Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 22.1913

DOI Artikel:
Gàbrici, Ettore: Cuma
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.11259#0374
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
735

COMA

736

l'Impero l'uso delle sepolture di tegoli, delle depo-
sizioni di scheletri o di cinerarii nella nuda terra;
alcuni cinerarii si trovarono custoditi da una scatola
di piombo, come si osservò a Capua (Raoul-Rochette,
Fouilles de Capue, p. 39) ed altrove. Nella Raccolta
Cumana si conserva un' olla con simile involucro
(n. inv. 85880); cfr. Statistica delle tombe, 28 ot-
tobre 1881.

Molto fu spogliata in epoca romana la necropoli
di Cuma. I Sanniti distrussero per costruire le loro
tombe; i Romani distrussero e spogliarono: spoglia-
rono le tombe a schiena e pure quelle a cassa; le
ceneri del defunto lo dimostrano. Segno di epoca tarda
per una tomba a cassa è la presenza di più scheletri ;
spesso il primo fu accantonato nella stessa tomba,
ovvero coperto d'uno strato d'arena, su cui poggia il
secondo. Una tomba a schiena di età sannitica, perchè
senza vano d'accesso nè letto funebre, fu utilizzata
in epoca imperiale per deporvi un sarcofago di marmo
di tipo etrusco, a pareti lisce (Scavo Granata, tomba
XXXI) (»).

I corredi delle tombe romane sono assai povera
cosa; ciò in parte è dovuto alla diminuita importanza
della città, in parte all'uso, generalmente invalso, di
curare piuttosto la parte architettonica, dando alle
tombe un aspetto monumentale, anziché di largheg-
giare nel corredo del defunto. Qualche vaso di creta,
d'un certo interesse, trovasi ancora in tombe del pe-
riodo ellenistico avanzato; uno di questi è lo stamnos
della tomba CLXXII, ad incinerazione (fig. 228, e
tavv. CXIX e CXX).

(') Consultando i taccuini dello Stevens, possiamo ricavare
la prova che i Romani utilizzarono le camere e le tombe a
cassa di tutte le epoche, come dimostra lo specchietto che
segue :

Nel fondo di G. Palumbo: St. 18 (3 febbr. 1878) e St. 21
(10 febbr. '78), a schiena con ossa combuste; 23 giugno '78,
n. 6; id., n. 12, a cassa senza fondo, con scheletro o mucchio
di ossa umane, 9 marzo '79, a cassa senza fondo, con scheletro e
mucchio di ossa ai piedi; 1 giugno '79, a cassa senza fonilo, con
due scheletri divisi da strato intermedio di terra; id., a cassa
senza fondo, rotta e tappata con tegole, e con due scheletri, il
secondo dei quali romano; 31 agosto e 14 settembre '79, a
schiena con ossa combuste.

Nel fondo Esposito: St. 45 (26 maggio '78), a cassa senza
fondo, a inumaz. e incinerazione.

Nel fondo Maiorano: 7 maggio '88, a cassa senza fondo, con
scheletro e ossa ammucchiate; 7 die. '88, cassa monolita con
due scheletri, uno dei quali ammucchiato.

La sagoma di questo cinerario è quella dello
stamnos del secolo quinto, degenerata durante il corso
del quarto, specialmente nelle fabbriche falische e
della Campania. Quivi il coperchio ha una presa
centrale molto espansa (Patroni, Ceramica, fig. 52),
come si osserva in qualche vaso originale attico ( Ven-
dita Borelli, 1913, tav. XX). L'esemplare che illu-
stro è molto più tardo dei citati esempì ed ha il bot-
tone della presa inserito nel tubo verticale, come si
vede nella sezione della fig. 227. La tecnica della
decorazione non è punto nuova, mostrando una ulte-
riore evoluzione di quella degli ultimi vasi a figure
rosse. In questi i particolari interni delle figure sono
tracciati a linee nere, come sui vasi attici del secolo
quinto; e quelli delle parti bianche (nudi di donna
o di bambini; in ultimo, anche le vesti) sono di un
color giallo-rossastro o bruno od anche nero. Della
tecnica dei pittori attici può dare una buona idea il
frammento di cratere incompleto del Museo di Atene
(Nicole, Catalogne vases peints, p. 234, fig. 6). Pino
a quando le figure distaccavano dal fondo nero, è
chiaro che il contorno esterno di esse, già tracciato
prima di riempire gli spazii neri del fondo, veniva da
questo assorbito; tale è il caso della pittura di una
kelebe della Raccolta Cumana (tav. XCVII, n. 2) ('),
che è molto prossima, per lo stile, allo stamnos, ma
alquanto più antica. In essa si mantiene la tecnica
del fondo nero; ma le parti interne delle figure sono
disegnate con la stessa vernice del fondo, e coperte
di varii colori a tempera, come usavasi pei vasi cu-
mani del secolo quarto. Se non che, per la lekane è
più largamente usata la policromia, contrariamente
all' uso del secolo quarto, anche per il bordo del co-
perchio e per il piano superiore della presa.

Ma quando la tecnica dei vasi a fondo nero de-
cadde, e si seguì quella delle lekythoi attiche, si usò
di lasciare scoperto anche il contorno esterno delle
figure, che sullo stamnos cumano venne tracciato a
colori diversi: bruno-verde per le figure bianche,
rosso-paonazzo per le figure a fondo di argilla.

(') Heydemann, n. 38; alt. cm. 17. Sul coperchio: A) Donna
seduta (Nike); tiene una cesta con frutta, sopra una piccola ara;
una donna seduta le sta di fronte, poggiando il braccio sin.
ad un timpano, lì) Fra due donne vola un Eros; un cigno sta
a sinistra, una cassa a destra. La policromia è quasi svanita
 
Annotationen