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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 21.1912

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Galli, Edoardo: Il sepolcreto visentino delle "Bucacce"
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https://doi.org/10.11588/diglit.9317#0270

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465 IL SEPOLCRETO VISE]

più recente. Ciò non toglie per altro che esse potevano
in origine esser rissate sopra un sottile disco di legno
o di cuoio, del quale sfortunatamente non si è mai
notata la traccia nelle tombe etnische di questo pe-
riodo, che hanno rivelato spesso simili lamine, sia in
discreto stato di conservazione come nel caso presente,
sia in maniera almeno riconoscibile, o anche restituendo
alla luce qualche misero avanzo, il più delle volte
trascurato dai ricercatori. La loro decorazione a stampo,
ottenuta per mezzo di punzoni separati, più che la
loro destinazione, è ad ogni modo degna d'interesse.

I punzoni che servirono a sbalzarle, d'osso o più
probabilmente di legno duro, rivelano non poche im-
perfezioni e incertezze di linee, dovute ad una tecnica
manuale che non usufruiva dell'aiuto del compasso o
di altri istrumenti di precisione.

Tali imperfezioni si riscontrano specialmente nelle
bulle della tomba 10. In tutte però la decorazione
rivela una comune origine stilistica a fondo religioso (').
Intorno alla periferia di ciascuna, si nota una zona di
ocarelle schematiche in fila continua, più sviluppate
in quelle della tomba 10, ed espresse da sole linee
geometriche in quelle della tomba 3. Tale zona, che
non rappresenta una decorazione zoomorfa senza alcun
significato particolare, bensì una serie di simboli zoo-
morri simili stilizzati riferentisi al culto preistorico
del Sole in ipostasi notturna, è chiusa sulle lamine
della terza tomba fra linee a cordone, che chiamerei
più volentieri a spirale plastica, mentre nelle altre
della tomba 10 le linee son due disposte inversamente
a formare una treccia.

Similmente le rosette circolari e le svastiche che
adornano il resto del fondo, non sono semplici motivi
ornamentali di stile geometrico, bensì simboli geome-
trici dello stesso culto nella sua contrapposta e com-
plementare ipostasi diurna, epperò coordinati — in un
unico concetto ciclico religioso — alla teoria di ocarelle
che si seguono intorno alla periferia (2). Tutta la bulla
doveva essere quindi concepita con lo stesso valore dei
noti dischi solari di Trundholm e della terramara di
Castione dei Marchesi in provincia di Parma e
si può anche presumere che venisse deposta col de-

(.') Déchelette, Manuel d' Archeologie préhistorique, II,
]). 426 sgg.

(2) Déchelette, op. cit., loc. cit.

(■>) Schiff-Giorgini 11. in Bull, di Paletti. Hai. 1911, p.l7sg.

o DELLE « BUCACCE » 466

funto per rischiarargli idealmente le impenetrabili
tenebre del sepolcro.

Oggetti anche degni di particolare attenzione sono
gli 8 pendagli a doppia calotta di lamina con viso
umano, usciti dalla tomba 3 e descritti sotto il n. 4-a
di detta tomba (cfr. fìg. 17). Che gli orafi etruschi
di questo periodo avessero nel loro armamentario anche
dei punzoni con cui imprimevano un viso o due visi
umani accoppiati sui pendagli da collana ('). o anche
un busto e perfino qualche volta tre figure intere su
una stessa lamina, è dimostrato in modo evidente da
alcune collane vetuloniesi (2) e di Narce (3), e dai due
peculiari pendagli pure di Narce ora nel Museo di
Villa Giulia (4). Dalla stessa necropoli di Narce pro-
vengono 3 pendagli allungati di elettro riproducenti
sulle due facce una figura di donna schematica: in
essi io vedrei un primo tentativo di rappresentare il
corpo umano a tutto tondo. Comunque, se tutti co-
desti presentano analogie tecniche con i nostri pen-
dagli visentini, si distaccano da essi per lo stile af-
fatto diverso.

I nostri, di carattere naturalistico, riproducono
esattamente sui due lati un viso maschile, con capelli
a solchi verticali paralleli sulla fronte e palpebre
chiuse, quale ci viene offerto da certi canopi chiusini,
che come largamente dimostrò il prof. Milani nel suo
magistrale lavoro intorno ai Monumenti etruschi ico-
nici d'uso cinerario (5), dipendono per£la iconografia
dalle maschere funebri tipiche dello stesso terri-
torio.

Questi pendagli rappresentano una notevolissima
novità artistica, e mostrano come il concetto della
maschera funebre fosse diffuso nella bassa Etruria,
tanto da fornire argomento e modello all' industria
locale degli orafi.

Al contrario non presentano alcun interesse spe-
ciale i pochi grani da collana sferoidi baccellati
(tomba 3, n. 4-/', e tomba 10, n. 1-e, fìg. 40), e quelli
biconici fusiformi (tomba IO, n. 1-d, fìg. 39) identici

(') E qualche volta anche sulle guarnizioni accessorie dei
braccialetti di lamina trinati: cfr. Karo, STM, II. tav. I, 1-2.

(a) Karo, STM, II, pp: 126-128, fìg. 108-9, cfr. anche tav. I.

(3) Karo, op. cit., Ili, p. 154, tav. I, 4.

(*) Karo, op. cit., loc. cit.. p. 153, fìg. 17-17 «.

(s) In Museo italiano di antichità classica, I, p. 289 sg.,
tav. IX-XIII ; cfr. nella tav. IX specialmente i n 8 e 9.
 
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