (').
Ai due lati àéìYeditor sono quattro personagggi
- 2, 3 e 4, 5 - due per parte: essi hanno, come è evi-
dente, un posto di distinzione, siedono, a quanto pare,
su biselli a spalliera.
È forse arbitrario riconoscere in essi i supremi ma-
gistrati del Municipio, i quattuorviri iure dicundo,
e quindi negli uomini tunicati - G e 7 -, che stanno
loro accanto in atteggiamento rispettoso, degli appa-
ritores ?
Accanto al littore a destra vedesi un uomo prov-
visto di lungo bastone. Egli è il lanista; nelle rap-
presentanze gladiatorie esso infatti sempre regge con
le mani il bastone, che doveva forse servirgli a di-
rigere lo spettacolo.
Tra i personaggi dell'ordine superiore, abbiamo
già detto richiamare la nostra attenzione quelli - 12,
13 -, che a destra paiono intenti a togliere da un cofa-
netto un oggetto a noi non riconoscibile. Per spiegarci il
loro atteggiamento, occorre ricordare una costumanza
romana.
Coloro che presiedevano gli spettacoli del circo,
del teatro e dell'anfiteatro solevano, per allietare an-
cora più il popolo, fare distribuzione di cibarie e
doni di ogni genere. Questi doni, il cui nome era
missilia, consistevano in vesti, oggetti preziosi, qua-
dri ecc. (2), e questa costumanza non era limitata a
Roma, e doveva essere tutt'altro che straordinaria.
Non di rado la vediamo ricordata in iscrizioni ; anzi
in una epigrafe di Villa Magna (C. I. L. Vili, 895),
un tale ha voluto far sapere che aveva donato
(') C. I. L., II, 5139 (LXXII); XII, 4428; Codex Theod.,
12, 1, 74; Cic, De lege agrar. 2, 34, 93; Ad Alt. 11, 16,2.
(a) Suet., Ner., 11: sparsa et populo missilia omnium
rerum per omnes dies (degli spettacoli dati prò aeternitate
imperii): singula cotidie milia avium cuiusque generis, mul-
tiplex penus, tesserae frumentariae, vestis, aurura, argentimi,
gemraae, margaritae tabulae pictae, mancipio, iumenta, atque
etiam mansuetae ferae, novissime naves, insulae, agri. Cfr.
Dio., 61, 18; Marquardt, Le culle chez les Romains, II,
p. 264; Friedlander, Sittengeschichte, II6, p. 316; Daremberg
et Saglio, Dictionnaire des Antiquitcs, vedi l'art. Missilia.
IL RILIEVO GLADIATORIO DI CHIET1
572
fine del sesto secolo di Roma le spese per un munus
gladiatorium raggiungeva la somma di circa trenta
talenti; Q. Fabius Maximus Aemilianus avrebbe do-
vuto rinunziare a dare un tale spettacolo, se non
avesse avuto un forte aiuto pecuniario da suo fra-
tello Scipione Africano. È ben noto a quali sacrifici
si sottopose Cesare per dare nell'anno 689 di Roma, du-
rante la sua edilità, quei famosi ludi, di cui tanta parte
fu lo spettacolo gladiatorio in onore di suo padre ('),
spettacolo di cui tutto l'apparato era d'argento (').
Ora è naturale che Vedilo?- dovesse stare bene in vi-
sta durante gli spettacoli, quando erano adunati tutti
coloro, per sollazzo dei quali egli profondeva le sue
ricchezze.
Del resto anche necessità pratiche richiedevano
ciò: a lui dinanzi dovevan passare i gladiatori per
la probatio armorum, cioè per mostrare che le armi
corrispondevano veramente alle prescrizioni (;!); a lui
spettava procedere alla estrazione a sorte dei gladia-
tori, che dovevano formare ciascuna coppia alni
forse, come all'imperatore, rivolgevano il saluto i gla-
diatori, accingendosi a combattere (s) : a lui infine il
gladiatore ridotto in condizione di inferiorità rispetto
all'avversario, rivolgeva la domanda di missio nelle
forme che già abbiamo visto (°).
