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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Ducati, Pericle: Le pietre funerarie felsinee
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https://doi.org/10.11588/diglit.9319#0362

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LE PIETRE FUNERARIE FELSINEE

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diverso disposti. Di forma peculiare è pure il carro
di contorno ondulato, anzi rientrante ; è proprio il carro
da corsa e non da passeggio o da parata che incon-
trammo nelle rappresentazioni dell'andata del defunto
agl'Inferi; è il carro che si può collegare con quello
nella suddetta pittura chiusina e nella suddetta situla
Arnoaldi.

E l'auriga è veramente tale, da non confondersi
con la solita figura ammantata e solenne del defunto
su cocchio; esso indossa la lunga tunica, propria degli
aurighi ellenici, e, curvandosi nel sostenere nella corsa
i cavalli, ben palesa con questo atteggiamento suo lo
sforzo di mandare al maggior galoppo il suo carro, il
desiderio di raggiungere la mèta. È adunque qui un
eo'cerptum, per la grande ristrettezza dello spazio,
di una composizione più ampia, quale ci è offerta dalla
pittura sulla tomba Casuccini.

Ma più curiosa è la rappresentazione, purtroppo
in frammenti, della stele n. 138 (fig. 84). Già dietro la
triga, in corsa sfrenata verso destra, è la figura di un
fanciullo con lancia, cho sta ad indicare, così io credo,
il punto della partenza: è il fanciullo che, prima della
corsa, doveva trattenere i cavalli. Come ho già notato
nella descrizione di questa stele, i tre cavalli cor-
renti sono a diverse distanze l'uno dall'altro e tutti
sono in piani prospettici anteriori a quello del cocchio,
costituendo in tal modo un gravissimo errore di di-
segno. Tale pazza distribuzione di cavalli e di carro
credo che, secondo le intenzioni dell' inesperto scal-
pellatore, dovesse contribuire a dare una idea della
corsa sfrenata, che il giovine auriga, con la clamide
al vento e col frustino nella destra, ha già iniziata,
tenendo lo sguardo risso alla mèta.

Questa rappresentazione adunque, sia nell'aspetto
della figura sul cocchio, sia per la espressione dei ca-
valli, sia per la presenza del ragazzo fermo dietro il
cocchio, si allontana da tutte le scene della solenne
andata del defunto agl'Inferi.

Il vedere poi, invece della classica biga, in gara
una triga, e un fatto che non deve sorprenderci, dato
il carattere etrusco del monumento e ricordandoci
che, appunto propria degli Etruschi e della loro ci-
viltà, come ci appare dai testi letterari (') e dai
monumenti (2), era la corsa di triglie.

I1) Dionigi di Alicarnasso, VII, 73.

(*) Si ved. le due terrecotte arcaiche velitcrne con corse
Monumenti Antichi — Vol. XX.

§ 3. Corse di cavalli.

Due cavalieri in corsa su due stele felsinee allu-
dono certamente alle corse dei cavalli, spettacolo che,
pur come quello delle corse dei carri, godeva di grande
favore presso gli Etruschi; infatti si sa che molto ri-
nomati erano presso questo popolo i cavalli da corsa(1).
La tomba cornetana delle Iscrizioni (2) esibisce, tra le
scene sportive, quattro figure di cavalieri alludenti
senza dubbio alle corse, e cavalieri in corsa noi ve-
diamo su di un arcaico fregio di terracotta da Poggio
Buco (Studii e Materiali, I, p. 91, fig. 2) che palesa,
come bene osserva il Pellegrini, pretta discendenza
da modelli ceramici ellenici (3).

Le nostre stele felsinee sono il n. 92 (zona mediana
rimasta in piccola parte ed assai corrosa), ed il n. 138
(zona inferiore frammentata). In ambedue le stele i
cavalieri procedono verso destra e comodamente ten-
gono in direzione obliqua nella destra abbassata la
lancia. Quest'arma apparisce visibile nel primo cava-
liere, sia nel n. 138 frammentato, ma non molto cor-
roso, che nel n. 92, assai guasto e manchevole.

Carattere più arcaico presentano le figure del n. 138
(fig. 84) ed un avanzo di arcaismo, desunto dall'arte
jonica e fossilizzato nell'arte paesana felsinea, sono le
ali di cui sono forniti i cavalli, quasi a simboleggiare la
furia del galoppo. Istruttivo, a tal proposito, è l'esame
di un prototipo di tale schema figurativo di cavaliere,
quale ci è offerto da un rilievo di tripode di arte
jonica nella zona inferiore di uno dei lati {American
Journal of Archàology, 1908, t. X). Ma l'accura-
tezza del prototipo di pura arte arcaica è trascesa
nella seriore stele bolognese ad errore. Colui che ha
scalpellato la stele n. 138, come ha errato nell'espri-
mere la zona mediana con la triga in corsa, così qui
male ha reso l'attaccatura delle ali al corpo equino.

di due bighe e di una triga (Studii e Materiali, I, p. 103,
fig. 9): il cippo arcaico chiusino in Micali, Monumenti inediti,
tav. XXIV, 2. Ed aggiungo l'anfora vulcente (Endt, op. cit,
fig. 11-13, t. I) con la corsa di triglie, anfora che credo fab-
bricata in Etruria anche da ceramista non etrusco, cioè ellenico.

(') Si v. ciò che appare dal noto passo di Tito Livio (I, 35),
riferentesi a Tarquinio Prisco; cfr. Dennis, I, p. 70, n. 6.

(2) Museo Gregoriano, I, tav. CHI ; Dennis, I, pp. 364-368.

(3) L'esempio più calzante è dato dall'anfora corinzia di
Amfiarao (Hauser e Keichhold, t. 121, 122).

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