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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Galli, Edoardo: Il sarcofago etrusco di torre San Severo: con quattro scene del ciclo Trojano
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0046

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88

IL SARCOFAGO ETRUSCO DI TORRE SAN SEVERO ECC.

84

denotano le ali non del tutto aderenti al corpo e la
posizione delle gambe (').

Questa scena consta di quattro figure soltanto.

Nel centro si vede Ulisse che ha ghermito Circe
con una mano, e con l'altra armata di spada la mi-
naccia di morte. L'eroe è barbato e a testa nuda;
ha le spalle coperte da una lunga e pesante clamide
(di lana?) abbottonata al collo, come in B e come
in B, e si scorge sul suo petto il balteo da cui pende
la vagina della spada invisibile sul fianco sinistro. Il
resto del corpo è nudo, saldamente eretto sulle gambe
semiaperte e prive di schinieri; il suo viso è atteg-
giato a ferma minaccia, con lo sguardo fisso negli
occhi di Circe, la quale, presa per i capelli, è costretta
a mantenere alta la testa verso di lui.

La dea è vestita di chitone dorico con apoptygma
sopraccinto ; tenta invano con la sua sinistra di stac-
care la mano avversaria che la tien ferma, e con la
destra abbassata sostiene un porcellino vivo a capo
all' ingiù. Ha inoltre calzari ai piedi, orecchini del
solito tipo ad anforetta, e la chioma raccolta in una
specie di tutulus dietro la nuca.

La lotta fra i due protagonisti della scena si
svolge alla presenza di due strani guerrieri, che sono
compagni d'Ulisse già trasformati in bestie. Quello
di sinistra ha la testa di lupo con folta criniera (') ;
ma nel resto conserva la foggia e gli attributi umani :
veste infatti la corazza enea con balteo a tracolla, e
si appoggia amichevolmente con una mano sulla spalla
dell'eroe, mentre l'altra è puntata sul fianco in atteg-
giamento di riposo. Il suo piede sinistro calca un
alto sasso.

A perfetto riscontro sull'angolo destro vedesi l'altro
infelice compagno, il quale non differisce dal primo
se non nella testa, che ha di capro, e nell'atteggia-
mento della mano sinistra sollevata per esprimere un
senso di meraviglia misto a timore, mentre con l'altra
mano aperta in avanti si accosta al braccio di Circe.

L'avventura, di cui qui l'artista riprodusse l'epilogo,
è narrata nell'ultima parte del canto X dell' Odissea,

(') La natura precisa di questo volatile non si può deter-
minare, perchè la parte superiore della testa e del corpo è
perduta. Per le sue proporzioni e per la forma delle ali rac-
colte escluderei che possa invece trattarsi di un'aquila.

(s) Cfr. quanto fu detto alla pag. 44, nota 2 circa la na-
tura infernale del lupo.

dopo la perigliosa fuga dalla città dei Lestrigoni (');
ma non giova ripeterla per intero. Basta rammentarci
che l'isola Eea abitata da Circe, dove scampando alla
strage era pervenuto Ulisse con una sola nave, aveva
una selva di quercie annose intorno al palazzo della
dea; che Euriloco mandato in esplorazione con un
manipolo di uomini nel quarto giorno dall'approdo,
era ritornato a precipizio alla nave per informare
il duce circa il tristissimo caso occorso ai suoi
ventidue compagni, i quali erano entrati tutti in-
sieme nella fatale magione, e dopo aver ricevuto
buone accoglienze da parte dell'abitatrice, erano stati
da costei subitamente cambiati in porci mediante un
beveraggio e il tocco di una sua verga: poiché Circe,
che discendeva dal Sole e dall'Oceano, aveva appunto
la facoltà di trasformare gli uomini in bruti e di am-
mansire le fiere per mezzo di certe sue misteriose
bevande.

Ulisse, dopo avere ascoltato l'amico, non indugiò
ad incamminarsi alla volta di Circe per trarne ven-
detta. Ma lungo la strada gli apparve Mercurio in
sembianze di adolescente, il quale lo istruì sul modo
di comportarsi con la dea per ottenere la liberazione
dei compagni, e intanto gli consegnò un'erba prodi-
giosa (Moli) che avrebbe resa innocua la bevanda di
Circe L'eroe arriva poco dopo presso di costei ; è
ricevuto alla stessa maniera dei suoi compagni ; beve
la tazza offertagli; ma quando viene percosso dalla
magica verga, sfodera il brando e si avventa sulla
donna per intimorirla e costringerla alla sua vo-
lontà.

L'arte antica, prima in Grecia e per riflesso in
Etruria, colse i momenti essenziali di questo episodio
e li riprodusse con tanta rigorosa fedeltà al racconto
omerico, che non sarebbe sostenibile l'ipotesi di una
fonte diversa (2). Il processo di riduzione della nar-
razione letteraria alla forma artistica sarà spiegato
fra breve ; intanto debbo notare che mentre in Grecia
si conoscono monumenti del periodo arcaico inspirati

(•) Odissea, X, vv. 133-399.

(2) Del resto anche gli artefici dei famosi bicchieri ome-
rici illustrati dal Robert, attinsero direttamente dall' Iliade e
dall''Odissea, oltre ad avere avuto a'disposizione — con ogni
probabilità — dei riassunti di poemi ciclici, di tragedie, forse
di ditirambi ecc. : cfr. Romagnoli, Proclo e il ciclo epico,
pag. 117.
 
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