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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 26.1920

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Anti, Carlo: Monumenti policletei
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https://doi.org/10.11588/diglit.12554#0378

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747 MONUMENTI

La Penelope Chiàramonti i1) e il discobolo di Mi-
nine (a) invece risalgono certo oltre il 450 av. Cr. e in
essi il ritmo chiuso sembra già molto più sviluppalo
di quanto farà in seguito, grado a grado, Policleto. L'ima
e l'altra opera sono peraltro la traduzione in tutto
tondo di uno schema disegnativó (3) e perciò sono
fuori della serie evolutiva di quella, clic per le sue ori-
gini, è stata detta « statuaria frontale » e alla quale, per
la loro diretta dipendenza dalla serie degli Apollini, ap-
partengono le opere di Policleto.

In quelle il ritmo chiuso della composizione non
solo è dovuto esclusivamente alla dipendenza da uno
schema disegnativó, ma probabilmente è anche del
tutto involontario, non dovuto cioè a una cosciente ri-
cerca dell'artista. Certo non rappresentava per esso,
come per Policleto, il problema centrale della compo-
sizione. Nel discobolo Mirone si proponeva di rappre-
sentare un momento del lancio del disco (4), mentre
l'ignoto autore della Penelope mirava a comporre una
figura di appassionato dolore (5). Questo traducendo

p. 29 sgg. giudicò arcaica l'Afrodite dell'Inquilino in base al cri-
terio mammillare, ma questo, se all'ingrosso è giusto per il pe-
riodo vitale dell'arte greca, perde osfni valore assoluto appena
in questa si fa valere l'erudizione e l'accademismo e i dettagli
messi in rilievo ci dicono appunto che l'Afrodite dell'Esquilino
appartiene a un così fatto indirizzo. Del resto lo stesso Reinach
p. 35 nota l, ammette ciò e ii così detto tipo di Elettra, che è.
creazione del tempo degli Antonini: E. Herkeurath, in athen.
Miti., XXX (1905), p. 245 sgg., è un altro esempio di canone
mammillare arcaico, usato in un'opera accademica tarda.
(!) Vedi nota 4. col. 611.

('-) Paribeni, Guida Mus. Nm. Roma, n. 170. p. 162; Helbig.
F&hrer, IP, n. 1363, p. 156 sg. : Bulle, A. seh. M., col. 186 e tav. 97 ;
Hi. Br. tav. 250, tav. 5(50-67 (L. Curtius. 1904). fcavv. 031-632
(<;. E. Rizzo. 1911); Winter, E. in li., 252. 1-5; Ducati. Arte
classica, p. 315 sgg. e fìg. 305.

(3) Per la Penelope si è pensato addirittura ad un originale
pittorico, del discobolo tutti hanno fatto risaltare i! carattere
disegnativó, quasi di rilievo.

(*) A. Della Seta. Genesi dello scorcio, p. 203 sg. dice che
il merito di Minine si riduce ad aver tradotto degli schemi dise-
gnativi in statuaria libera, adattandoli a particolari situazioni,
giustissima constatazione, che peraltro nulla diminuisce della
gloria ili Mirone e tanto meno muta quella che era l'evidente in-
tenzione dell'artista: rendere situazioni di equilibrio insta-
bile. Soltanto l'ispiratrice non è la natura, come credettero molti,
che parlarono perfino di istantanea del movimento, ma, come al
solito, la tradizione artistica. Anche il discobolo non è una as-
soluta novità, ina il frutto di tale tradizione la quale risale per
lo meno alla Nike di Archermos.

(5) A questo proposito vedasi la recente ipotesi di .1. Six,
Jahrbuéh, XXX(1915), p.80sg. che vi riconosce una àly<w{ibvrj
di Calamide. Per la natura insegnativa della Penelope vedere:
Della Seta, op. cit., p. 202.

