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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 26.1920

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Anti, Carlo: Monumenti policletei
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https://doi.org/10.11588/diglit.12554#0391

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MONUMENTI POLIO LETE I

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stanze, la ragione finanziaria fosse quella elicglielo
aveva impedito e forse fu ancora questa che. poco
dopo il 460, indusse lui o chi per lui a rivolgersi al gio-
vane e oscuro Policleto onde avere l'opera con minore
spesa. A giudicare dal discoforo, all'incirca contem-
poraneo del Xenokles, questo, pur attraverso la stretta
dipendenza dai modelli del maestro e precisamente dal-
l'Apollo dell'Omphalos, fu senz'altro la sicura afferma-
zione delle sue alte doti. Una comprensione più libera
dell'armonia del corpo umano e L'individualità delle
proporzioni adottate ne facevano già un'opera di sin-
golare valore.

I giuochi olimpici del 4f)6 av. Cr. dovettero richia-
mare ad Olimpia una folla inconsueta. E probabile che
proprio in quell'anno si potesse ammirare per la, prima
volta, libero da armature e in tutto il suo splendore, il
grande tempio compiuto, e questo l'atto e le solennità
speciali con esso connesse avranno certo attirato una
folla insolita di curiosi e anche di artisti, cui avrà so-
spinto il desiderili di vedere la, gl'amie opera, oltrecchè
la solita speranza dì ricevere qualche commissione dai
vincitori dell'annata. Nè la decorazione del tempio
era l'unica novità del quadriennio, accanto ad esso
Glaukos o Dionysios avevano collocato il grande donario
di Mikythos e vi era qualche nuova statua di Pitagora
e di Calamide. Al confronto di questi solenni complessi,
intorno ai quab avrà sostato di preferenza la folla dei
visitatori e si sarà affaticata, l'abilità esegetica dei «ci-
ceroni » e di contro a nomi oramai gloriosi, il gran pub-
blico trascurò forse la statua isolata di Xenokles, che un
debuttante aveva scoperto alla gloria del sole del-
l'Eliade. Ma essa non potè sfuggire agli intenditori e gli
artisti si saranno intrattenuti a lungo davanti ad essa,
chi esaltandone le proporzioni nuove e l'armonia della
composizione, che segnavano un progresso anche in
paragone di Pitagora, e di Calamide, chi forse critican-
done l'audacia e rimpiangendo la ieratica stilizzazione
delle figure arcaiche. Gli attici e gli ioni non avranno
mancato di disprezzarne l'inespressività. Ma le criti-
che degli avversari hanno in fondo la stessa funzione
delle lodi degli amici : attirare l'attenzione del pub-
blico sugli sforzi dell'artista, e lo scopo fu raggiunto
anche questa volta. Fra la folla panellenica non manca-
vano certo gli inviati della vicina Pharai e forse, data
la speciale solennità del 456, anche i sacerdoti dell'Her-
mes kóyiog di quella città avranno fatto atto di reve-

renza al santuario massimo del Peloponneso. Pharai
onorava ancora il suo nome con gli idoli arcaici del-
l'àyoud, mentre ben altro occorreva al gusto artistico
del tempo, rinnovatosi febbrilmente dopo le guerre per-
siane. I sacerdoti misero l'occhio sul giovane sicionio,
che tanto prometteva e il contratto fu subito stretto.

L'incarico non era lieve, anzi Policleto dovette com-
prendere che nel simulacro di Pharai egli doveva misu-
rare tutte le sue forze : o mantenere la promessa conte-
nni;! nelle sue prime statue olimpiche e la gloria era
afferrata, o cadere nell'ombra della mediocrità, il genio

10 sostenne perchè nell'Hermes egli tentava per la, prima
volta la, ponderazione, che doveva dargli fama imperi-
tura. 1 cittadini di Pharai avranno apprezzato l'altis-
simo valore dell'opera, scorgendo in essa la rivelazione
di nuove bellezze, o il puro formalismo di Policleto
non li avrà soddisfatti ? Tutto il Peloponneso era per-
meato dell'arte dedalica, eminentemente formali', e

11 consenso della folla non può essere mancato al
giqvane maestro, che, con un'innovazione apparente-
mente piccola, apriva nuove e infinite possibilità all'ar-
monia della composizione.

ha, nuova ponderazione era stata l'idea eentrale
dell'Hermes e Policleto, pervaso da essa, aveva lasciato
in secondo piano il problema delle proporzioni, che
rimasero quelle delle opere precedenti. Ma l'Hermes
era solo una prima affermazione, occorreva progredire
ancora e, non eravamo ancóra al 450 av. Cr., venne il
doriforo in cui le proporzioni erano rielaborate e l'armo-
nia della, composizione toccava i vertici della perfe-
zione in un completo chiasmo di movimenti e di masse.
Se alla notorietà, dell'Hermes poteva aver recato danno
la posizione eccentrica di Pharai, il doriforo, a quanto
pare, trovò il suo posto d'onore in Argo. Ivi generazioni
di colossi dell'arte avevano lasciato i loro capolavori,
ivi vivevano ancora i maestri e si agitava la Eolla degli
emuli coetanei, il trionfo in Argo era dunque (piasi
un trionfo in patria e perciò tanto più significativo,
tanto più ambito : era la consacrazione definitiva della
gloria.

La gioia, del trionfo, la coscienza di avere aperto
nuove vie all'arte esaltò forse il giovane maestro, non
ancora trentenne, e lo distrasse dall'esercizio dell'arte
per trascinarlo alla teoria. A questo forse lo avevano
portato anche gli studi sulle proporzioni dei predeces-
sori, che aveva coltivato fin dagli inizi, ma più ancora
 
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