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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 28.1922

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Della Corte, Matteo: Groma
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https://doi.org/10.11588/diglit.12555#0045

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GROMA

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attesta ancora della perfezione della sua costruzione e
dell'armonia ben concepita delle sue parti.

La groma descritta, la sola vera ed autentica groma
che il móndo archeologico finoggi possieda, arricchisce
di un altro unicum le collezioni del Museo Nazionale
di Napoli: e spiego perchè considero come un unicum
lo strumento studiato. Quante città antiche sono state
ai nostri studii conservate, come Pompei, da un subi-
taneo cataclisma che, spegnendovi da un momento
all'altro ogni segno di vita, sottrasse alla dispersione
ed alla rapina, col nasconderlo sotto una grossa coltre
di ceneri, Yinstrumen'um domesticum in essa conte-
nuto? Nessuna. Ma: quanti agrimensores potè contare
nel suo àmbito una città di provincia quale è Pompei,
se anche nelle moderne città, e col ritmo di tanto ac-
celerato della vita odierna, che certo rende più fre-
quenti anche le misurazioni agrarie, dove sì, dove no,
vi è un geometra? Forse non più di uno. Il nostro
strumento va dunque giustamente considerato come
un unicum, il quale, per di più, molto difficilmente
potrà mai avere un compagno.

Ecco quale e come era la groma, intorno alla cui
costruzione tanti ingegni eletti si sono esercitati ; ecco
quale e come era questo strumento geodetico che alla
intuizione del Rossi ('), seguito dal Legnazzi (!), appa-
riva, non ostante la ben fondata critica di Erone, pre-
feribile all'odierno «squadro agrimensorio » ; ecco quale
e come era la machinula di Festo, qua regiones agri
cuiusque cognosci possunt.

III.

La groma pompeiana è unica

Ho detto che ristrumento pompeiano è unico, e
devo ora dame la dimostrazione, occupandomi bre-
vemente di alcuni ferri antichi, con i quali si è preteso,
ma soltanto preteso, di ricomporre la groma, in quella
ricostruzione che è stata un'oggi accolta, sebbene non
senza qualche importante riserva, nel campo della
scienza archeologica (3), e che rappresenterebbe il

t1) Op. cit., p. 49.

(2) Op. cit., p. 102.

(3) Daremberg et Saglio, Dietionn. des ani. gr. et rom.. s. v.
siella ; Pauly-Wissowa, Realencycl., s. v. qroma.

primo ed autentico esemplare dello antico squadro agri-
mensorio dei romani.

Nel 1901 Hermann Schone, al quale già dovevasi
un pregevole lavoro sulla Diottra di Erone, pubblicato
due anni prima ('), permanendo nel medesimo campo
di ricerche tecniche, volle occuparsi anche della
groma (*), tanto più che di questa egli era sicuro di aver
riconosciuto un « wohlerhaltenes Exemplar » (3) in
un trovamento fatto a Pfunz presso Eiehstatt, negli
scavi del Limes (4). Secondo la ricostruzione, alla quale
lo Schone pervenne adibendo gli avanzi rinvenuti,
e supplendovi quanto gli sembrò necessario supplire,
la groma, riassumendo, componevasi di una croce
di ferro rigida, originale, forata al centro, ciascun
braccio della quale, desinendo in una coda ripiegata
in giù, e questa, essendo attraversata da un chiodo,
sembrava aver messo capo nel mezzo di una supposta
assicella di legno a parete verticale : ne risultava,
in una parola, una cornice quadrata di quattro assicelle
di legno, tenuta insieme da una croce rigida di ferro
ad angoli retti. Alla sporgenza esterna di ciascuno dei

f1) H. Schone, Die Dioptra des Heron, in ìdhrb. d. k. d. a.
Inst. XIV, 1899, p. 91 sgg. L'A. ripubblica da un nuovo codice
dell'opera di Erone, negi diónigag (l'archetipo dal quale dipen-
devano i manoscritti fino allora adibiti dal Venturi e dal
Vincent), scoperto nella Biblioteca Nazionale di Parigi, i capi-
toli III, IV e V; ricostruisce, con magnifiche figure, la diottra
ed i relativi tubi d'acqua per la livellazione, e gli schermi visivi ; e,
riconoscendo al Venturi il merito di aver portato a compimento
in quel campo gli studii migliori, vi aggiunge altre nuove e im-
portanti osservazioni.

(?) H. Schone, Das Visirinstrument der rom. Feldmesser,
in Jahrb. d. k. d. a. Inst., 1901, p. 127 sgg.

(3) Op. cit., p. 127: « Neuerdings ist jedoch bei den Aus-
grabungen am Limes ein wohlerhaltenes Exemplar der Groma
selbst an den Tag gekommen ».

(4) Obergermanische-Raetische JAmes des Roemerreiches,
Liei. XIV, Kastell Pfiinz (1901), p. 27, n. G4 ; cfr. tav. V, n. 40.
Gli autori del volume danno anch'essi per « Messinstrument aus
Eisen, groma » gli avanzi trovati, confessando che « bei dieser
Andeutung zu Danke verpflictet sind » allo Schone, di cui an-
nunziano in corso di elaborazione lo studio di cui qui ci occu-
piamo. Nel descrivere i due pezzi, quegli autori però non man-
cano di porre in rilievo che i bracci della croce « ini iibrigen nicht
sohr exakt gearbeitet sind: ihre Liinge differiert uni etwaó inni»,
ciò che in uno strumento esatto di topografia non era affatto
tollerabile. Curioso è poi constatare come nella fig. 40 a della
stessa tav. V, riproducendosi l'estremità ili un braccio della
croce, vi si supplisca senza idee preconcette un tratto di legno,
non al di fuori della codetta ripiegata in giù, ma al di dentro,
cioè non in conformità del modo tenuto poi dallo Schone nella
sua ricostruzione, ma proprio come faremo or ora noi, supplendovi
le doghe di un recipiente di legno.
 
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