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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Taramelli, Antonio: Il Nuraghe Lugherras: presso Paulilatino
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https://doi.org/10.11588/diglit.9319#0119

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IL NURAGHE LUGHERRAS PRESSO PAULILATINO

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per la maggior parto di rozzo impasto, ma dalla su-
perfìcie lisciata a spatola ; fra gli altri abbondavano
i fondi di vasi piatti, alcuni dei quali decorati, nella
faccia interna, con ornati ad impressione ottenuti me-
diante un piccolo fascio di stecchi, che sulla super-
ficie del vaso ancora fresco disegnò delle zone di linee
ondulate o delle rozze losanghe o dei cerchielli
(fig. 26). Con traccia di decorazione si ebbero anche
frammenti di vasi di notevoli dimensioni, a forma di
catino, dal fondo piatto e dalle pareti svasate; le
decorazioni erano per lo più sulla faccia interna e
formate da zone di punti impressi, quali si ebbero in
altri nuraghi, come a Losa, di Abbasanta, a Interro-
jas, presso Abini.

Non mancarono però disegni alquanto più com-
plessi, quali duplici zone a zig-zag, con cerchielli di
puntini allineati nello spazio intermedio, talora della
stessa grandezza, talora invece alternatamente grandi
e piccoli, tutti però riempiti di punti impressi. Un
frammento di catino portava i cerchielli fra le due
fascie dentate, congiunti con quelle per mezzo di linee.
Questa semplice e rozza decorazione ha qualche pa-
rentela con quella di talune stoviglie della necropoli
eneolitica di Anghelu Ruju; però è più grossolana e
più consona a ceramica destinata all'uso e che ha
perciò pareti assai spesse, con ingubbiatura accura-
tissima ed una cottura intensa.

Una vera congerie di cocci fu data anche dal cor-
ridoio ff conducente alla cella aggiunta del fasciamento
B in gran parte appartenenti a vasi di uso, per lo
più di grandi dimensioni ; prevalevano le forme di
grossi tegami dal fondo piatto e dalle pareti basse e
leggermente svasate, forma questa data anche dalle
tombe di Anghelu Ruju e adatta a fare delle focac-
cie; per lo più era stoviglia rozza, senza decorazioni,
fornita di brevi anse a lingua. Anche qui abbonda-
vano i tegami a pareti espanse e basse, quasi catini
muniti di anse a ponte schiacciato o a tacco, che si
ebbero anche a Palmavera ; ciotoloni carenati prov-
visti di anse robuste, come si ebbero a Bunannaro ('),
e ciotoline più piccole, dalla carena ben accennata,
che dimostrano, come le ciotole di Palmavera, una
figliazione diretta dalle belle ciotoline eneolitiche fre-

(') Pinza, op. cit., p. 84, tav. IV, figg. 21, 23, il.
Monumenti Antichi — Voi.. XX.

queliti in Anghelu Ruju ('). In genere le ciotole ave-
vano superficie molto lisciata, la cottura assai intensa ;
senza arrivare alla bella ingubbiatura di color roseo
e nero delle stoviglie di nuraghe Palmavera (2), si
ebbe però una ceramica in prevalenza bruna, assai
resistente ed abbastanza impermeabile. A grossi vasi,
forse idrie per liquidi, appartenevano i frammenti di
grosse pareti, muniti di risalti a bozza schiacciata,
come nei grandi vasi della necropoli di Anghelu
Ruju (3), accanto ai quali ricordiamo piccole brocchette
ciotoline, con piccole anse a ponte, talune anche con
bugne forate per sospenderle; erano vasetti dell'uso
giornaliero, non decorati, ma destinati ad uso pra-
tico e perciò levigati e resi al possibile impermea-
bili. La quantità di cocci trovati nel terriccio di
questo corridoio e della cella mostrano quanto a
lungo fosse durata la vita e quale consumo di cera-
mica avvenisse; però i frammenti di vasi più grandi
recavano molte volte i fori per la saldatura ancora
riempiti del piombo, come nei frammenti di grossi
ziri di Palmavera e di Losa, il che mostra che si
curava la conservazione di grandi recipienti meno
facili a fabbricarsi ed a cuocersi intatti.

Nella cella frontale C non mancavano i frammenti
ceramici; ma di maggiore interesse furono le traccie
dell'esistenza del fornello per la fusione del bronzo.

Nell'andito che dava al corridoio g g d'ingresso
al recinto si ebbero tra le masse di cenere prodotte
da violente combustioni, i resti di scorie ed alcuni
pezzi di pannello di metallo rotonde, a segmento sfe-
rico schiacciato, composti di rame e di ferro e pro-
venienti dalla fusione di minerali misti. Queste note-
voli e non dubbie traccie di lavoro di fusione furono
raccolti insieme ai residui di ceramica e non v' ha
dubbio che siano le prove dell' industria fusoria eser-
citata nel centro nuragico.

Anche qui, come a Palmavera, dietro il riparo dei
recinto si prepararono gli utensili e le armi e le scorie
che si trovarono numerose attestano forse un ultimo
sforzo per prepararsi i mezzi di difesa contro l'as-
salto.

(') Notizie degli scavi, 1904, p. 49 fig. 313.
(a) Monumenti antichi delVAccad. dei Lincei, voi. XIX,
p. 282, fig. VI, 3, 5, 9.

(°) Mon. Acc. dei Lincei, XXX, 397.

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