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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 25.1918

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Taramelli, Antonio: Il Tempio Nuragico di S. Anastasia in Sardara (Prov. di Cagliari)
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https://doi.org/10.11588/diglit.9138#0053

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II, TEMPIO NURAGICO DI S. ANASTASIA ECC.

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Per la struttura del tempio e per taluni elementi
presentati, quali la camera sotterranea, la scala di
accesso, i botili, la fossa sacrificale, sono sorprendenti
i confronti sia con il mundus del Foro romano, già
ricordati dal compianto L. A. Milani, per il tempio
di Serri, che con gli alti luoghi di Canaan, ai quali
io pure feci cenno a quel proposito i1). E più ancora
che con gli « alti luoghi » il rapporto è più strin-
gente con alcune di quelle caverne artificiali, con
fosse di sacrificio, recentemente esaminate negli « alti
luoghi » di Canaan. Presento qui, come esempio e
come confronto, il sotterraneo trovato a Tell-el-Taan-
nack, dal Sellin, sotto le rovine del tempio di Istar-
vassur (fig. 108, 109), datato del secolo XV a. C. per

degli avi, appare nella grotta di S. Michele di Ozieri (Taramelli.
Not. scavi, 1915; Porro, Bull. Paletti. Rai, 1915), e forse anche
in quella di Urzulei, che ci fornì materiale indubbiamente vo-
tivo (Not. scavi, 1904; B. P. I., XLII, 1917). Il prof. Rellini
(op. cit, col. 113, 160). accogliendo i dati letterarii ed archeo-
logici sul culto delle acque in Sardegna, nel suo pregevolis-
simo lavoro sulle acque Salutari nell'età del bronzo, collega
il culto delle caverne con quello delle acque correnti e salu-
tari ; egli ha con molta diligenza raccolte le traccie di tale
culto nelle caverne della penisola italiana, proseguendo gli
studi e le osservazioni che il Pigorini ed il Szombaty hanno
per i primi espresso in proposito. Riconosce anch'egli, però,
come già ebbi ad esporre, che nell'antro di S. Michele di
Ozieri si ebbe una contaminazione di riti diversi, con una pre-
valenza del culto dei morti e di divinità catactonia a quello
delle acque. Io ritengo, anzi, che il concetto di un culto a di-
vinità catactonia, per quanto si trovi unito a quello delle
acque, abbia avuto una origine a sè ed un decorso distinto.

E veramente notevole il materiale di osservazioni che il
Rellini ha raccolto dalle indagini sue e di altri studiosi in
tutta la regione italiana e veramente utili sono i raffronti da
lui istituiti, massime con l'ambiente tessalo balcanico, per la
tipologia e la cronologia dei depositi e delle stipi votive col-
legate con le grotte dell'età del bronzo. Ma io ritengo che le
notizie letterarie, e gli importanti dati archeologici sinora esi-
stenti non permettano di accettare completamente l'opinione
che il Rellini desume dal prof. Pigorini e che egli esprime
come un assioma, che cioè « l'attribuzione del culto delle acque
ai popoli di stirpe terramaricola, quale apparve già al Pigorini,
... sembra meglio rispondere così alle conoscenze del mate-
riale paletnologico di cotesti due gruppi fondamentali, come
alle deduzioni che da esso è logico trarre riguardo al genere
di vita, le idee, la mentalità delle due stirpi».

Noi possiamo trarre conclusioni tipologiche dall'esame dei
materiali delle grotte votive, indubbiamente del bronzo, con
stringenti rapporti con la civiltà delle terramare; non credo
però che ne possiamo trarre con tanta sicurezza deduzioni
etniche, o almeno quelle che il Rellini tenta accogliere.

(L) L. A, Milani, Il tempio nuragico di Serri e la civiltà
asiatica in Sardegna (Rend. Lincei, 1910, pag. 579 seg'.j.

Monumenti Antichi — Vol. XXV.

le tavolette cuneiformi scoperte nelle sue rovine
Anche in questo edificio sotterraneo, che il Sellin de-
finì come una fossa per sacrifici (Opferanlage), ab-
biamo la cella sotterranea, con le scale d'accesso e
canaletto che conduce in basso alla cavità della cella
le offerte di sangue. Ma non sappiamo però se a
questa analogia nella struttura e nella forma corri-
sponda una identità nella concezione ideologica reli-
giosa e se si debba trovare infine un rapporto, il che
non nego nè escludo a priori, tra questi culti orien-
tali ed il culto sardo primitivo. A più chiari rapporti
accennano le rappresentazioni ed i simboli espressi
dalle pietre con sporgenze mammillari, dalla pietra
a seziono di cono e dalla testa taurina.

Il culto delle acque, in sorgenti o in caverne, ha latissime
manifestazioni; ed in Sardegna, poi, dove non abbiamo alcuna
prova di elementi etnici « terramaricoli », si manifesta con
tanta evidenza ed imponenza da escludere che esso sia un fe-
nomeno d'importazione e da ritenerlo invece patrimonio fon-
damentale della stirpe sarda. Lo stesso Rellini, del resto, pre-
vedendo questa difficoltà vuol rilevare che diversa sembra es-
sere stata l'origine del culto sul territorio della penisola Apen-
ninica ed in Sardegna, ammettendo, col Pettazzoni, le pratiche
ordaliche sarde e sicule ed accogliendo l'idea che le due ìsole
siano state investite da correnti preariane, di origine meridio-
nale, con uno svolgimento indipendente e caratteristico della
civiltà enea (op. cit, col. 163). Ma io penso che per tali culti
naturalistici sia avvenuto un fenomeno analogo di quello che
egli ed altri oggi sembrano accettare per il trapasso della ci-
viltà del bronzo in quella del ferro. Egli, infatti, asserisce
(col. 165) che «l'indagine paletnologia è via via venuta con-
fermando la derivazione della suppellettile della prima età del
ferro da quelle dei terramaricoli, tanto che ormai l'idra etrusca
sembra dalle più recenti ricerche respinta alle ultime trincee
del 6uo linguaggio misterioso. Ma non fu nè potè essere sol-
tanto trapasso e persistenza di foggio industriali, sì bene anche,
in gran parte, eredità spirituale, del che si hanno indubitabili
prove, che insieme si legano ed a vicenda si illuminano ». E
parimenti, io penso, il patrimonio di idee religiose possedute
dai « neolitici » e quindi anche dai protosardi, non andò com-
pletamente perduto nella cultura del bronzo. Il substrato ed
i precedenti dei culti delle acque, come di molte altre conce-
zioni, delle popolazioni italiche dell'età del bronzo e del ferro,
come anche di età storica, si debbono cercare in età neolitica
ed eneolitica, quando si formarono compagini etniche di una
vitalità e di una potenza così multiforme da influire, con i
loro legati ereditarli, sopra civiltà e compagini etniche suc-
cessive, più evolute e meglio dotate. Ecco come il culto delle
acque potè trovarsi in una vasta area, non solo dell'Italia ma
dell'Europa e conservarsi inalterato nei tempi, presso civiltà
diverse e lontane, di genti che sovrapposero o giustaposero le
loro sedi a quelle vetustissime delle schiatte eneolitiche.

(') Sellin, Teli el Taannack, pag. 10, fig. 36; Vincent,
Canaan : Les lieux de eulte en Canaan, pag. 99, fig. 69.

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