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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Ducati, Pericle: Le pietre funerarie felsinee
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https://doi.org/10.11588/diglit.9319#0331

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(331 le pietre fd

dietro il personaggio seduto è rimasta la testa di una
donna, che forse era in piedi e teneva un fiore nella
mano alzata.

Complessa è pure la scena nel 169 (lato A, zona
inferiore); qui le persone offerenti sono due donne e
femminile appare la figura sopra la sedia a spalliera ;
dietro di questa, conformemente a ciò che si osserva
nel n. 159 è, come assistente, una quarta donna;
compie la scena a destra una figura che pone le
mani sopra un arnese a tre gambe. È un tripode che,
meglio distinguibile e di egual forma, ci appare nella
zona seconda, purtroppo manchevole, della stele n. 175
(fig. CO) e che noi possiamo osservare su altri monu-
menti etruschi di età relativamente arcaica; su di
un'anfora di stile etrusco-jonico da Fiesole (Louvre,
Pottier, op. cit., tav. 56, E, 758) ('), in uno scarabeo
di stile severo (Furtwangler, Gemmen, tav. XVII, 17),
ove dentro un tripode un giovane nudo sta versando
un'idria (2). Una consimile azione pare che stia com-
piendo la rozza figura della nostra stele n. 169, e
questo tripode accentuerebbe appunto il sacro colorito
di queste scene di offerta.

Ciò che si osserva nei nn. 159 e 169 richiama le
scene analoghe, che di frequento ricorrono sui buc-
cheri a stampiglie (3). In queste minuscole figure dei
buccheri sono per lo più due persone sedute che ri-
cevono gli omaggi, un uomo ed una donna; onde
le spiegazioni che qui si tratti o di sposi o della
coppia regale degli Inferi (4). Ma talora vediamo in-
trodotti tra gli offerenti dei centauri (Micali, op. cit.,
nn. 11 e 13), e però in tal caso nasce spontaneo il
raffronto con la insigne zona terza del vaso Francois
esibente la processione degli dei verso la coppia di
Peleo e di Tetide. Sarei pertanto indotto a credere
che da un simile prototipo mitico, certo anteriore al
vaso Francois, abbiano potuto trarre inspirazione gli

della scena e la positura della mano m'inducono a credere che
fosse rappresentato un personaggio seduto.

(*) Credo che appartenga a quelle imitazioni per cui si v.
Endt, op. cit., p. 71 e segg.

(s) Si cfr. il tripode nella pittura chiusina della tomba
Casuccini (Mon. dell'Istituto, V, tav. 32-34).

(3) Micali, Monumenti per servire, tav. XVIII, 2, tav. XX,
2, 3, 5-7, 9, 11-15.

(4) Il carattere di omaggio a divinità possederebbe invece
il fregio di terracotta veliterno edito in Studi e Materiali, I,
p. 105, fig. 12.

ìrie felsinee (332

autori delle stampiglie di bucchero, e perciò sono
incline a riconoscere in queste scene di offerte più
un'allusione a concetti nuziali che a concetti fune-
rali (*).

Ma nelle nostre due stele e nell'altra con schema
più semplice n. 64 dobbiamo invece riconoscere un
carattere funerario; ma possiamo attribuire la essenza
di re degli Inferi all'uomo seduto nella stele n. 64,
di regina alle donne - troneggianti delle altre due
stele? Ritornerebbe in campo la questione che fu
già, e lungamente, agitata riguardo ad un monu-
mento ben più insigne, ben più nobile dei nostri,
cioè riguardo alla tomba licia cosiddetta delle Ar-
pie (2).

Fu primo il Milchhofer (3) a riconoscere nella
figura di uomo ripetuto tre volto e nelle due figure fem-
minili, defunti eroicizzati, a cui si avvicinano con offerte
vari personaggi, e tale esegesi credo che non possa
più essere soggetta a dubbi, cònsona come è con l'idea
ellenica del defunto eroicizzato e valida ad estendere,
pure a questo insigne monumento della Licia, il con-
cetto comune ad altri monumenti funebri arcaici e
a comprovare la esclusione completa, presso i Greci,
delle figure di divinità delle scene figurate sepol-
crali (1). Ma dobbiamo inoltre osservare che, alla con-
cezione lacedemone e jonica del defunto come eroe
infero, semi-divino, contrasta la concezione attica che
rappresenta il defunto semplicemente nell'aspetto, nel-
l'atteggiamento che poteva aver assunto nella vita.

In realtà, esaminando le nostre umili rappresen-
tazioni felsinee delle stele nn. 159 e 169, ci colpisce
lo schema eguale a quello che si osserva nel monu-
mento licio, e questa identità di schema presuppone

(') La vetustà dello schema di offerta è provata anche da
documenti geometrici ; si vegga, per es., una tazza del Dipylon
(Athenische Mitteilungen, XVIII, 1893, p. 113, fig. 10 = Per-
rot e Chipiez, VII, fig. 96). Ma si debbono menzionare anche
dei vasi ciprioti di arte micenea (Perrot e Chipiez, III, fig. 523
B. C. IL, 1907, p. 232, fig. 10-12).

(2) Si vegga riassunta la questione in Perrot e Chipiez,
VIII, p. 346 e segg.

(3) Arch. Zeitung, 1881, p. 53 e seg., in base alle ar-
caiche stele spartane, di cui il più noto esemplare è quello
del Museo di Berlino (Athenische Mitteilungen, 1877, tav. XI).

(4) V. Perrot e Chipiez, Vili, p. 338. Tale esclusione non
può essere infirmata dalla dea nazionale della Frigia scol-
pita sul lato principale della stele di Dorylaion; si vegga a tal
proposito Perrot e Chipiez, Vili, p. 345.
 
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