Il Mommsen ritiene anzi che l'editor, se pure
ora un privato, durante il tempo delle feste fosse
pari ad un magistrato e che per ciò gli erano con-
cossi i littori, se già non li aveva perchè esercitante
una magistratura (7).
E due littori abbiamo veduto rappresentati nel
nostro rilievo, uno nell'estrema destra dell'ordine su-
periore, l'altro nell'ordine inferiore a sinistra accanto
ai giovanetti.
H Suet, Caes. 10; Plot, Caes. 5.
(2) Flin, ìust. nat., 33, 53.
(3) Ciò., prò Sulla, 19, 55; Suet., Tit. 9; Aur. Vict., Caes.
10; Dio Cass.. 68, 3.
(4) Strab., V, 4, 13, p. 384; Diod., XXXIII, fragra. 21 a,
ed. Dind.; Athen. IV, 39. Cfr. Daremberg et Saglio, op. cit. II n,
p. 1594.
(5) Suet., Claud., 21.
(*) Certo quasi sempre, come abbiamo già veduto, l'editor
nel concedere o negare la raissio si uniformava al volere del
popolo: ma non per questo i gladiatori potevano fare ameno
di rivolgere a lui la domanda.
(7) Mommsen, Staatsrecht, I, 3, p. 391 seg. ; Epkem. Epir/r.,
VII, p. 399 seg.
L'ufficio di costoro era negli spettacoli gladiatori!
quello stesso che nelle rappresentazioni teatrali, cioè
di mantenere l'ordine. Come i littori dei magistrati
di Roma hanno la toga; solo i fasci dei littori mu-
nicipali erano più piccoli e non sormontati dalla
scure (').
Ai due lati àéìYeditor sono quattro personagggi
- 2, 3 e 4, 5 - due per parte: essi hanno, come è evi-
dente, un posto di distinzione, siedono, a quanto pare,
su biselli a spalliera.
È forse arbitrario riconoscere in essi i supremi ma-
gistrati del Municipio, i quattuorviri iure dicundo,
e quindi negli uomini tunicati - G e 7 -, che stanno
loro accanto in atteggiamento rispettoso, degli appa-
ritores ?
Accanto al littore a destra vedesi un uomo prov-
visto di lungo bastone. Egli è il lanista; nelle rap-
presentanze gladiatorie esso infatti sempre regge con
le mani il bastone, che doveva forse servirgli a di-
rigere lo spettacolo.
Tra i personaggi dell'ordine superiore, abbiamo
già detto richiamare la nostra attenzione quelli - 12,
13 -, che a destra paiono intenti a togliere da un cofa-
netto un oggetto a noi non riconoscibile. Per spiegarci il
loro atteggiamento, occorre ricordare una costumanza
romana.
Coloro che presiedevano gli spettacoli del circo,
del teatro e dell'anfiteatro solevano, per allietare an-
cora più il popolo, fare distribuzione di cibarie e
doni di ogni genere. Questi doni, il cui nome era
missilia, consistevano in vesti, oggetti preziosi, qua-
dri ecc. (2), e questa costumanza non era limitata a
Roma, e doveva essere tutt'altro che straordinaria.
Non di rado la vediamo ricordata in iscrizioni ; anzi
in una epigrafe di Villa Magna (C. I. L. Vili, 895),
un tale ha voluto far sapere che aveva donato
(') C. I. L., II, 5139 (LXXII); XII, 4428; Codex Theod.,
12, 1, 74; Cic, De lege agrar. 2, 34, 93; Ad Alt. 11, 16,2.
(a) Suet., Ner., 11: sparsa et populo missilia omnium
rerum per omnes dies (degli spettacoli dati prò aeternitate
imperii): singula cotidie milia avium cuiusque generis, mul-
tiplex penus, tesserae frumentariae, vestis, aurura, argentimi,
gemraae, margaritae tabulae pictae, mancipio, iumenta, atque
etiam mansuetae ferae, novissime naves, insulae, agri. Cfr.
Dio., 61, 18; Marquardt, Le culle chez les Romains, II,
p. 264; Friedlander, Sittengeschichte, II6, p. 316; Daremberg
et Saglio, Dictionnaire des Antiquitcs, vedi l'art. Missilia.