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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 25.1918

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Taramelli, Antonio: Il Tempio Nuragico di S. Anastasia in Sardara (Prov. di Cagliari)
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https://doi.org/10.11588/diglit.9138#0069

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il TEMPrO nurag1co di s. anastasia ECC.

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cile e misteriosa dell' indagine del suolo e della estra-
zione ed elaborazione prima dei minerali di rame,
sino a ridurlo ad una condizione di relativa purezza,
allo stato di carbonato, di sulfuio. di metallina, perchè
non potremmo dare ai Sardi il vanto di un lavoro
ben più agevole, quale era la riduzione di detti sol-
furi e del carbonato a metallo e la lavorazione degli
oggetti neeessarii loro nelle forme tradizionali, non
apparse mai nelle serie fenicie a noi note?

Sino a prova contraria io ritengo che fu appunto
la scoperta e lo sfruttamento dei filoni cupriferi del-
l' interno dell' isola che permisero agli abitatori già
in essa stabiliti sino dall'epoca neolitica di raffor-
zarsi più stabilmente e di accogliere più utilmente
i dettami e gli esempii che venivano loro da Egei
e da protoetruschi ed allo stesso tempo di fare a meno
di eccessive e di importune invadenze.

Tratto il rame dall' interno dell' isola, ottenuto
forse lo stagno che loro occorreva dalla stessa To-
scana, senza bisogno di pensare esclusivamente alla
sorgente, ben nota, ma non unica, delle Cassiteridi

dolo nei mortai di pietra sino a ridurlo in frammenti della
grandezza di un pisello, in condizione cioè di essere più facil-
mente fuso e' ridotto finalmente a puro rame. Spero di poter
completare altrove questi cenni, ma quanto qui espongo è suffi-
ciente a mostrare che con un multiforme accanito lavoro, la
gente primitiva della Sardegna seppe rintracciare ed utilizzare,
nelle zone più interne dell'isola, un materiale di tanto pregio
e ridurlo in modo che potesse essere trasformato in metallo, sia
nella valle stessa, come mostrerebbero i pochi resti di fonderia
trovati a Costa Larenzu, sul rio Saraxinus, sia anche traspor-
tato allo stato di rame nero o metallina, di poco volume, in
altri centri nuragici, adatto perciò ad essere ridotto in metallo
ed a formare, con lo stagno, le varie leghe occorrenti per i
bronzi di uso e di ornamento.

lontane (*), l'indigeno aveva il mezzo di farsi le armi
e se le fabbricava nelle sue proprie officine, una delle
quali è appunto questa di Ortu Commidu, che forse
contribuì a provvedere di armi la gente tenace del
piano Sardarese, armi di cui fecero forse conoscenza
non gradita gli invasori cartaginesi.

Così possiamo spiegare la indipendenza degli ele-
menti formali nella suppellettile enea protosarda da
quelli fenici e cartaginesi, e così meglio grandeggia,
innanzi al nostro pensiero, questa rude, semplice, fiera
ma altamente originale civiltà primitiva.

Anche oggi, se interroghiamo il pastore, che nei
mestissimi tramonti infocati del Campidano sardo
raccoglie il greggio sull'altura, ai piedi delle dirute
moli dei nuraghi, e gli chiediamo chi furono mai
coloro a cui dobbiamo quelle costruzioni ancora oggidì
imponenti, vi sentirete rispondere, con accento con-
vinto ed ammirativo, di un'ammirazione che è l'eco
dei secoli: genti manna! Gente grande; e grande
veramente. Studiamola adunque e la grandezza sua
ci apparirà tanto più manifesta quanto minori saranno
le nostre prevenzioni e la nostra ignoranza.

(') Per le miniere di stagno della Toscana, mi richiamo
alle brevi note del Blanchard, Bollettino del Comitato geolo-
gico, Roma, 1876, pag. 52. I campioni dello stagno di Monte
Valerio, presso Cento Camerette, secondo le analisi prodotte
dal Blanchard, danno: ossido di stagno 72,10 °/0; ossido di
ferro 3,49%; carbonato di calce 3,34 °/o; piombo e bismuto,
traccie. Cfr. anche Strobel, Bull. Paletn. Ital, anno V (1879),
pag. 28.

Per un'altra officina fusoria nuragica, quello di Monte sa
Idia tra Siliqua e Decimoputzu, vedi Not scavi. 1915, fase. 4°,
pag. 89. In corso di pubblicazione è la ul.izione sulla cam-
pagna di esplorazione intrapresa sul monte (Not. Scavi, 1918).

Antonio Taramklli.

Monumenti Antichi — Vol. XXV.

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