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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 19.1908

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Ghislanzoni, Ettore: Il rilievo gladiatorio di Chieti
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https://doi.org/10.11588/diglit.9316#0337

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603

II, RILIEVO GLADIATORIO DI CHIETI

604

rilievo mancò la capacità di dare ai due gruppi dei
cornicini e dei tibicini quella obliquità che valesse a
dare all'occhio dello spettatore la percezione esatta
della scena; ma egli sentì il problema e tentò una
risoluzione di esso in modo singolare. Kitrasse cioè
quei due gruppi da tergo, ma in maniera che i banchi
o gradini su cui siedono ed anche le figure che vi
si assidono aggettassero dal fondo gradatamente, così
che la maggior sporgenza dal fondo avesse il tibicine

- 30 - e il cornicine - 34 -, i quali sono più vicini a
chi guarda il rilievo e quindi più lontani dal piano
verticale rappresentato dal fondo del rilievo ; e al con-
trario la minore sporgenza il cornicine - 37 - e il ti-
bicine -33- che siedono più presso a quello stesso
piano verticale. Ha quindi egli seguito un procedi-
mento diverso e per certi aspetti contrario a quello
che avrebbe dovuto seguire. Infatti egli doveva, dando
la necessaria obliquità alle ligure, ritrarre pure con
maggior rilievo, ma all'estremità del frontone, il tibi-
cine - 30 - e il cornicine - 34 -, che ora invece occu-
pano nel rilievo un posto più vicino al centro del fron-
tone stesso, e, viceversa, con minore rilievo più presso
al centro del frontone il cornicine - 37 - ed il tibicine

- 33 -, che ora occupano l'estremità di esso. L'artista
insomma ha ritratto questi suonatori non come si
sarebbero presentati a chi avesse guardato la scena
vera nel foro di Teate, mettendosi di fronte all'editor
muneris, il centro della scena (e così doveva egli ri-
trarlo), ma come si sarebbero presentati a chi avesse
guardato i gruppi di questi suonatori portandosi, per
ciascun gruppo di essi, in un punto che era fra il
tergo e il fianco di ciascuno dei gruppi stessi. Quindi
tutta la scena che è ritratta nel frontone si presenta
come veduta non da un punto solo, ma da punti di-
persi ; e cioè i suonatori nel modo che ora si è detto, e
il resto della scena, cioè il complesso di tutti gli
spettatori, come veduti di fronte.

In ogni modo un certo effetto lo scultore lo ha
conseguito, specialmente nel gruppo dei tibicini, che
per la forma dei loro strumenti hanno potuto essere
ritratti in gruppo più serrato. Di più egli è riuscito

a farci intendere almeno questo, che quei gruppi non
erano disposti di fronte come gli altri spettatori. Egli
ha anche ottenuto — non so se a caso o intenzional-
mente — un notevole effetto, quello stesso che è stato
riconosciuto doversi alle quadriglie laterali nel fregio
del tesoro dei Sifni, cioè di stringere « in una specie
di cornice » (') la scena e di darle così maggiore
unità, rendendo più intensa l'attenzione di chi guarda
il rilievo.

Un difetto simile a quello riconosciuto per il
gruppo dei tibicini e per quello dei cornicini riscon-
triamo in due altre figure, nel littore di destra - 10 -
e nello spettatore - 12 - che esamina attentamente l'og-
getto che toglie da un cofanetto (vedi sopra pag. 572).
Queste due figure evidentemente lo scultore voleva
rappresantare di fianco; ma anche ad esse non ha
dato la necessaria obliquità: ha spostato anche qui,
per ciascuna di esse, verso il loro tergo il punto di
vista, ed ha ritratto il dorso quasi di due terzi

Del resto le figure si presentano prevalentemente
di fronte: e quindi qui, come nel maggior numero
dei rilievi, lo scorcio è tentato (:!) per quelle figure
che hanno maggiore corporeità.

L'artista si è preoccupato sopratutto di non riuscire
monotono, e per questo alterna gli atteggiamenti degli
spettatori, così da dare con esito una certa vita a quel
gruppo numeroso di persone ammassate in così breve
spazio. Egli ha mirato all'effetto d'insieme. Le figure
non sono finite, tutt'altro. La fotografia perchè rimpic-
colisce di tanto il rilievo non può dare un'idea della
trascuratezza del lavoro. Alcune teste sono scolpite con
pochi colpi di scalpello, facilmente riconoscibili, in
calcare che è abbastanza tenero e granuloso, special-
mente quando è fresco di cava: lo stesso si deve dire
del nudo e del panneggio. E questa eccessiva e voluta
imperfezione è bene in contrasto colla cura usata
dall'artista nello scolpire i gladiatori, tanto nel pan-
neggio dei corti subligacula e delle tuniche, quanto
nel nudo e nelle armi; ma non ci può sorprendere,
giacché la vediamo in monumenti di ben maggiore
importanza. Perfino la testa, che ora riconoscersi di

fago di Dareimis e Aischylos (Benndorf-Niemann, op. cit. tav. I
(nel testo), e in altri molti. Sulla rappresentazione di scorcio
della quadriga, vedi Della Seta, La Genesi dello scorcio in
Memorie dell'Accademia dei Lincei, 1907, pp. 100-102; vedi
pure ivi (p. 101, n. 4) le indicazioni bigliografiche.

(*) Della Seta, op. cit., p. 102.

(a) Anche in ligure di gladiatori possiamo riconoscere
questa tendenza. Si osservino i gladiatori 1, 5, e specialmente 15.
(3) Della Seta, op. cit. p. 97.
 
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