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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Ghirardini, Gherardo: Gli scavi del Palazzo di Teodorico a Ravenna
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0414

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819

GLI SCAVI DEL PALAZZO DI TEODORICO A RAVENNA

820

gente esplorazione i resti della celeberrima porta
Aurea, che conoscevamo per la nota iscrizione ('). di
cui si ricuperarono nuovi frammenti. Ebbene: il li-
vello della Porta Aurea che spetta all'età di Claudio
(a. 43 dell'èra volgare), giaceva a 59 cm. sotto il
comune marino.

L'anno 1912 tornarono casualmente in luce fra, il
tempio di S. Vitale e il mausoleo di Galla Placidia
gli avanzi di una casa romana con musaici di sem-
plici e puri disegni; e questi giacevano a 65 cm.
sotto il livello del mare (2). Per quanto si debba
tener conto delle ondulazioni dell'antico suolo raven-
nate, non si può negare che la corrispondenza appros-
simativa della profondità del piano originario de' nostri
edifici con la Porta Aurea e con la casa romana sco-
perta presso S. Vitale suggerisce spontanea la conget-
tura che questi monumenti siano press'a poco contem-
poranei : gli uni e gli altri dell'età classica imperiale.

Ma tutti gli altri dati raccolti nello scavo con-
corrono a confermarlo: la qualità della malta a finis-
simo impasto bianco o roseo, la tenace e compatta
struttura del calcestruzzo che reggeva i pavimenti
inferiori; i mattoni romani di grandi dimensioni, ado-
perati interi con regolarità costante nella costruzione
delle parti più antiche dei muri; i bolli laterizi rac-
colti, accennanti a officine del I secolo ; la perfezione
e bellezza singolare del frammento di pavimentimi
sedile venuto in luce nel più basso strato della
stanza D; la tecnica precisa e perfetta de' musaici
del primitivo livello a tessere regolarissime, sempli-
cemente bianche e nere, del portico A, e di quelli,
un poco superiori al livello del pavimentimi sedile,
delle stanzette d, d„ d,„; la pura semplicità e l'ar-
monia parsimoniosa degli ornati lineari di tutti questi
più antichi musaici bianchi e neri; finalmente la
scoperta di antichità classiche che giacevano disse-
minate fra le ruine, le quali, ancorché erratiche, sono
pure indizi abbastanza eloquenti dell'ambiente pagano
e romano in cui dovevano originariamente trovarsi;
nè si capirebbe che oggetti come la maschera satirica,
resto di bassorilievo di stile ellenistico affine al noto
esemplare di Napoli, il bel torso fìttile virile ignudo,
alcune fra le lucerne di fine argilla di forma elegante,

0, 1. L., XI, 5.
Tp) Cfr. Nave, in Notizie degli scavi, 1915, pag. 235 e sgg.

con iscrizioni e con emblemi mitologici classici, al-
cune stoviglie di terracotta di tipo più antico avessero
potuto per mero caso venire ad accumularsi in luogo
ove nessuna traccia esistesse di abitato romano, in
mezzo a un edificio sorto la prima volta nell'età
ostrogota.

Da questo complesso di condizioni e di fatti si
desume agevolmente la esistenza di fabbriche ro-
mane là dove la tradizione colloca il palazzo di Teo-
dorico.

Senonchè un tale fatto non contraddice punto, anzi
getta una nuova luce sulla tradizione medesima;
perocché si hanno veramente in quelle fabbriche, come
abbiamo detto, le prove di successive modificazioni e
adattamenti di esse ad usi posteriori al tempo della
primitiva loro costruzione, nonché della edificazione
di parti nuove aggiunte alle antiche (1).

(') Non voglio astenermi dall'accennare qui a ciò che fu
scritto contrariamente a queste mie constatazioni, fondate sul-
l'esame obiettivo dei fatti, da un artista ravennate, il prof. Gae-
tano Savini, morto recentemente e meritamente compianto.
Egli visiti') più volte gli scavi del palazzo di Teodorico e ne
trasse anche fotografie, come fece di moltissimi altri monu-
menti non solo di Ravenna, ma dell'intera provincia: foto-
grafìe che, insieme a una serie di disegni, furono nell'anno
passato esposte e che sarebbe desiderabile fossero avocate a
qualche pubblico istituto. Ma, se egli era animato da culto
fervente e devoto per le memorie della sua terra, non egual-
mente si mostrò giudice equanime, nè critico severo dell'an-
tichità e dell'arte. In un libro che accoglie svariate note e
articoli polemici (Per i monumenti e per la storia di Ravenna,
1914) egli dedicò qualche pagina agli scavi del palazzo di
Teodorico (pp. 69-76). I brevi cenni descrittivi dell'edifìcio
sono superficiali, lacunosi, insudicienti a farne conoscere l'im-
portanza topografica e storica. Basti notare che (pp. 70-71)
egli parla del « quadriportico pavimentato a musaico di sva-
riati disegni geometrici, anche con qualche figura di guer-
riero, lottatore di belve od altro ». Ora qui egli confonde
evidentemente due pavimenti ben distinti : il superiore a di-
segni geometrici, il secondo a scene figurate dell'anfiteatro e
del circo, che noi abbiamo diligentemente analizzato e inter-
pretato dai poveri resti venuti in luce.

Anche: il Savini nega in modo reciso, alludendo (pp. 75-76)
a qualche moderno archeologo, che si possa ammettere l'esi-
stenza di un palazzo anteriore a Teodorico. E accusa l'archeo-
logo — che pare sia proprio io — di u porre in un sacco »
la tradizione storica, parendogli che da una lettera di Cassio-
doro (è la V del libro VII delle Variae, che può vedersi nei
Monum. Germ. hist., pag. 204) si desuma che il palazzo teo-
doriciano sia stato costruito ex novo con grande magnificenza.
Ma il costruire un grandioso palaszo non esclude che si tragga
profitto di fabbriche preesistenti ; nè tutto il testo di quella
lettera del celebre segretario del principe ostrogoto autorizza
l'interpretazione del Savini, contraddetta in modo assoluto dai
risultati dello scavo stratigrafico.
 
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