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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Taramelli, Antonio: Il Nuraghe Lugherras: presso Paulilatino
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165

IL NURAGHE LUGHERRAS PRESSO PADLILATINO

166

Lo scopo principale della nostra indagine non era
soltanto l'esplorazione della massa del materiale vo-
tivo che era accumulato nella cella del nuraghe; ma
ne sorrideva la speranza che al di sotto dello strato for-
matosi gradatamente in età storica rimanesse lo strato
più antico, protetto per mezzo della massa di offerte
dalle ricerche vandaliche che sono il nemico princi-
pale di ogni ricerca sistematica. Le speranze furono
in gran parte mantenute e furono largamente com-
pensate le fatiche ed i pericoli che costò questo scavo,
massime per la ricerca dell'ingresso, dovendosi aprire
la trincea in mezzo ad una massa enorme di grossi
blocchi lavici in equilibrio instabile, mal trattenuti
da una fanghiglia viscida e traditrice, senza i mezzi
tecnici occorrenti, non facili a procurarsi in mezzo
ad una boscaglia a non breve distanza dal paese.

Lo studio e l'applicazione dei mezzi che resero
possibili gli scavi, furono speciale merito del signor
F. Nissardi, a cui va data lode non meno che per la
diligenza con cui provvide ad attendere allo scavo ed
a desumere i dati per i rilievi che accompagnano il
presente lavoro.

Si comprese tosto che per rintracciare l'ingresso
alla cella principale del nuraghe, come è chiaro dalla
pianta, era necessario scendere sino al fondo del re-
cinto B che stava dinnanzi alla porta stessa, come nel
nuraghe Palmavera ed in vari altri nuraghi studiati ('),
mettendo così a nudo nel lato della fronte il torrione
conico dell'edificio, togliendo da questo lato il cumulo
del materiale franato (fìgg. 6, 7).

L'esplorazione della fronte di questo cumulo di
rovine, che presentavasi come una vera e propria col-
lina, provò anzitutto che in origine il nuraghe doveva
aver avuto almeno due piani; il franare del piano su-
periore aveva appunto formata la parte maggiore di
questa congerie di rovine. Il fatto poi, che alla super-
ficie di questo cumulo di detriti furono rinvenuti og-
getti e monete di età romana proverebbe che esso
era già formato sino da quell'età ed il monumento
preistorico doveva già sin d'allora presentarsi come
un piccolo colle dal quale emergeva solo la porzione
terminale residua dell'edificio megalitico.

(') Il Nuraghe Palmavera presso Alghero. Monumenti
antichi, anno XIX, pag. 233 tav. II, A-B, Tav. Ili, 1.

Nel lavoro di scavo si ebbero in grande quantità
lancie ed altre armi in ferro quasi alla superficie e
continuando anche un poco sotto alla congerie dei
massi, dove si trovarono per lo più contorte e sfor-
mate dal peso dei materiali in mezzo a cui erano pe-
netrate e che non avendo un equilibrio stabile si
erano venuti assestando per le filtrazioni secolari delle
acque e por varie cause, cosicché molte di queste armi
in ferro erano rimaste maciullate e contorte.

Fra queste armi pochi erano i pugnali e le lame
di coltelli di forma triangolare allungata; prevalevano
invece le cuspidi di lancia, alcune a cannone con lunga
ghiera e con cuspide corta e robusta, altre invece con
cuspide e cannone entrambi sviluppati e dalla forma
svelta ed elegante, veri ferri da lancia; altre invece
munite di asta piena e sottile, a lama breve e ta-
gliente, erano piuttosto giavellotti o ferri dapilum, che
dovevano innestarsi nel cavo dell'asta e servire da
lancia. Alcuni di questi giavelotti hanno la lama breve
e tagliente, altri finemente disegnata a foglia di sa-
lice acuminatissima e tagliente. In generale queste
belle armi di ferro, discretamente conservate per la
azione della belletta argillosa dello strato, sono di
tipo e di carattere di strumenti d'uso per guerra e
per caccia ed hanno il loro confronto nelle armi con-
suete delle milizie romane rappresentate nei monu-
menti imperiali ed onorari (').

liappresentano queste armi la testimonianza di un
combattimento avvenuto intorno a questa rovina, in
età romana, in occasione forse di lotte religiose che
posero un termine violento alle cerimonie sacre che
si svolgevano su questo luogo, oppure debbono rite-
nersi come armi di voto e spiegarsi col medesimo or-
dine d'idee di tutto il rimanente del deposito votivo
rivelato da questo santuario? Io sarei più propenso a
quest'ultimo avviso, anzitutto perchè l'uso di offrire
armi alla divinità appare anche per la Sardegna di
origine remota, come risulta dalle grandi quantità di
armi votive, specialmente spade, rinvenute nel ripo-
stiglio di Abini, formatosi a spese di un santuario
preistorico saccheggiato iu età forse romana.

(') Prevalgono a Lugherras le punte acuminate e sottili
con lunga asta, la quale assai probabilmente doveva innestarsi
nell'interno di un'asta o di una solida verga. Più rare le punte
a cannone.
 
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