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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Ducati, Pericle: Le pietre funerarie felsinee
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https://doi.org/10.11588/diglit.9319#0278

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525

LE PIETRE FUNERARIE FELSINEE

526

CAPITOLO QUARTO.
La decorazione zoomorfa e teratoniorfa.

§ 1. Volatili.

Due sono le stele (n. 2 e n. 76) e due i fram-
menti (n. 31 e n. 53) che ci offrono figure di uccelli.
In un frammento (n. 31) è rimasta solo una porzione
di uccello; tuttavia la stele, cui il frammento appar-
teneva, doveva esibire, alla pari delle due stele arri-
vateci intiere, due figure di uccelli espressi come de-
corazione di una zona, araldicamente disposti l'uno
di fronte all'altro.

I nn. 31 e 2 (lato B, zona superiore) esibiscono
due volatili affrontati (fig. 59); ora, il tipo di uccello
rappresentato è quello di un palmipede, o cigno o
grande oca, che assai di frequente s'incontra nel re-
pertorio dell'arte ellenica arcaica (J), sia come figura
decorativa, sia con carattere di mero riempitivo.

L'unico bombylios corinzio a noi pervenuto (2) tra
il materiale felsineo, presenta appunto un uccello di
questo tipo tra le due figure di sfingi. E tale motivo
arcaico avranno mantenuto gli scalpellatori etruschi,
come fu mantenuto dai bronzisti atestini accanto a
tutte le altre forme ioniche sulle situle. Infatti la
figura di uccello palmipede, risalente a vetusti proto-
tipi, ci apparisce, per esempio, su di una tarda situla
Boldù-Dolfin {Monumenti dei Lincei, X, tav. III). Ma
con questo tipo di palmipede vollero gli etruschi scal-
pellatori felsinei fare un gruppo meramente, per dir
così, araldico, come per esempio ci appare sulla XaQva^
argentea di Vetulonia (Montelius, II, tav. 188, 1).

Nella terza zona inferiore della stele n. 76 si
hanno, assai corrose, due figure di uccelli; ma dal loro
contorno appare che essi non fossero palmipedi come
nei due esemplari precedenti, e per di più sembrano
con le ali aperte.

II contorno di un uccellino infine, come si è visto,
sormonta il ramoscello centrale dell'arbusto che adorna
la stretta zona rimasta nel frammento n. 53.

(') Per l'arte egeo-micenea si veda la sardonica di Vaphio
(EfprjfiEQÌg ÙQ%<aoXoyixTjt 1889, tav. IO, n. 19; Perrot e Chipiez,
voi. VI, p. 345, fig. 428).

(*) Si veda, Rendiconti dei Lincei, 1909, ]>. 199. Pelle-
grini, pag. 1, n. 2, fig. 2

§ 2. Belve.

Il medesimo concetto di custodia vigile al se-
polcro, che hanno le figure di leone scolpite a tutto
tondo, si potrebbe allargare* alle figure leonine ador-
nanti una stele arcaica tra le felsinee. La stele n. 82
(Arnoaldi) è stranamente carica di animali ('), perchè,
all' infuori della zona mediana del lato A con la biga
del defunto, tutte le altre zone esibiscono figure be-
stiali. Tra di esse spicca nel lato B (tav. II, a), nella
zona principale intermedia, la bella e nitida figura di
leone solennemente gradiente verso sinistra; mancano
solo le gambe posteriori. Questo essere feroce è stato
reso fantastico mediante l'aggiunta delle ali sul dorso.

Palese è la discendenza di questa figura leonina
da prodotti di arte ionica, che i contrassegni speciali
delle figure di belve e specialmente di leoni, nei pro-
dotti di quest'arte, sono mantenuti, in questa stele più
tarda, con somma fedeltà. È in questa stele, come in
alcune altre felsinee, la cristallizzazione che troviamo
parallela nei prodotti laminati del territorio di Este
ed in generale nella metallotecnica del nord d'Italia
e dei paesi alpini. In queste regioni tuttavia l'imbar-
barimento è assai più spinto che non presso gli Etruschi
felsinei i quali, nello scalpellare la vile molassa, ma-
nifestano la diretta discendenza da quell'arte, che fre-
quenti figure belluine o mostruose aveva espresse e
che si era svolta in luoghi non molto lontani ed il
cui vivo ricordo, dalle schiere etnische, dovette essere
trasportato nella pianura renana.

Il leone dalle fauci aperte e dalla lingua pen-
dente, dall'aspetto quindi minaccioso nella espansione
della robusta dentatura, s'incontra nell'arte ionica,
ove tuttavia è più frequente il tipo del leone senza
la espressione della lingua; ma frequentissimo s'in-
contra nell'arte etnisca, sia nei bronzi laminati (busto
di donna della tomba d'Iside: Montelius, II, tav. 266,
86 ; skyphos di bronzo da Palestrina: Montelius, II,
tav. 364, 7), sia nelle pitture sepolcrali (es. la grotta
Campana a Veio), sia nei vasi dipinti (es. vaso da
Cervetri: Montelius, li, tav. 345, 7) (2). Ma abba-

(') Curioso precedente nella civiltà villanoviana si pos-
siede nella rozzissima ed infantile stele Arnoaldi (Not. scavi,
1898, p. 179, fig. 4; Montelius. I, p. 366 c).

(") Si veda anche la coppa fenicia di argento dorato della
tomba Bernardini da Palestrina (Montelius, II, tav. 367, 8 b).
 
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