POLICLETEI 748

in schema disegnativó il gesto caratteristico di tale
stato d'animo, quindi con semplice intento espressioni-
stico, quello fissando l'istante più transitorio del lancio
del disco e cioè con intento dinamico, giunsero a compo-
sizioni dal ritmo chiuso, ma la ricerca di uno speciale
(lusso di linee era estranea ad ambedue. Che fosse estra-
nea per lo meno a Mirone ci è provato dal Gruppo di
Marsia e Athena, dove il dinamismo prevale tanto su
ogni altra ricerca da donare all'insieme un aspetto
quasi slegato (*).

È difficile giudicare il diadumeno Farnese avendo-
sene una sola copia. Il desiderio di possedere la copia
di un'opera di Fiditi l'orse lo ha fatto valutare al di
sopra del inerito. Ad ogni modo per ragioni stilistiche,
evidentissime nella testa, esso è certo notevolmente
posteriore alle prime opere di Policleto (a) e messo

l'I Helbig, Ftthr'cr, li3, n. 179, p. 18 sgg. ivi la bibliografia
per la ricostruzione del gruppo ; lìulle. il. seh. M., lig. 5)!, col. 244 :
Winter, A', in li.. 253, 1-1: Ducati, Arte classica, p. 316 sgg. e
ligg. 206-297. Vedi da ultimo O. .1. Meier, in Neue Juhrb. hi. Alt.
XVI II (1915) p. 8 sgg. e tav. (citato).

(2) Se effettivamente riproduce l'anadumeno di Fidia sa-
rebbe posteriore al 436av. Or., data della vittoria di Pantarkes,
con il «piale quella statua dovrebbe pur avere qualche relazione,
i' anteriore al 132, anno della morte di Fidia. La questione
dell'anadumeno di Fidia e del Pantarkes è fra quelle sulle quali,
salvo il caso di qualche futura scoperta, sono e saranno possi-
bili tutte le opinioni. In proposito vedi specialmente: Lòschke,
iiber (leu Tod des Phidias.y. 36; R. Schedi, in Sitsungsber. der
k. bayr. Akad., 1888, p. 37; Flasch, Olympia, p. 47, nota 7;
Gurlitt, Pausanias, p. 379 sg.; ('. Robert, in Hermes XX1I1
(1888), p. 444 sgg. ; A. Furtwangler, Meiderwerke, p. 444 sgg. ;
Hauser, in Jahreshefte Vili (1906), p. 49 sg. ; E. Lowy, ibid.,
p. 274; H. Schrader, ibid. XIV (1911), p. 30 sgg. Secondo mei
punti sicuri sono: 1' l'iscrizione navtàQXrjg naXóg sul pollice
dello Zeus (('lem. Alex.. l'rotrept. 53, p. 47; Arnob., adv. nat.
VI, 13; Photius e Snida, s. v. 'Papvovoia Néfieois) perchè ri-
sponde ad un'abitudine schiettamante attica del V sec. quasi di
certo già dimenticata quando l'iscrizione stessa venne scoperta.
Essa è il più sicuro indizio che lo Zeus venne fatto intorno al 430,
data della vittoria del giovinetto Pantarkes. — 2° l'esistenza nel-
l'Aids di una statua di Pantarkes: Pausania, VI, 10, 0, che
quasi certamente non era di Fidia e sul cui motivo di composi-
zione non sappiamo nulla. Rimangono poi l'anadumeno che de-
corava il trono di Zeus nel quale si riconosceva Pantarkes:
Pausania. VI, 11, 3, e un anadumeno nell'Aids, diverso dal pro-
cedente (Robert) e dalla vera statua di Pantarkes (Lòschke), che
si attribuiva a Fidia, ma del quale non si dico che fosse Pantarkes:
Pausania, VI, 4. 5. La spiegazione più semplice sarebbe che anche
questo fosse una statua di Pantarkes (per la probabile mancanza
di iscrizione sulla base vedi Lowy, 1. e), e che esso avesse dato lo
spunto all'identificazione dell'anadumeno del trono con Pantarkes,
ma sembra strano che questi, forse per una sola vittoria, avesse
ben due statue, l.a statua. Farnese, certo attica, potrà giovare a
risolvere l'enimma solo se un gi imo sarà possibile fissare con pre-
cisione lo stile di Fidia nella sua evoluzione. Ad ogni modo resta
 
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