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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Ducati, Pericle: Le pietre funerarie felsinee
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https://doi.org/10.11588/diglit.9319#0282

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LE PIETRE FUNERARIE FELSINEE

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a proposito del frammento n. 55 (flg. 25), già il Goz-
zadini aveva riconosciuto rappresentati i resti di un
animale pertinente al genere canis.

Si aggiunga la stele n. 13 in cui nella zona su-
periore, in grandissima parte corrosa, è la figura di
una belva che doveva essere posta simmetricamente
di fronte ad un'altra ; questa figura di belva palesa
nel contorno delle zampe pieuo riscontro con quelle
di cui ora ho fatto parola.

Fig. 25. - Stele n. 55.

Infine il frammento n. 142 esibisce la parte
posteriore di un quadrupede dalla cortissima coda
ripiegata all'insù; per tale coda si confronti la sup-
posta lupa del n. 195: forse in origine nella stele
era scalpellata una consimile figura di belva.

§ 3. Bestie domestiche.

Ricorrono nelle nostre pietre assai di frequente i
cavalli, o in atto di condurre il carro del defunto,
o cavalcati dal defunto o da un guerriero. Talora
ricorre la figura del cane accompagnante il defunto
nel suo viaggio all'inferno ; ma sì dei cavalli che dei
cani, in tale azione, sarà parola più innanzi.

Mero valore decorativo possiede invece la isolata
figura di un cavallo alato nella zona inferiore della
stele n. 42 lato A (fig. 79). È una figura equina già
sciolta dalle forme dell'arcaismo, provvista di ali,
ovvia a trovarsi espressa nelle scene del viaggio agl'in-
feri. Lo scalpellatore di questa stele — il quale, come
vedremo a suo luogo, era un basso mestierante che
Monumenti Antichi — Vol. XX.

palesa deficienze formali e concettuali, indice, del resto,
di seriorità dell'opera da lui compiuta, — per riempire
una zona della stele non ha saputo che ricorrere alle
viete forme del cavallo alato, sì ovvio nelle rappre-
sentazioni delle nostre pietre, e qui totalmente fuori
del posto suo.

Il cavallo può apparire anche come ricordo delle
figure equine alate galoppanti, che non sono rare in
quella serie di vasi affini alle idrie ceretane, su cui ri-
chiamò l'attenzione il Diimmler ('). Da queste figure
dell'arte jonica deriva il cavallo alato su oiuochoe a f.
n. della Certosa (s), derivano le due figure di Pegasi che,
col gruppo centrale di Peleo e di Atalanta lottanti,
adornano il lato B di tazza di stile severo De Luca,
edita dal Ghirardini (3). Da questi o da vasi consi-
mili può avere tratto l'inspirazione lo scalpellatore
della stele n. 42.

Il frammento n. 27 esibisce nella zona superiore
a rilievo, oltremodo corroso, un altro gruppo araldico,
cioè due quadrupedi affrontati che sembrano essere
di natura bovina. Si avrebbe qui una allusione agli
animali sacrificati sulla tomba, o piuttosto, come io
credo, una espressione meramente decorativa?

Si aggiunga la tarda stele Arnoaldi n. 43 (fig. 10).
Nella zona sottostante a quella che conteneva il de-
funto su carro, è corrosa, ma tutt'ora distinguibile,
la figura di un bove. Il bove di questa stele Arnoaldi
è stato poi desunto con grandissima fedeltà da un
vaso attico dei decenni posteriori alla metà del se-
colo V ; infatti su di un cratere attico a zone, uscito
dalla necropoli De Luca, è la figura di un bovino
che alza verso il muso, piegato di prospetto, la gamba
posteriore sinistra (4).

Da ultimo vi èia stele assai frammentata n. 192,
ove nella zona inferiore del lato A ho potuto rico-

(») Rom. Afitt., 1888, pp. 161 e segg. : idria, fig. 2 ; anfora,
fig. 5 ; e zona inferiore dell'idria, in Micali, Monumenti inediti,
tav. 37, 2. Si v. anche le quattro figure di cavalli alati su di
un vaso di bucchero, Micali, ivi, tav. 26, 5. In questi cavalli
alati vedrebbe lo Zahn un influsso clazomenio (Athen. Mitth.,
1898, p. 72).

(•) Zannoni, Certosa, t. XVII, 7, tomba n. 17.

(•) Atti e Memorie, 1892, pp. 227-265, con tavola; attri-
buita ivi a Pamphaios.

(4) È nel cratere a calice {Museo italiano, II, p. 57; Pel-
legrini, 139, n. 299 fig. 81). Il motivo che ha questo bovino,
è anche nell'arte egeo-micenea; si v. la corniola di Vaphio
(Efprjfx^QÌi àQxaioUyixrj, 1889, tav. 10, 20 ; Furtwangler,
Gemmen, tav. Ili, 42).

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