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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 26.1920

DOI Artikel:
Anti, Carlo: Monumenti policletei
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https://doi.org/10.11588/diglit.12554#0349

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880

MONUMENTI POUCLETEI

690

L'ARTE

CAPITOLO X.
La tecnica.

Di Policleto conosciamo oramai in ogni dettaglio Eor-
male ben sede stiline e due leste distribuite in un lasso
di tempo che va all'incirca da poco dopo il 460 al 415
av. Cr., tutto il periodo di vita che Policleto può pre-
sumibilmente aver dedicalo all'esercizio dell'arte. Ab-
biamo così gli elementi per considerare questa attività
artistica nel suo complesso, nel suo divenire, e coglierne
le grandi linee, apprezzando il contributo da essa
pollato al progresso dell'arte greca e quindi di tutte le
arti, che da quella più o meno direttamente ripetono
l'origine.

Primo vanto, riconosciuto a Policleto già dagli an-
tichi (*), era quello della somma finitezza tecnica, per
la quale era concordemene considerato superiore allo
stesso Fidia.

L'estrema finitezza era nelle abitudini tecniche e
nell'indirizzo estetico dell'arte greca del V sec. Questa
esercitatasi da ima parte nelle fanciulle dell'Acropoli,
miracolo di grazia ionica, giunse nell'Attica al classico
esempio dei frontoni del Partenone, meravigliosamente
rifiniti anche nelle parti che nessun occhio umano
avrebbe mai dovuto vedere, l'ormatasi altrove nel
faticoso tirocinio della fusione in bronzo, giunse nel
Peloponneso alle figure ili Policleto, che l'antichità esal-
tava sopra le altre anche per questo particolare. Ma
l'amore alla finitezza, oltreché nello spirito dell'arte
dell'epoca doveva esseri1 anche nello spirilo dell'arte di

(l) Plinio, A'. //.. XXXIV, 56; Quintil., Tmlit. orat., XII,
10, 7.

Monumenti Antichi — Vol. XXVI.

Policleto stesso. Era naturale che Policleto, il (piale,
per l'indole sua speculativa, perseguiva un'ideale di
perfezione delle forme e delle proporzioni, non potesse
scindere da questo ideale quello della finitezza di ogni
dettaglio. Questa, oltreché nel lavoro di lima e di
cesello con cui lo scultore avrà rifinito le sue opero,
sarà cerio consistita nella sua scienza, di fonditore,
provata dalla leggerezza e dall'equilibrio dei bronzi
ascili dalla, sua fucina e dallo splendore della patina.
Di questi aspetti delle opere di Policleto è peraltro vano
sperare di avere un'immagine, una volta perduti gli
originali, sebbene si possiedano repliche in bronzo della
testa del doriforo, dell'Herakles e del diadùmeno lo
(piali si possono presumere e corto sono molto più
vicine all'originale di qualsiasi copia, in marmo.

Le stessi1 riproduzioni a. scala ridotta del diadu-
meno, almeno lo nr'gliori, anche non essondo opera del
maestro nò della sua scuola, lo stosso bronzo di An-
necy, che pure è dell'età di Augusto, ci mostrano (pianto
potesse la toreutica antica, e, uscendo dall'ambiente
della scuola policlotea. confrontiamo la smorta im-
pressiono che producono in noi le copie romane dei capo-
lavori di Policleto con la radiosa bellezza di originali,
(piali l'Idolino (*) e le lesto efebiche di Benevento (*) e
di .Monaco (3). Fra quelle e questi è un abisso.

È dunque vano corcare di immaginare quale do-
veva essere la perfezione e la freschezza, di modellato
e di finitura degli originali di Policleto: con la loro
perdita è perduta ogni possibilità in proposito.

(!) Vedi nota 4, Cap. V.

(-) Th. Homojle, in Monumenta Piot, IV, (1897), p. 169 sgg.;
Bulle, d. sch. il/., col. 469, fig. 134 e tav. 199; Winter, K. in
B., 237, 3-1.

(3) Furtwangler-Wolters, Beschreibung, u. 457, p. 398 sgg. ;
Bulle, d. sch. M., col. 472 sg. e tav. 207 ; Br. Br. tav. 8.

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