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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Ducati, Pericle: Le pietre funerarie felsinee
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https://doi.org/10.11588/diglit.9319#0348

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I,E PIETRE FUNERARIE FELSINEE

666

Ma dalla congerie di scudetti votivi della stessa
stipe ne apparvero alcuni ellissoidali con l'umbone a
spina; quello appunto in Not. scavi, 1888, tav. IX, 7,
tranne un contorno maggiormente ovale, è simile assai
allo scudo nella stele n. 80: l'umbone è appunto offerto
da una laminetta espansa ai lati ed inchiodata sullo
scudo ed assumente nel mezzo una forma di fuso, per
meglio resistere e per schivare i colpi dell'avversario (').

Lo schema del guerriero scudato ci è offerto anche
da un prezioso e tardo monumento proveniente dalla
Romagna, cioè da una plaga in cui assai debole,
sinora, si deve riconoscere l'influsso della civiltà etni-
sca; voglio alludere all'umbone di scudo già Albicini,
ora al Museo di Forlì (Santarelli, Not. scavi, 1887,
tav. I, 7-9 ; a Montelius, tav. 113,1) da ascriversi, io
credo, all' inizio del IV sec. av. Cr. Solo, nel tipo di
guerriero dell'umbone forlivese, si ha un particolare
discordante dalla civiltà greca e proprio della civiltà
italica : la forma dell' elmo a lamina foggiata a
mò di cono adorno di chiodi, forma di elmo esempli-
ficataci da quello di Oppeano (Montelius, tav. 49, 2).

Passando ora al secondo gruppo di stele con figure
isolate di guerrieri a piedi, vediamo che esso com-
prende due soli esemplari: il n. 90 ed il n. 181. Oltre
a riprodurre guerrieri del noto tipo precedente, gli
scalpellatori felsinei, ma più di rado, attingono dal
materiale ceramico attico i modelli per copiare figure
guerresche. A vasi precisamente, o di stile severo o
di stile polignoteo. risalgono infatti le due belle figure
dei suddetti numeri, chiaramente palesanti nella bar-
barica ed umile traduzione nella tenera molassa bo-
lognese le forme pure e grandiose del più bel periodo
della ceramica attica (').

La stele n. 181, che in altro luogo ho ascritto al se-
condo quarto del secolo V, esibisce la figura di un guer-
riero barbuto in piena armatura; diretto verso sini-
stra, volge a destra il capo: con la mano destra si
appoggia alla lancia e con l'altra solleva l'elmo cre-
stato attico. Ed attiche sono le altre parti dell'ar-
matura, le cnemidi e la corazza. I lunghi capelli
sono trattenuti da una tenia, che doveva anche ser-
vire a smorzare la pressione dell' elmo, tenia che
riappare, per esempio, sulla testa di un Teseide sul-

l'anfora a volute polignotea con l'incontro di Menelao
e di Elena {Monumenti dell' Istituto, X, tav. LIV);
dal braccio sinistro cade un piccolo mantello a pieghe
rigidamente simmetriche; in questa figura di sapore
così ellenico, ben possiamo dare a questo mantelletto
il nome di %kaìva. Nella stele bislunga le propor-
zioni della figura si sono allungate soverchiamente;
in confronto della piccola testa risaltano assai le gambe
lunghe e poderose.

Manifestamente lo scalpellatore etrusco ha desunto
questa figura dal repertorio ceramico, da quelle vivaci
scene di guerrieri, che si armano per la battaglia im-
minente e che adornano insigni tazze del periodo di
Eufronio e di Brigo. Si confronti, per esempio, il
giovine su anfora presso Gerhard, Auserlesene Vasen-
bilder, tav. 268. Anche nel ciclo dei vasi polignotei
permane questo motivo, ma perde tuttavia la sua
primitiva ragione di essere, perchè non sempre è ap-
plicato alle scene di armamento (cfr. il cratere di Or-
vieto, Hauser e Reichhold, tav. 108).

Il n. 90 esibisce un giovine, imberbe guerriero,
irrompente con foga verso destra. Dell'elmo, scom-
parso insieme con la parte superiore del capo, nulla
più è rimasto all'infuori dell'avanzo del lungo Xóyog.
Nei tratti della parte del volto rimasta, nel naso a
diritto profilo, nel mento un po' grosso, nelle linee
del collo verticali, appariscono mantenute assai bene
le qualità del profilo ellenico dei vasi di stile severo od
anche di transizione (').

V'è infine da notare che, mentre i guerrieri di queste
due stele risalgono a modelli attici del secolo V, i
guerrieri che adornano le stele arcaiche di Volterra
e di Fiesole ripetono la loro origine da fonte ionica.

Nella stele n. 13 vediamo due guerrieri, l'uno di
fronte all'altro e resi, come pur può apparire dalla
loro corrosione, con assenza completa di proporzioni.
Il guerriero posto a destra ha il tipo vetusto del
guerriero ricoperto nel torace dall'ampio scudo rotondo;
dalla linea inferiore dello scudo esce il giubbetto a
fitte linee. Estremamente allungate sono le gambe
dei due guerrieri; estremamente piccoli al confronto i
piedi. Nella stele bolognese tutto è imbarbarito e
tutto è errato, ed in tal modo le figure di questi due

(') Scudo simile tiene il guerriero che combatto su biga
su stele euganea esistente al Museo di Verona (Maffei, Museum
Veronense, tav. Ili, 1 ; Nachod, op. cit., t. 3,29).

(*) Si cf. le stele tebane di Mnason e di Kynchon {B C. IL,
1902, t. VII-VIII).
 
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