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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Ducati, Pericle: Le pietre funerarie felsinee
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https://doi.org/10.11588/diglit.9319#0258

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LE PIETRE FUNERARIE FELSINEE

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funerarie felsinee più antiche, alcune che palesano una
derivazione dal tipo delle stele villanoviane. In certo
qual modo, i sopraggiunti Etruschi avranno dovuto
indulgere alle forme di vita dei più numerosi Italici
rappresentanti la civiltà tipo-Vili anova.

Sparisce il rettangolo, o meglio si fonde nella base
della stele da infìggere nel terreno ; rimane la ellissi
soprastante, la quale, circondata da semplice e stretta
orlatura, come l'orlatura delle stele villanoviane, esi-
bisce la rappresentazione figurata. Queste pietre sono
di mediocri proporzioni, analoghe in questo alle pic-
cole stele villanoviane; ma poi, per la importanza del
contenuto figurativo, le dimensioni aumentano e così
s'inizia quell' ingrandimento che conduce a stele co-
lossali e riccamente istoriate.

Abbiamo questo tipo arcaico di stele negli esem-
plari nn. 181, 132, 133 (De Luca), nn. 162 e 175
(Certosa), ed in origine nel frammento n. 55 (Arnoaldi).
Si aggiunga la stele della Certosa n. 188 in cui la
orlatura è costituita da serie di spirali ad onda. E
veramente questa nuova stele della Certosa potrebbe
anche risalire al tipo esibitoci dall' esemplare di
Londa('), che è di forma curva in basso ed in cui il
campo figurato è circondato da una cornice (qui ad
ovuli) anche inferiormente.

Ma, in seguito, l'elemento locale, retaggio della sa-
goma antica villanoviana, e l'elemento importato, risa-
lente alla sagoma delle stele dell'Etruria propria, si
fondono insieme e danno origine ad un unico tipo di
stele felsinea.

Tra le prime di queste stele, non rotonde, non a
linee lateralmente verticali, ma a contorno ovoidale-
allungato, si annovera la stele De Luca n. 130 (t. Ili
e fig. 42), di impronta arcaica. Questo esemplare ci
ammonisce che la fusione delle due sagome è avve-
nuta abbastanza presto.

Permangono tuttavia stele che hanno la forma
tondeggiante, equivalente a quella ingrandita del disco
della stele villanoviana: così il n. 138 (De Luca), e
quelli più recenti n. 77 e n. 91 (Arnoaldi), n. 158,
n. 191, n. 197 (Certosa).

Formatosi il tipo peculiare della stele felsinea (2),
quale or ora ho accennato, si ha il rigoglioso espan-

(') Martha, fig. 256; Milani, Musco topografico, p. 125.
('') Opinione più generale era che la forma delle stele fel-
sinee corrispondesse alla sezione del cippo funerario. Si veda

Monumenti Antichi — Vol. XX.

dersi di molti esemplari, Yàx/xrj, che, come meglio
apparirà in seguito, coincide con gli ultimi anni del
sec. V e coi primi del successivo.

La sagoma della stele non rimane sempre uniforme ;
si scorgono qua e là alcune variazioni dovute o alla
pietra da scalpellare, o al contenuto da adattare alla
pietra stessa, o infine anche al capriccio degli scal-
pellatori. Se unica è la figura che riempie il campo
della stele, questa ha talora un contorno più allun-
gato ; se ampie sono le rappresentazioni espresse nella
stele, a questa viene data una forma più tondeggiante,
meno slanciata.

Con questa fioritura delle stele coincide l'uso assai
largo di quello che è caratteristico delle stele felsinee,
cioè la incorniciatura, la divisione a zone e la figura-
zione da ambo i lati. La cornice — che nelle stele più
arcaiche si vede ridotta ad uno stretto orlo rilevato,
come nel n. 130 (lato B), n. 181, n. 132, n. 133,
n. 135, n. 140 (De Luca); n. 163, n. 175, n. 181
(lato A), n. 187 (Certosa); e che talora affatto non
esiste, come nel n. 162 (Certosa) — si allarga adesso
vieppiù ad una grossa fascia decorativa, in cui appunto
come decorazione precipua appare la spirale ad onda.
Ma anche in questo caso vi sono tarde permanenze
di cornici strette e lasciate disadorne (es. n. 81 e
n. 139) o di assenza di cornice (es. n. 104).

La divisione a zone figurate, che ci è nota nell'Etruria
centrale dalla stele Peruzzi, è una pretta derivazione
dall'arte ionica, anzi pre-ellenica. Ed infatti in una
stele di Micene (EtprjfisQig àQ%aio%oyixri, 1896, tav. 1-2:
tre zone, di cui due sono rimaste interamente), ve-
diamo queste zone con varia rappresentanza, e questo
possiamo scorgere anche in esemplari ellenici, quali
le stele di Syme presso Rodi, già citata (Perrot e
Chipiez, VIIT, fig. 143), il lato posteriore della stele
di Dorylaion {Ath. Miti., 1895, tav. II; Perrot e Chi-
piez, Vili, fig. 150), il frammento di stele attica
collezione Barracco (Perrot e Chipiez, Vili, fig. 338),
la stele di Lyseas {Ath. Mitt., 1879, tav. I, II, 3).

Del resto, tale divisione a zone è propria dei vari
monumenti dell'arte ionica, quali sarebbero i vasi di-
pinti, i bronzi, gli ori, gli avori; per cui è inutile
fare citazioni. Tale divisione a zone è seguita anche

Milchliofer, Die Anfànge der Kunst in Griechenland, 1883,
p. 233. Si aggiunga il Brunii (Abhandlungen der k. bayer. Ak.
der IViss., XVIII, I, p. 151 e seg.).

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