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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Ducati, Pericle: Le pietre funerarie felsinee
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https://doi.org/10.11588/diglit.9319#0279

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LE PIETRE FUNERARIE FELSINKE

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stanza estesa è l'aggiunta delle ali come è nell'esem-
plare bolognese (').

Quivi la giubba è indicata da tratti a zig-zag, pre-
cisamente come nel leone del Giardino (n. 4) scol-
pito a tutto tondo; ma essa giubba non presenta tut-
tavia la particolarità di prolungarsi sino alla coda.
Nel petto, la peluria minore è indicata da punteggia-
ture non tanto rilevate; ampia e bene espressa a punta
è l'ala, mentre la coda, proprio conforme ai modelli
ionici, è ripiegata a viticcio lungo verso l'alto, ed il
fiocchetto con cui essa coda finisce è a forma di foglia
di edera, di quella ovvia foglia di edera che nelle
stele bolognesi costituisce il solito riempitivo di ori-
gine ionica (2).

In tal modo il leone della nostra stele manifesta
una somiglianza assai viva col leone alato del fregio
zoomorfo di un vaso ionico (Luynes, Description de
quelqves vases peints, tav. 6), che fu connesso dal
Furtwangler (3) con gli anelli d'oro ritrovati neH'Etruria
e da lui attribuiti all'arte focese trapiantata in Italia.

E mi pare che questo tipo di leone alato, alla sua
volta presenti vivissima analogia con la figura arcaica
di chimera, per esempio con la chimera della vetusta
tomba dei tori a Corneto (Antike Denkmàler, II,
tav. 41, 1), con quella su tripode ionico {American
Journal of arch., 1908, tav. IX) (4); uguale è il corpo
col capo leonino minaccioso ; la protome di capra sul
dorso corrisponde alle ali, la coda ricurva e fmiente
a testa di serpente alla coda, col fiocchetto terminale.

In questo esemplare n. 82, altre due belve sono
rappresentate.

Nel lato A (tìg. 47), sotto la biga, è un'altra figura
di leone di cui solo la parte anteriore è rimasta; qui
la belva non va a lenti passi, ma si avventa con foga
verso destra. Nel lato B (tav. II, a), sotto la bella fi-
gura di leone alate è la parte posteriore di una belva
diretta verso destra; la coda è foggiata come nel leone
soprastante; è rimasta la punta di un'ala; nel petto

(l) Karo, De arte vascularia antiquissima, p. 17, n. 3 ;
Ghirardini, in Monumenti dei Lincei, X, p. 187.

(") Come raffronto curioso cito le code finienti a foglia
di edera, dei leoni su tessuto bizantino del sec. X della cat-
tedrale di Siegbourg (Diehl, Manuel d'art byzantin, 1910,
fìg. 298).

(3) Gemmen, III, p. 84 e seg. cf. Endt, op. cit., p. 39, n. XI.
(*) Si veda anche la parte posteriore di chimera su me-
topa di Thermos {Antike Denkmàler, II, tav. 52, A, 4).

si veggono tre mammelle. Così questa figura ci fa
richiamare quella di cagna rappresentataci da una
laminetta di avorio di Corneto (').

Anche nel frammento n. 70 si ha un muso di
belva ; dalla bocca semiaperta e ferocemente dentata,
pende la lingua filiforme. Manifestamente, pure in
questa stele doveva essere effigiata una figura bellis-
sima, simile a quella rimasta sulla stele n. 82.

Il leone si ritrova su un'altra stele, nel n. 182.
Quivi è usato uno schema araldico non raro nell'arte
ionico-etrusca. Nella zona inferiore del lato A (fìg. 5)
sono due figure leonine affrontate : dalla bocca semia-
perta pende la lingua; le tre mammelle, di cui si vede
essere provvista la figura di sinistra, sono l'indizio
di femminilità con cui contrasta la giubba rigogliosa.
Manifestamente, questo contrasto di caratteristiche in
una medesima figura di belva dobbiamo attribuirlo
alla ignoranza del tardo scalpellatore, perchè nel
n. 182 si ha un prodotto più recente del n. 82 (2). Ma
una miscela non meno strana s'incontra nella stele
n. 82; quivi, nella zona superiore del lato A (fìg. 47)
vediamo affrontati due quadrupedi: quello a destra è
quasi del tutto conservato. Ora, mentre dalle fauci
aperte minacciosamente, dalla giubba e dalle altre
forme del corpo apparisce una natura leonina, d'altro
lato vediamo che sul suo capo sono poste delle corna
ritorte, come d'ariete. Stringentissimo è il confronto,
per quest'ultimo particolare, con i quadrupedi del
disco di Vetulonia (N. Scavi, 1900, 480) e della
coppa di Castelletto Ticino (Moutelius. 1.1. 45, 18) (3).
Con ragione il Pettazzoni ha sostenuto la dipendenza
della coppa dall'arte a cui appartiene il disco! le
sue idee ricevono, a mio avviso, conferma dalla stele
felsinea, n. 82.

Dinnanzi agli schemi simmetrici di belve su queste
due stele, la mente ricorre agli analoghi gruppi di
belve in pitture sepolcrali etnische con le quali, come
meglio si vedrà in seguito, tanti punti di contatto
hanno le stele felsinee rispetto al contenuto; ed in-
vero i concetti delle anteriori tombe della Toscana

(') È al Louvre: Monumenti dell'Jnstituto, VI, tav. XLVI,
3; Martha, fìg. 206; Pollak, art. cit., tav. XVI, 4.

(') Per la presenza di mammelle in animali di sesso ma-
schile su monumenti jonici, si v. Endt, op. cit., p. 74.

(') Si v. per questi monumenti, Pettazzoni, lioemische
Mitteilunyen, 1910, 317-335.
 
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