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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 27.1921

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Galli, Edoardo: Fidia in Etruria
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https://doi.org/10.11588/diglit.12551#0164

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283

FIDIA IN ETRURIA

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centi: egli riconosceva negli affreschi multicolori della
tomba « una scuola «reca ed un'epoca delle arti risorte ».
Anche noi vi vediamo un riflesso dell'arte attica, e per
quanto riguarda l'immagine del nume seduto in trono, mi
sembra evidente il ricordo - alterato sì in molti partico-
lari, ma schematicamente preciso - dello Zeus d'Olimpia.

Il nume è assiso sopra un trono di origine lignea,
riccamente decorato d'intarsi, e ripete il tipo ripro-
dotto sulla moneta dell'Elide, con queste due sole
differenze : che la mano destra riposa sul bracciuolo
del seggio, invece di vederla protesa a sostegno della
Nike - come doveva essere sull'originale criselefan-
tino - e che sulla testa ben chiomata del dio è posta
una corona metallica a punte (dorata nella pittura, a
dire del Campanari) ; mentre si sa che il copricapo ca-
ratteristico di Hades nella pittura e nella scultura
etnisca (*) è al contrario la xvvrj di pelle di lupo. Ma
a parte ciò - e prescindendo pure dai fiore di loto che
sormonta il lungo scettro, e che è senza dubbio un
elemento catactonico - senza voler peraltro definire la
vera natura di tale immagine - rimanendo solo nel-
l'ambito dell'esame stilistico, mi pare si possa affermare
che in essa perduri una reminiscenza - e neanche troppo
remota - della grandiosa statua di Fidia perduta.
L'anatomia del torace scoperto, resa da ampie masse
muscolari segnate con sobrie linee, i riccioli della
barba - di trattamento ancora arcaico - e la chioma
prolissa con accenni di arricciatura sul collo, sono in-
dici indiscutibili di una nobile maniera d'arte, a noi
rivelata da molti altri esemplari, scolpiti o dipinti.

E le forme create nel ciclo di detta arte non tramon-
tarono che con la fine dell'età classica, per riapparire
e rifiorire più tardi, durante il Rinascimento italico. -
Il secondo esempio preannunziato è un prodotto etru-
sco tardo, ma di scultura e di arte monumentale. È
l'insigne figura di Zeus in terracotta, originariamente
policroma, del frontone B di un tempio di Luni, ora nel
Museo Archeologico di Firenze (fig. 36) (2). Questa scul-
tura certo non può suggerire un confronto tipologico, al
pari della pittura vulcente ora esaminata, con la statua

(') Vedansi i riscontri che esposi al riguardo nella mia mo-
nografia sul Sarcofago etrusco di Torre San Severo, in Monumenti
Antichi ilei Lincei, XXIV-t, pag. 44 sgg., e figure ibidem.

(2) Fu edito dal Milani enn le altre terracotte lunensi : cfr.
nostra nota 4 a pag. 249 per la bibliografia.

fidiaca, della quale può considerarsi al più come un'im-
magine - diciamo così - di seconda mano, dipendendo
essa più direttamente dalla figura di Zeus in lotta contro
i Giganti sul grande fregio dell'altare di Pergamo, ora
a Berlino, la quale qui riproduco a riscontro ; ma è
di somma importanza per noi, poiché prova in modo
cospicuo la ininterrotta corrente di influenze arti-
stiche attiche sull'Etruria, anche attraverso le sue ul-
teriori ramificazioni asiatiche

Il tipo del personaggio, il trattamento del nudo -
con identico disegno dei muscoli del torace e dell'ad
dome - e soprattutto la mossa del corpo girato con
fare sdegnoso verso sinistra, che non va giustificata
in base ad una tradizione o evoluzione di qualche
vecchio schema, bensì con la precisa idea informativa
della figura in dipendenza dalla funzione assegnatale
dall'artista nel quadro - concretano il parallelismo che
corre tra la scultura di Pergamo e questa fittile di
Luni. Dunque non è il caso di almanaccare - come pur
troppo fece il Milani (2), suggestionato da considera-
zioni storiche, intorno alla pretesa somiglianza e im-
mediata dipendenza della figura lunensc dal Giove del
tempio capitolino. Noi vi riconosciamo invece un tipo
quasi calcato sopra l'insigne figura della grande arte
ellenistica - nonostante la diversa posizione dei due
personaggi, essendo quello di Pergamo in piedi e quello
di Luni seduto, e prescindendo anche da altre secon-
darie e spiegabilissime varianti - e fermiamoci a tale
fatto, per constatare che gli artefici etruschi dell'ultimo

(x) È noto che nella vasta composizione di Pergamo - ese-
guita sotto il regno di Eumene II tra il 197 e il 159 av. Cr. - si
riscontrano, non solo nuovi adattamenti di schemi anteriori a
cui gli artisti pergamei riuscirono ad infondere - con inusitata
arditezza - maggior carattere drammatico, ma altresì copiosi ac-
cenni pittorici e paesistici, che documentano la persistenza
della corrente megalografica attica del V secolo : cfr. Collignon,
Hist. de la Sculpture Greeque, II, pag. 531.

(2) Cfr. Mus. Topografico cit.,pag. 75. - Il Milani dice che lo
Zeus hyiense fu « certo » copiato sul Giove del tempio capitolino,
anteriore all'incendio sillano dell'83 av. Cr. Per la testa - scoperta
ed aggiunta alla statua dopo la ricordata pubblicazione in Mus.
Ital. - egli richiama il tipo leonino delle moneto d'Elide creato
nel sec. IV av. Cr., nonché l'ideale della testa d'Otricoli e la
statua Verospi al Vaticano. Ma il tipo del Giove Capitolino - pur
esso apografo alterato dello Zeus di Fidia - per quanto si può
giudicare dalle piccole riproduzioni conservate, per lo più su
lucerne, e meglio sopra monete (cfr. per esempio Overbeck, op.
cit., tav. 11-31 : il nume in trono, con aquila ai piedi, folgore
nella destra, e scettro nella sinistra), è ben diverso da quello
reso nella scultura di Luni.
 
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