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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Ghirardini, Gherardo: Gli scavi del Palazzo di Teodorico a Ravenna
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0415

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821

GLI SCAVI DEL PALAZZO DI TEODORICO A RAVENNA

822

Per formarci una chiara idea del loro graduale
sviluppo storico, prendiamo le mosse dal braccio A,
del quadriportico, dove più distintamente e in più
larga misura che altrove, si sono conservati i pavi-
menti stratificati. In questo portico sono adunque
quattro: il quarto e più profondo a cm. 67, il terzo
a 47, il secondo a 4 cm. sotto il livello del mare;
il primo a 5 sopra il detto livello.

La prima innovazione del pavimento del portico
avvenne dal quarto al terzo livello.

Alle tessere bianche con crocette di tessere nere
si sostituirono le tessere policrome marmoree ed anche
vitree; ai semplici ornati lineari, rappresentazioni
figurate.

Questa prima elevazione del piano del fabbricato
deve essere avvenuta ancora nell'età imperiale; forse
nell'età imperiale decadente. Ma — si badi bene —
del terzo pavimento del portico A, quasi più nulla è
rimasto, fuorché qualche striscia lungo le pareti e nel
fondo della cloaca che fu più tardi costruita proprio
al livello del pavimento stesso. Solo i residui di
qualche figura ci fanno pensare che fossero in esso
musaico effigiate scene del genere di quelle che figu-
rano nel livello superiore. Inoltre dai pochi residui
rimasti si vede che erano state adoperate tessere per
qualità, grandezza e colori identiche a quelle adope-
rate poi nel secondo livello.

Dalla sovrapposizione di questo secondo pavimento
al terzo, con simili tessere, e probabilmente con ana-
loghe rappresentazioni figurate, e dal fatto che l'infe-
riore è quasi interamente scomparso, mi pare si possa
argomentare che, disfatto questo, forse le tessere, ora
mancanti, che lo componevano, siano state per gran
parte rimesse in opera nel pavimento superiore.

Nè è difficile rendersi conto della ragione di questa
grande elevazione di 43 cm. del 2° sul 3° livello del
portico ; anzi la presenza della cloaca che ad oriente fu
costruita al di sopra di questo e che lo attraversa, di-
mostra nel modo più evidente che si doveva porre
riparo a condizioni oltremodo sfavorevoli del fabbri-
cato qui costruito e difendere il pavimento dalle fil-
trazioni acquitrinose.

Ora, questo secondo pavimento appunto, molto
rialzato sul terzo e che io non riguardo come opera
originale, ma credo probabilmente rifatto a imitazione
del precedente, sono propenso a riferire al tempo teo-

doriciano, nel quale il vecchio edilizio, già restaurato
nel processo della età imperiale, sarebbe stato sog-
getto ad un ulteriore rinnovamento. Esso avrebbe an-
che allora serbato una fisonomia pienamente classica,
come è attestato dalle scene dei ludi circensi, dei
combattimenti gladiatori e delle cacce qui effigiate,
le quali sono improntate agli schemi e ai temi usi-
tati da lungo tempo in molti notissimi musaici di
edifici imperiali: terme, ville palazzi.

Che un siffatto genere di musaici potesse ancora
mantenersi in uso durante il regno del re barbaro
(493-526) non può recare meraviglia, quando si pensi
alla continuità della tradizione romana alla quale egli
si mantenne fedele e s'inspirò nella sua opera di edi-
ficatore, come risulta dai musaici della chiesa di
S. Apollinare che possono riferirsi all'età sua e dal
fatto ch'egli si valse per le sue costruzioni ravennati
d'artefici romani: fatto attestato da una lettera di
Cassiodoro (*).

Quanto ai soggetti rappresentati, giova ricordare
che in Italia, fuori di Roma, appunto a Ravenna, ol-
treché a Capua, si erano instituiti i ludi imperiali,
come risulta dalle testimonianze degli scrittori (2);
e, sebbene le scuole imperiali gladiatorie si siano
chiuse nel 399, simili spettacoli seguitarono a pro-
dursi e si protrassero fino alla metà del secolo VI (3).
E che spettacoli del circo e dell'anfiteatro fossero
dati dallo stesso Teodorico è espressamente attestato
dall'Anonimo Valesiano (4).

Scene di combattimenti di fiere, come di gare
circensi, si trovano infatti espresse ancora in nume-
rosi monumenti dell'età bizantina (B).

(*) Corrado Ricci ha posto in bella evidenza la romanità
dello stile ne' musaici di 8. Apollinare: Ravenna (Bergamo,
1906), pag. 19 e segg. Cfr. Rivoira, op. cit., pag. 270. La let-
tera di Cassiodoro è la VI, libro 1° delle Variae (Catsiodori
Variae in Monumenta Germ. historica, 1894, pp. 16-17).

(2) Sui ludi ravennati ved. Svetonio, Gaes. 31 ; Plutarco,
Gaes. 32. Cfr. Lafaye in Daremberg e Saglio, Dictionn. II,
pag. 1580.

(3) Lafaye, op. cit., pag. 1599.

(4) Vedi la nuova edizione dei Theodericiana dell'Ano-
nimo Valesiano in Rerum italic. scriptores, XXIV, IV, pag. 16,
§ 14. a ... exhibens ludos circensium et amphitheatruum, ut
etiam a Romanis Traianus vel Valentinianus, quorum tempora
sectatus est, appellaretur ... ».

(5) Cfr. Diehl, Justinien et la civilisation byzantine au
VIe siècle (Parigi, 1901), pag. 439 e segg. Trattando il Diehl
 
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