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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Rellini, Ugo: La caverna di Latrònico: e il culto delle acque salutari nell'età del bronzo
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0309

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LA CAVERNA DI LATRÒNICO ECC.

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e nella immaginazione protosarda assume l'aspetto
del toro muggente nei baratri sotterranei o nelle ea-
verne profonde di oscurità e di mistero e nelle sponde
del mare flagellante, irrequieto e mormorante ». Figu-
razioni taurine sacre, appaiono frequenti, in monu-
menti sardi primitivi, come nell'ambiente religioso
della civiltà mediterranea. Certo nei templi a pozzo,
l'acqua preziosa con tanta cura raccolta nella sua
conca ipogea, è il fulcro materiale e ideale del tempio.
Dinanzi all'acqua, nel pronao superiore, sta l'ara per
i sacrifici, e, intorno, i banchi su cui si lasciavan le
offerte: il sangue delle vittime sacrificate sull'ara,
vien raccolto con la più scrupolosa cura acciò nop ai
disperda e non si mescoli con l'acqua sacra.

Come bene è stato dimostrato, un innegabile paral-
lelo esiste tra il supremo dio dei sardi e lo Zan Kre-
tagenes, del quale con meraviglia era additato il
sepolcro: entrambi numi mortali (*).

Ma nel culto antichissimo per" gli avi eroizzati
dormienti nelle tombe di giganti, che a grado a grado
saliva alla concezione del sardus pater, anche, in
seguito, confluiva e si fondeva un elemento natura-
listico: l'acqua, sanatrice dei morbi, fecondatrice del-
l'arido suolo e però così preziosa ai Sardi, purifica-
trice di una colpa anche oggi grave pe' Sardi, dive-
niva lo strumento del dio liberatore.

Lo Zeus degli antri ideo e dikteo, famosi, certo
continuava una più antica divinità preellenica e si
può pensare col Pettazzoni che ei fosse lo stesso dio
minoico di Cnosso, ivi coi caratteri di una divinità
guaritrice, come lo Zeus del monte Juktas dominante
la pianura di Cnosso o venerata nel santuario di età
mediominoica di Pestofà presso Palekastro. Stanno
nel materiale dei santuari del monte Juktas e di
Pestofà. riproduzioni di membra umane, e copia di
minuscoli vasetti votivi, raccolti anche nell'antro ideo
e dikteo come nelle caverne italiane della Pertosa,
di Re Tiberio, e in taluni stipi euganee.

Mancano sul territorio della Penisola apenninica
resti monumentali primitivi comparabili a quelli che
la civiltà mediterranea lasciava nelle sue principali
sedi, perchè qua l'espandersi della civiltà terramari-
cola soffocava il libero svolgersi della cultura eneo-

litica. Ma è lecito ritenere che fenomeni analoghi di
sostituzione e di contaminazione dei culti primitivi
dovevano compiersi nel buio mistero di taluna delle
caverne sacre che abbiam riprese in esame.

Soprattutto nelle caverne del Farneto, di Re Ti-
berio, di Latrònico e di Pertosa, il materiale dimostra
una corrente nuova, diversa dalla neolitica. Ma nella
caverna di Frasassi la venerazione per l'antro comin-
ciava quando in esso si deposero le sepolture eneoli-
tiche, mentre è certo che in esso non esiste una necro-
poli di cremati dell'età del bronzo che pur vi lasciava
tanta copia di materiali. Le tracce della stazione enea
stan certo al di fuori, come gli ossuari enei son da
rintracciare tra i più arcaici di quelli del Pianello.
Così son forse dell'età della pietra le sepolture che lo
Scarabelli trovò a contatto con la roccia gessosa, nello
strato più basso della caverna di Re Tiberio, mentre
l'età del bronzo, che pure ha dato anche in questa
caverna il materiale più abbondante, non ha fornito
affatto tracce di sepolture.

Ad un cambiamento del rito funebre nella caverna
del Farneto pensò il Brizio, quando ammise che in
essa, dalla stessa stirpe, il rito della inumazione
fosse stato in seguito mutato in quello della crema-
zione. Ma gli scavi eseguiti posteriormente, come
abbiamo detto, escludono assolutamente l'idea di una
necropoli di cremati. E poiché il Brizio rilevava che
dopo l'età del bronzo la caverna non era più stata
visitata, così è probabile che all'età della pietra risal-
gano le inumazioni di cui si trovaron le tracce, ma
le genti che nell'età enea visitavano l'antro apparte-
nevano ad un'altra stirpe, od almeno tutt'altra era
la ragione della loro sosta nell'antro come nei casi
precedenti.

Certo invece una contaminazione di riti diversi av-
veniva nella caverna di S. Michele di Ozieri. Le co-
lonne, prima erette sulla bocca del pozzo d'accesso,
precipitando, suggellavano per sempre e ci conserva-
vano intatto quel deposito, che dovette formarsi, come
indicò il Porro, nell'eneolitico più tardo di Angbelu-
Ruju, o, meglio nell'età del bronzo. Notevole la pre-
senza della spirale che per la prima volta compare
in Sardegna (').

(») Pettazzoni, loc. cit., pag. 128 sg,, 213 sg.
Monumenti Antichi — Vol. XXIV.

(*) Interessa rilevare che qui la spirale, secondo le osser-
vazioni del Porro, è d'inspirazione empestica, e mostrasi anche

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