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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 27.1921

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Galli, Edoardo: Fidia in Etruria
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https://doi.org/10.11588/diglit.12551#0155

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FIDIA IN KTRTJRIA

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celebre hydria ceretana del Museo di Vienna, con Hera-
kles presso Busiride, si vede l'eroe che ha ghermito per
un piede e tiene capovolto uno dei servi del feroce so-
vrano d'Egitto, ed è sul punto di schiacciarlo in terra (1).
Ma - si badi - non si tratta di figure capovolte auto-
nome, come sono invece quelle che ci 'nteressano e che
fanno capo alla megalografia attica. L'esempio più
schietto è offerto dal cratere Blacas, da noi sopra ri-
prodotto (cfr. fig. 7), ed è quello del giovane che si
lancia in mare all'apparire del carro luminoso di Helios.
Ed un altro esempio mirabile per la nostra dimostra-
zione, ma sinora - ch'io sappia - non mai adeguata-
mente valutato, ci è offerto proprio da una megalo-
grafia, da quella cioè che adorna la seconda stanza della
tomba di Tarquinia, detta della « Caccia e Pesca » (2).
Dinanzi a questo monumento superstite della pittura
parietale antica noi dobbiamo un po' soffermarci per
indagarne lo stile e capirne l'origine.

Sullo sfondo della parete dipinta, in alto di faccia al-
l'ingresso, in uno spazio triangolare foggiato a timpano,
si svolge una scena di simposio con figure ed atteggia-
menti di pretto stile ionico - come confermò testò l'Al-
bizzati col confronto de l'ambra Morgan (3) - ma in una
sala che mostra appesi al muro un cestino ed una cetra,
cioè ben noti elementi che incontriamo spesso sui vasi
attici a f. r. e sulle loro imitazioni italiche (fig. 30)
A questo quadretto severo e di genere, ben separato
peraltro dal resto degli affreschi che decorano il unebre
ambiente, da un fascione di undici grosse linee alter-
nate gialle, rosse e nere, va forse attribuita l'idea del
Weege che la tomba tarquiniese della «Cacc'aePesca»
debba risalire al sec. VI av. (>., e debba venir messa

(!) Furtwangler-Reichhold, Griech. Vasenmah, pag. 255,
tav. 61.

Si può anche pensare - per riscontro - alla figura di Neot-
tolemo che ha brandito per un piede il piccolo Astianatte e sta
servendosene a guisa di clava nell'assalire Priamo, su prodotti
ceramici arcaici: cfr. per es. il tripode dipinto di Tanagra della
Collezione Sabouroff a Berlimo (Furtwàngler, Samml. Sabou-
roff, tav. XLIX-3); e l'anfora vulcente pure a Berlino, edita dal
Gerhard, Etruskische und Kampanische Vasenbilder, d. K. Mu-
seums zu. Berlin, tavv. XX-XXI.

(2) Fu edita la prima volta in Mon. Inst., XII, tavv. XIII-
XIV-a; cfr. Brizio in Bull. Inst., 1873, pagg. 79 sg. e 97 sg. ;
C. Sittl, in Ann. Inst, 1885, pag. 132 sgg.

(3) Carlo Albizzati, Un'ambra scolpita d'arte ionica nella
raccolta Morgan, in Rassegna d'Arte. Ottobre 1919, pag. 7 sg.,
figg. 7-8 dell'estratto.

in relazione con la pittura ionica In base però a
quanto ho sinora esposto e per le considerazioni che
sto per aggiungere, io credo e dico subito che tale data
non può corrispondere al vero. - Tra lo schema del
quadretto, separato, del timpano e le vaste pitture
parietali sottostanti, sia pure guardate rapidamente
e nel loro complesso, esiste un distacco, una differenza
notevolissima, che anche chi non ha l'occhio eserci-
tato sui monumenti antichi, è in grado di percepire.
Una maggiore vivacità e freschezza regnano intanto
nelle ingenue scene della pesca con le lenze o' col
rampone a rostnim tridens, e della caccia con la fionda,
e fra gli stormi di uccelli multicolori che si alzano
a volo spaventati, e fra i pesci (simboleggiati dai
delfini) che guizzano sott'acqua (2) o saltano intorno
alle barche dei pescatori sulla superficie tranquilla delle
onde (3). Per quel che noi possiamo giudicare della
perduta pittura ionica in base soprattutto ai monu-
menti dipinti dell'arte ceramica (sarcofagi di Clazo-
mene, vasi a f. n. e pinakes), e in base alle poche stele
dipinte scoperte a Pagasai, ed a poche metope arcaiche
pure dipinte, come quelle del tempio di Apollo a
Thermos, dobbiamo inferire che nulla di simile alla

(!) Cfr. Fritz Weege, Etr. Graher mit Gemàlden in Corneto, in
.lahrbuchàt, XXXI (1916), pag. 145.

Il Weege - nella sua recentissima pubblicazione dal ti-
tolo grandioso, ma non corrispondente all'entità del lavoro,
«Etruskische Molerei » (Halle, 1921) - che dovrebbe essere un
repertorio chiaro e completo della pittura etnisca, ma che tale
pur troppo non è - conferma la sua cronologia a pagg. 65 e 108.

(2) Pausania, X, 28, 2, descrivendo il paesaggio dell'Efebo,
dipinto da Polignoto nella Lesche degli Cnidi a Delfi, e nel quale
si vedeva il fiume Acheronte con canneti sulle rive, pesci guiz-
zanti in acqua, sottili come ombre, e la barca per il tragitto
delle anime, fornisce dei ragguagli che hanno per noi un valore
singolare :

refluo eìfai noTatuòs toixe. ói)).a ih; ò 'A^ioiov, xcà xiiXuuoL
re èv nf'TCo neifvxótei, xnì iiuid^à o'vtia &rj ti rù tìdr] rfflc IrSiutv
axiù; [ia'/.Xov ìj tx<H>s etxùoeis (ed. Hermannus Hitzig, III,
pag. 591).

Il particolare dei pesci che si vedono pure appena appena
sott'acqua - come macchie nerastre - nella pittura tarquiniese,
fu notato e riprodotto dal disegnatore Guido (ìatti, che esegui i
fac-simili degli affreschi di questa tomba per il Museo di Firenze.
Nonostante le abrasioni e la caduta del colore in molti punti, egli
riconobbe sicuramente vari delfini guizzanti, nonché un'araga-
sta e una murena : un vero campionario dunque della fauna
marina, chissà come variato e ricco in origine.

(3) La superficie del mare resa qui con lievi ondulazioni,
è una notevole novità al confronto della maniera arcaica di
riprodurre le onde per mezzo di una serie di riccioli conven-
zionali.
 
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