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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 22.1913

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Gàbrici, Ettore: Cuma
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https://doi.org/10.11588/diglit.11259#0098

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183

CUMA

184

V'è un passo di Plinio (') dal quale si potrebbe de-
sumere l'esistenza di miniere di rame in Campania;
ma non avendone mai fatto menzione altri antichi scrit-
tori, e mancando ai tempi nostri ogni traccia di tali
giacimenti metalliferi, vien fatto di domandarsi se
Plinio, seguendo antiche fonti, in questo brano dove
non parla di miniere ma di un minerale detto cadmea,
non abbia inconsapevolmente, o anche consapevolmente,
inteso di alludere a fonderie di rame o depositi di quel
metallo in Campania. Questa interpretazione non ci
vieta di seguire la nostra ipotesi, secondo la quale la
materia prima o il bronzo stesso, come credo, per la
industria metallica, venisse fornita dai navigatori. È
prudenza il non avventurarsi in ipotesi, per le quali
non è possibile il controllo; ma si può anche ritenere
che il metallo raccolto in Campania pervenisse, per
via del commercio lungo le grandi vallate, a quelle
regioni interne che cominciavano a partecipare al
grande risveglio dell' Italia marittima. Cuma doveva
la sua prosperità alla posizione geografica ed all'an-
tagonismo esistente fra l'elemento ariano invasore e
l'elemento indigeno; antagonismo che in seguito non
ebbe più ragione di essere, col prevalere di questo
ultimo. Certo è che una fitta rete di somiglianze e
di affinità d'ogni genere fra i prodotti industriali di
una regione e quelli della regione limitrofa, per quanto
lo stato delle nostre conoscenze consenta, ci con-
duce ad unire in un solo insieme la più antica civiltà
di Cuma a quella di Capua, dell'Abruzzo aquilano,
dell' Umbria meridionale, del Piceno, delle Marche.
Non già che queste ultime regioni bagnate dall'Adria-
tico, che vantavano una civiltà così remota, sentis-
sero il bisoguo di aprirsi, come i popoli dell' interno
della penisola, nuove vie di comunicazione con la costa
tirrena; il loro commercio con la Grecia continentale,
e più ancora con le coste a nord dell'Adriatico, non
dovè poi ricevere, meno che nei primi tempi dello
spostamento, un forte contraccolpo. Di questa condi-
zione dobbiamo fare gran conto nello studio della
civiltà primitiva di Cuma, la quale ha più punti di
contatto con quella dell'Umbria, del Piceno, delle

(') Nat. Hist. XXXIV, 2: « Vena quo dictum est modo fo-
ditur ignique perficitur. flt et e lapide aeroso, quem vocant
cadmeam, celebri trans maria et quondam in Campania, mine
etili Bergomatium agro extreina parte Italiae ». Daremberg et
Saglio, Dictionnaire, s. v. Metalla, p. 1848, nota 34.

Marche, e dell' Italia meridionale, che non ne abbia
l'Etruria stessa. Credo che le regioni dell'Italia cen-
trale sulla costa adriatica abbiano avuto un'impronta
loro propria nella prima fase della civiltà del ferro;
ma credo pure, che per l'affinità etnica e per l'anta-
gonismo con l'elemento ariano della costa tirrena e
dei paesi settentrionali, i popoli delle regioni interne
dell' Italia centrale siensi aperti le vie commerciali a
traverso gli Abruzzi e la Campania, estendendoli lungo
la costa adriatica fino alle Puglie. Di guisa che, a
formare quella che chiamano civiltà del ferro, con-
corsero principalmente due grandi fattori, rappresen-
tati da due centri di evoluzione della civiltà in Italia,
sotto l'influenza dei commerci marittimi. E poiché
questi commerci movevano da punti diversi del mondo
antico, diversi furono gli atteggiamenti e gì' indirizzi
che la civiltà assunse in ciascuna regione rispetto alle
altre, perchè i singoli commerci influirono sulle costu-
manze e tendenze dei popoli dell'Italia, dove essi espli-
carono la propria efficacia. Questi grandi fattori della
civiltà, che in Italia precede il periodo protostorico, non
furono finora tenuti nel debito conto; ed uno di essi,
l'elemento indigeno, rappresentato in origine da Cuma,
fu quasi del tutto negletto, perchè non conosciuto, a
vantaggio dell'altro elemento, l'ariano, cui si attribuì
un' importanza maggiore di quella che ha, interpre-
tando tutto all' inverso la evoluzione della civiltà del
ferro. E badisi, che questi due grandi fattori bisogna
saperli studiare nelle loro prime manifestazioni, che
sono quasi contemporanee, riuscendo poi difficile il po-
terli ravvisare nello ulteriore sviluppo della civiltà
del ferro, per l'influenza reciproca esercitata dall'uno
sull'altro e per quella prevalenza, che l'elemento in-
digeno acquistò dappertutto in Italia.

Le esplorazioni nel Piceno, nelle Marche, nello
Abruzzo teramano e chietino, per ciò che può riguar-
dare questo periodo della civiltà, sono ancora agli inizi.
Alcuni rinvenimenti sporadici, i gruppi di tombe sco-
perti ad Ancona (') a più riprese, un sepolcro di Ba-
sciano (2), hanno già fornito buoni elementi di studio
per cominciare a conoscere la civiltà di quelle regioni
nel tempo, in cui si andavano formando le necropoli
di Tolfa e Allumiere, di Cuma sul Tirreno. Non ab-

(') Not. scavi, 1902, p. 437; 1910, p. 334 sgg.
(") Id., 1896, p. 515.
 
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