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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 20.1910

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Galli, Edoardo: Avanzi di mura e vestigia di antichi monumenti sacri: sull'acropoli di Fiesole
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https://doi.org/10.11588/diglit.9319#0490

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919 avanzi di

nome in tutti i luoghi. Ma vi è di più. Secondo
Festo le favissae erano un luogo nel quale era chiusa
dell'acqua intorno ai templi, e solo quelle forse esi-
stenti sul Campidoglio, simili però anch'esse a celle
e a cisterne, pare che fossero adoperate per riporvi
gli oggetti sacri fuori uso. è notevole il fatto che
Festo in questo passo parla sempre in tempo passato.
Ad ogni modo, bastano questi pochi accenni per far

Fig. 31. — Idoletto maschile fallico in bronzo con patera nella
destra trorato nel 1815 nelle favissae dinanzi alla Basi-
lica di S. Alessandro, ed ora nel Museo fiesolano.

vedere che le favissae ebbero la loro principale e più
antica destinazione come conserve d'acqua da servire
per uso del culto, e che solo alcune, e in tempi più
vicini a noi, furono adoperate come magazzini o ri-
postigli di oggetti sacrali usati. Infatti sarebbe stato
assurdo conservare gli oggetti usati del culto nelle
favissae piene d'acqua. Resta però sempre insoluto
il problema se le favissae usate come ripostiglio fos-
sero state le medesime che solevano contenere l'acqua,
dopo vuotate; ovvero se, pur essendo di forma simile,
erano di destinazione del tutto differenti sin dalla

mora ecc. 920

loro costruzione. La seconda parte del passo di Festo
in proposito non è molto chiara, poiché l'idea delle
favissae originarie ripiene d'acqua sussiste sempre nel
paragone con le cisterne. Quindi non si può dire con
sicurezza che le favissae dei templi fossero state
prima dei depositi d'acqua e più tardi dei ripostigli
di oggetti usati. Non credo che finora il problema
sulla esatta conoscenza delle favissae sia stato mai
posto in questi termini. Per lo più si è cercato di
chiarir meglio le parole riportate da Gellio, che ras-
somiglia le favissae ai thesauri greci, trascurando
per altro il passo di Festo, che per me ha un valore
intrinseco molto mao/giore.

OD

H. Thédenat(') crede che una differenza essen-
ziale fosse sempre esistita tra thesauri e favissae, e
che l'identificazione del nome in Gellio dipende dal
fatto che, per l'analoga disposizione (2) queste ultime
qualche volta potettero essere usate come thesauri, e
viceversa.

Ma il Thédenat non definisce in quel suo articolo
la destinazione propria delle favissae, perchè neanche
lui disponeva di elementi per poter chiudere la con-
troversia, la quale non potrà essere risoluta se prima
non si conosceranno molti esempì di favissae, non
essendo certo sufficienti i soli thesauri greci conosciuti
per spiegarle ed illustrarle completamente. Si tratta
di monumenti misteriosi non solo per noi, ma anche
già presso gli antichi; monumenti della più grande
importanza sia in rapporto all'archeologia che in rap-
porto alla religione antica, per la conoscenza dei quali
non possono bastare le sole analogie.

Purtroppo però di favissae veramente sicure non
se ne conoscono, se si fa astrazione di queste tre fie-
solane, che furono considerate come tali. Tuttavia si
vuole estendere con troppa facilità questo nome ad
ogni sorta di pozzetti sacrali che spesso si scoprono,
in numero variabile, nelle vicinanze o anche nell'area
stessa degli antichi templi. Esse non erano d'uso co-
mune nella costruzione dei templi, essendo infatti sco-
nosciute a Vitruvio. Probabilmente erano, come si è
detto, di origine etrusca, sebbene non generalizzate
neanche in etruria, e il fatto stesso della probabile
esistenza di favissae nel tempio della triade capito-

t1) Daremberg-Saglio. Dict, Favissae, nota 1.
(a) non struttura?
 
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