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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Rellini, Ugo: La caverna di Latrònico: e il culto delle acque salutari nell'età del bronzo
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0277

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545

LA CAVERNA DI LATRÒN1C0 ECC.

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venne talora con esso confusa. Questa è più antica ed
inornata. Se ne possono vedere i saggi provenienti dallo
strato inferiore di Pesto, detto neolitico, più probabil-
mente eneolitico, nel Museo preistorico di Koma. È la
ceramica che la civiltà cicladica ha sparso per le isole
dell'Arcipelago fino allo strato eneolitico di Hissarlik.

Questa ceramica ingabbiata ha la superfìcie bril-
lante, verdiccia, rossa, o nera con le tracce ben evi-
denti del brunitoio: appartiene a vasi fini, spesso a
capeduncole di perfetta sagoma carenata, con bella
ansa a vertice assai acuminato come le due di Festo
pubblicate da Colini.

Si deve all'Edgar di aver riconosciuto, nell'am-
biente della civiltà cicladica, a Filacopi nell'isola di
Melos la sostituzione del bucchero nero ottenuto con
l'aggiunta all' impasto di un ingrediente che egli cre-
dette, forse non giustamente, resinoso, alla ceramica
più antica soltanto ingubbiata e lucidata con mezzi
meccanici (').

Il bucchero primitivo, con superficie nero-lucida,
graffito, benché comparso un po' più tardi, a Creta
scompare nel fiorire della civiltà minoica del bronzo,
in cui trionfava la ceramica dipinta: perdurò invece
altrove. Cnosso nello strato più basso del deposito che
si considerò neolitico, cioè, nei primi due metri, ha dato
soltanto ceramica lustrata. Il vero bucchero insieme
con la ceramica dipinta che in seguito lo sostituisce,
compare soltanto nel Subneolitico di Evans, cioè ben
sei metri più in alto. Lo scavo del Mosso a Festo,
col quale egli credette senz'altro risolta la questione
dell'origine della ceramica dipinta italiana, non con-
traddice, ma conferma cotesto risultato. Invero, benché
egli creda Festo neolitico, e non del minoico primi-
tivo, per la presenza di armi di pietra, di coltelli di
ossidiana e di un idolo di terra non cotta, tuttavia
deve riconoscere e insiste nel ripetere che Festo è
posteriore a Cnosso. I frammenti di bucchero nero
inciso assolutamente mancante nello strato profondo
di Cnosso erano a Festo rarissimi, come notava anche
il Pernier (2).

(') Per lo caped. di Festo, Colini, li.P.L, XXX, 1904,
pag. 186, figg. 22, 23. — Edgar, Excavations at Phylakopi
in Melos.

(2J Mosso, in Mon. ani., XIX, col. 187, 188. La collina di
Festo fu occupata « molto più tardi » di quella di Cnosso ;
cosi Mosso in Escursioni nel Mediterraneo, 1910, pag. 317.
Pernier, in Mon. aut., XII, col. 424.

Monumenti Antichi — Vol. XXIV.

Ultimamente, il Franchet ha ripreso lo studio del
neolitico nell' isola di Creta, instituendo nuove ricer-
che. Il suo lavoro non è ancora venuto in luce, ma
da una sua comunicazione preventiva si rileva che
egli ritiene come più probabile l'arrivo dei primi abi-
tanti di Creta alla fine del neolitico e forse al prin-
cipio del rame. Fu allora che si occuparono prima,
secondo lui, le località di Tripiti e di Rousses da
poveri pescatori, in seguito, le celebri colline di
Cnosso e di Festo (1).

In rapporto con la più lenta marcia della civiltà
mediterranea nella penisola balcanica, o sorto indi-
pendente come altri può credere, il bucchero nero
inciso comparve più tardi, nell'età del bronzo, a Dimini
e Sesclo e negli strati più alti tessali, mentre un
bucchero primitivo graffito, associato all'ossidiana,
appare già nell'eneolitico sardo di Anghelu-Ruju.

Nello strato eneo di Dimini e Sesclo, il bucchero
nero con le incisioni riempite di sostanza bianca, si
associa alle anse cornute e alle anse delle scodelle,
larghe, con foro rotondo, agli accenni di spirali pla-
stiche, alla frequenza dei cordoni plastici disposti
elegantemente e in vario modo intaccati, come ho
notato nelle capanne e nella caverna di Latrònico.

Sono a tal riguardo specialmente interessanti le
urne di Klicevac studiate dal Vassits, sulle quali
si fondono i due diversi stili della tecnica graffita:
quello geometrico e quello di ispirazione naturali-
stica. Coteste urne spettano peraltro a un momento
più tardo, probabilmente al periodo di transizione dal
bronzo al ferro (2).

Indubbiamente le prodigiose scoperte di Creta
hanno di molto allargato il campo del pensiero, ma
taluni problemi furono piuttosto posti che risoluti.

Non è ancora possibile legare in una sintesi sicura
gli strati dispersi in regioni lontane, ove la civiltà
mediterranea lasciò le tracce del suo moto progres-
sivo, distinguendoli da quelli in cui essa segnava una
stasi del suo fatale andare, per men felici condizioni
ambientali o per altre ignote ragioni. Fenomeni questi
che l'etnografia comparata dei viventi ci ripresenta

(*) Franchet, Le neolithique dans l'ile de Créte, in Revuc
anthropologique, 1914, nn. 7-8.

(2) Vassits, Révue Archèologique, 1902; Brit. Sch. Atti.,
XIV, 1907-8, pag. 336, 39.

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