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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 22.1913

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Gàbrici, Ettore: Cuma
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https://doi.org/10.11588/diglit.11259#0343

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COMA

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mente opposte, volendolo alcuni riannodare a prototipi
micenei e attribuendogli un'antichità molto remota,
altri abbassandolo al periodo ellenistico. Le osserva-
zioni fatte all'epoca dello scoprimento ed i confronti
con tombe dimane d'età ellenistica, per ciò che riguarda
alcuni particolari costruttivi, hanno tanta forza da ri-
muovere ogni dubbio circa l'età del monumento. Si
constatò che diversi blocchi di quella tomba erano ser-
viti ad altre costruzioni anteriori, e che alcuni avevano
la faccia esterna rivestita d'intonaco. Chi abbia fami-
gliarità coi monumenti sepolcrali cumani, sa che l'in-
tonaco non fu usato, se non a cominciare dal periodo
sannitico inoltrato, come vedremo. Il vano d'ingresso
all'ipogeo, tagliato ad arco in un unico blocco, è ovvio
nelle tombe a schiena del medesimo periodo, e si pos-
sono consultare nei taccuini dello Stevens gli schizzi
da lui tracciati per le tombe CXVI, CLIV, CLVI,
CLVII ecc. Questo particolare costruttivo continua pel-
le tombe a camera romane (v. nei medesimi taccuini gli
schizzi delle tombe 221 = OLXXVII, 303, 373, 451).
La cornice intagliata nel quinto filare di blocchi del
tamburo ha una sagoma che ricorre in alcune cornici
delle camerette ellenistiche scoperte nella necropoli di
Teano (Monum. ant. Lincei XX, 1910, col. 18, flg. 8) ;
tale riscontro è molto più valido che non quello addotto
dal Pellegrini, il quale afferma, ma non dimostra, che
la tomba a camera CLXXVI sia dei principii del se-
colo III a. Cr., contraddicendo allo Stevens, che l'as-
segnava alla seconda metà del secolo II. Eppure queste
tombe a camera non possono rimontare a Cuma più
in su dei principii del secolo II, come vedremo più
oltre. Ciò non pertanto la prova addotta dal Pelle-
grini non è senza valore, trattandosi di sopravvivenza
di questo particolare architettonico della cornice, e la
sua determinazione cronologica resta giustificata dalle
precedenti considerazioni fatte (').

Abbiamo così passato in rassegna i tipi più carat-
teristici delle sepolture greco sannitiche, quelli cioè
che furono, direi, ufficialmente adottati. Uno fra questi,
a schiena, già preesisteva alla invasione sannitica,

(') Della età di questa tomba si occuparono il Karo in
Bull, di Paletn. XXX, 1904, na. 1-3; il Palroni nella Guida
del Museo di Napoli (a. 1908), p. 487 sg. e in Atti del Con-
gresso internaz. di Scienze storiche, 1904, voi. V, p. 218; il
Pinza, ibid., p. 464; il Sogliano in Misceli. Salinas, p. 67 sg.

Monumenti Antichi — Vol. XXII.

ma in modo quasi sporadico, per influenza etnisca;
ora lo troviamo usato su più larga scala. Non è a
credere però, che la cassa monolita fosse del tutto
soppressa; anzi fu in uso, benché limitatissimo, fino
alla tarda epoca greco-sannitica (es. St., 537 (r). Si
continuò pure il rito della inumazione in casse di te-
gole variamente disposte, quasi sempre poverissime o
prive affatto di corredo, che lo Stevens distingue nei
suoi taccuini col nome di tegole greche (2), per
la qualità della creta che non è di epoca romana.

2. Classificazione delle tombe greco-sannitiche.—
Venendo ora a parlare della suppellettile dei sepolcri
greco-sannitici, bisogna subito premettere, che le tre
specie principali di tombe, cioè a cassa, a culla, a
schiena, formano un grande complesso quasi omogeneo,
e ciascuna di esse presenta, in misura più o meno
accentuata, le medesime fasi che la civiltà greca attra-
versò a Clima, dopo l'arresto repentino e l'isolamento
subiti per l'invasione sannitica. Meno evidenti appaiono
queste fasi per le tombe a cassa, le quali hanno vice-
versa alcune singolari caratteristiche mancanti alle
altre; epperò meritano che se ne parli separatamente.
Il culmine di ciascuna fase è rappresentato da sepol-
ture che chiameremo tipiche, nelle quali la sup-
pellettile contiene in grado eminente i prodotti della
industria locale o quelli d'importazione. Procedendo
con questi criteri! di selezione risulta evidente, che
nell'età greco-sannitica si ebbe, dopo una lunga pausa,
un grande risveglio dell' industria ceramica a figure
rosse, nella cui fase discendente si manifesta una
ripresa dei commerci greci, che è connessa con la pre-
valenza quasi assoluta di ceramica a vernice nera.

(') St., 537 (30 marzo 1884). Dal p. di c. m. 4,70 ; cassa
monolita da E. a 0. (0,98 X 0,49 X 0,35) ci fondo rivestito
di stucco, e con avanzi appena visibili di uno scheletro di bam-
bino. Conteneva, presso il capo, un orcioletto di cm. 7; al
petto un braccialetto di ferro ; ai piedi un aryballos di creta,
alto cm. 11, e un orcioletto alto cm. 8.

Altre casse monolite di epoca sannitica sono quella sco-
perta il 4 apr. 1880 nel fondo di Giov. Palumbo, quelle degli
8 giugno e 4 luglio 1880 nel fondo Pascariello, e le seguenti
rinvenute nel fondo De Costanzo: 15 genn. 82; 8 ott. 82 (con
vaso fusiforme a figura nera); 31 die. 82; 29 aprile 83= St. 490
con ossa combuste?) ; 20 maggio 83; 2 marzo 84; 16 marzo 84
(due sepolcri).

(a) Tali sono le sepolture del 10 apr. 1878 (fondo di
Giov. Palumbo); del 20 maggio e 1 giugno 1878 (fondo di
Gius. Esposito); del 19 maggio, 8 giugno, 18 luglio 1880 e 12
nov. 1881 (fondo Pascariello).

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