Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 26.1920

DOI Artikel:
Anti, Carlo: Monumenti policletei
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.12554#0392

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
777

MONUMENTI POLICLETEI

778

devono averlo costretto le discussioni impegnate per
difendere la verità dei suoi principi contro la resistenza
dei tradizionalisti, contro le critiche degli invidiosi. Il
« Canone », intimamente legato al doriforo, deve essere
di quest'epoca e solo ardenti necessità polemiche spie-
gano che un artista così geniale sia stato indotto a
teorizzare nel momento più fervido e più fecondo della
sua attività.

Al successo del doriforo dovette seguire un periodo
di prosperità per il maestro, che, appunto negli anni
immediatamente precedenti il 450, pensò a formarsi
una famiglia. Commissioni numerose e importanti sa-
ranno state la logica conseguenza della sua fama; ina
de<di anni che seguono il 450 noi conosciamo solo il
Kyniskos, che per giunta dobbiamo collocare molto
vicino a quella data. Forse sono di questo periodo il
versatore d'olio di Petworth e buona parte delle opere
ricordate dalle fonti e non ancora identificate, come i
« pueri asimgalizontes » che per l'età ricordano il Ky-
niskos e qualche altra statua atletica come il « destrìn-
gens se» e il misterioso « nudus telo incessens ».

È il periodo in cui portato oramai a pieno sviluppo
con il doriforo il principio dell'armonia, Policleto inizia
la ricerca dell'euritmia, ricerca che appena, accennata,
nel Kyniskos la troveremo, circa un decennio più tardi,
uià pienamente affermata nell'Herakles. Evidentemente
come fra Kyniskos ed Herakles mancano alcuni gradi
interrnedii dell'evoluzione stilistica, così mancano anche
alcuni gradi dell'evoluzione dell'euritmia.

Al termine di questa lacuna, intorno al 440, Policleto
ci riappare con un incarico di altissima importanza :
l'Herakles, fatto probabilmente per Corinto. Non era,
più la statua atletica per Olimpia, che la scuola sicionio-
argiveii aveva, un po' monopolizzato, non era più il simu-
lacro per una piccola città come Pharai o per il pro-
prio centro artistico, ma la commissione veniva danna
delle naggiori città della Grecia, superba di proprie
tradizioni artistiche e di monumenti di incomparabile
bellezza e munificenza. Come »ià Canaco due genera-
zioni prima, anche Policleto veniva ora chiamato fuori
dal proprio ambiente a portare la forza dell'arte sicionio-
argiva in altri centri.

L'Herakles, opera euritmica per eccellenza, ò tutta-
via sotto ogni rispetto una semplice evoluzione del do-
riforo: puro frutto d'art e peloponnesiaca, scevra ancora
di ogni contatto con altri indirizzi artistici. L'opera è

tutta informata al pretto formalismo caratteristico
di Policleto. Come nell'Hermes, così nell'Herakles, nul'a
è concesso all'espressionismo. Si può (piasi dire che
in Policleto sia una certa areligiosità, l'areligiosità che
vediamo in molte formose e umanissime madonne, nei
Sangiovanni e nei Sansebastiani efebici del '500 e in-
fatti al '500 italiano è stato paragonato questo stadio
dell'arte greca.

Vicina all'Herakles è la testa atletica dell'Anii-
quarium, che peraltro, insieme a varie altre sue figure
atletiche, non possiamo localizzare. Policleto sembra
che non abbia mai la vorato per Delfi, e d'alt ronde alcune
di quelle non possono supporsi ad Olimpia, dove sap-
piamo abbastanza quanto ha fatto. Dobbiamo quindi
supporre che un altro grande centro abbia accolto buona
parte della sua produzione, e questo non può essere
che Nemea, di cui pochissimo sappiamo, perchè ai
tempi di Pausania era oramai desolata e perchè la
vanga dell'archeologo ne ha appena tentato il suolo.
Nemea nasconde forse documenti preziosi, specialmente
per l'arte sicionio-argiva.

* *

L'Herakles di Corinto non fu che una tappa verso
mete più radiose.

Odii personali, livori politici avevano improvvisa-
mente travolto ad Atene la fortuna di Fidia. Riuscito
a scagionarsi pienamente dalla prima accusa, quella
di aver rubato parte dell'oro destinato alla Parliti nos,
aveva dovuto soccombere in un secondo processo, pro-
mossogli con l'accusa di empietà dai nemici tiì Pericle,
decisi a colpire in lui il protetto del "rande uomo di
stato, ancora troppo potente per essere attaccato diret-
tamente. Così nel 437, a un anno dall'inaugurazione
della Parthenos, Fidia riparava ad Olimpia, non sap-
piamo di preciso in quali condizioni, lasciando Atene
senza speranza di ritorno. I grandi lavori dell'Acropoli,
che egli aveva ideato e attuato in parte con la colla-
borazione di Iktinos, Mnesikles, KaUikrates e delia nu-
merosa falange di scultori fioriti nel suo studio, erano
ben lungi dal compimento. I propilei in piena costru-
zione, il tempietto della Nike tuttora allo stato di dise-
gno, il Partenone finito nelle parti architettoniche, nelle
metope, nel fregio, mentre il frontone orientale eia
sempre in lavoro e si doveva ancora metter mano all'oc-
cidentale.
 
Annotationen