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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 22.1913

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Gàbrici, Ettore: Cuma
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https://doi.org/10.11588/diglit.11259#0375

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737 ,

Le maggiori analogie si riscontrano sui vasi ca-
noini, del genere della oinochoe pubblicata dal Pa-
troni in Not. scavi, 1899, p. 300, fìgg. 1 e 2. In
questi vasi la tecnica non è simile a quella dei cera-
mografi attici dei secoli quinto e quarto pei vasi a
fondo nero; se ne distacca per la policromia, più lar-
gamente usata.

Diversa è invece la tecnica in quei vasi, la cui
superfìcie era dapprima coperta di una incamiciatura
a latte di calce, come per il kantharos del Louvre
{Monuments Piot, XX, 1913, pp. 167 sgg., tav. XI),
sulla quale il pittore vascolare tracciava, come per
un affresco, gli ornati e i disegni a mano libera, ag-
giungendo quelle gradazioni di colori e sfumature, che
sono qualche cosa di più del freddo contorno di una
arte industriale. Qualche esempio di questa tecnica
trovasi su vasi di Panticapeo (Compie rendu, 1874,
Alias, tav. II, 5-8). Per la qual cosa lo stamnos di
Cuma e vasi affini non può neanche lontanamente
paragonarsi ai vasi di Centuripe, ciré conosco solo per
il prezioso frammento edito in Not. scavi, 1912,
fase. 11, p. 420, il quale, insieme con gli altri, se-
condo il parere dell'Orsi, « rispecchia lo stato e la
tecnica della pittura parietale ellenistica, almeno
quale era in Sicilia ». Vedasi pure il cratere a ca-
lice dell'isola di Lipari, in Journ. of hell. stud., VII,
1886, p. 51, tav. LXII, e il frammento di Centu-
ripe, che ignorasi dove sia, e che non possiamo giu-
dicare convenientemente dallo schizzo del Kekule in
Terrakotten nach Sicilien, p. 55, fig. 119.

Il soggetto rappresentato sul coperchio dello stamnos
è di quelli più comuni su vasi e in bassorilievi di
terracotta e di marmo. Ricorre pure di frequente sui
coperchi di ciste prenestine {Monum. Instit., Vili,
tavv. XXXI; IX, tavv. LVIII, LIX), che per questo
particolare decorativo offrono analogia col monumento
di cui parlo. I mostri hanno tutti e quattro la parte
anteriore di cavallo ; ma due di essi (i due bianchi)
hanno la testa di pistrice (Imhoof-Keller, Thier und
Pflansenb., XXVI, 24; Roscher, Lexihon, col. 2673-
2674; pistrice non ippocampo).

La scena principale dipinta sul corpo del vaso ha
una figura di uomo nel mezzo, contro il quale si av-
ventano due cani; due ninfe fuggono spaventate in
direzione opposta, ed un'altra figura muliebre pare
che non sia in atto di fuggire, ma che sia in attesa
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di quello che sta per seguire. E l'uomo non è rivolto
alle donne, ma cerca di difendersi dai cani. I due
Eroti apteri, rivolti alla figura muliebre che sta in
mezzo, indicano questa come protagonista dell'azione.
La presenza dei cani non lascia dubbio che la rap-
presentazione è relativa al mito di Diana ed Atteone;
e lo schema è conforme a quello di vasi e bassori-
lievi databili dalia fine del secolo quinto in poi. Lo
schema arcaico è diverso e non ci riguarda (Brit.
Mus. Cai., Terra/e., tav. XX B, 375; Orsi, in Not.
scavi, supplem. .912, p. 10. fig. 8; Furtwiingler-
Reichhold, Gr. Vusenm., tav. 115); uno schema si-
mile a quello del nostro vaso presentano un cratere
di Vico Equense (Monum. Inst., XI. tav. XLII). un
fregio a rilievo di Selinunte (Kekule, Terra/c. nach
Sicilien, tav. LVII), un'anfora pugliese (Gerhard,
Apul. Vasenb., tav. XI), una brocca falisca del Museo
di Villa Giulia (n. d'inv. 1601), il noto sarcofago del
Louvre (Clarac, tavv. 113-115), ecc. In tutti questi
monumenti Atteone è rappresentato di fronte e, spesso,
col pedum nella destra sollevata, per difendersi dai
cani. La nostra pittura coglie il momento di poco
anteriore, in cui Atteone si accorge che sta per es-
sere aggredito. La donna in fondo è Diana. L'origi-
nale di essa, con le ninfe fuggenti, doveva essere ana-
logo ad alcune pitture vascolari, rappresentanti il
ratto di Teti (Monum. Irtstit., XII, tavv. XV e XVI).
Nè si può sospettare che trattisi dello stesso sog-
getto sul vaso di Cuma, perchè i cani non hanno
nessun rapporto col mito di Peleo e Teti. Rapporto
ne avrebbero le Nereidi del coperchio; ma questa non
è ragione sufficiente per infirmare la interpretazione
data: anche il sarcofago del Louvre, dove è così lar-
gamente trattato il mito di Atteone, ha sulla fascia
del bordo un rilievo di Nereidi e di Tritoni.

Qualche considerazione intorno allo stile. Non
sempre è osservata la proporzione sulle figure, e non
sempre il disegno è corretto; ma non manca di una
certa grazia l'atteggiamento di alcune figure, come
quella della Ninfa a destra di Atteone. La mano di
qualche figura muliebre è mollemente disegnata; i
volti hanno un ovale o un profilo grazioso. Nella
grande testa muliebre si risente ancor forte l'influenza
dei vasi italioti del secolo quarto. Ma nè la tecnica
del vaso, nè lo stile delle figure, nè la natura stessa
della tomba, in cui il vaso si rinvenne, consentireb-

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