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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 28.1922

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Pace, Biagio: Il tempio di Giove Olimpico in Agrigento
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https://doi.org/10.11588/diglit.12555#0113

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IL TEMPIO DI GIOVE OLIMPICO IN AGRIGENTO

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dell'edificio - a quella ohe in termine generico chia-
miamo cella-e scoperti rimanessero i criptoportici,
per questo tetto limitato al nucleo centralo, non po-
tremmo immaginare alcuna chiusura da quel lato orien-
tale della cella, che abbiamo visto terminato in due
pilastri distanti l'uno dall'altro circa 13 metri(12,85)
e perciò non congiungibili per impossibilità tecnica,
con alcuna trabeazione (r).

Limitata invece la copertura ai criptoportici laterali,
questa difficoltà non esiste, non solo, ma anche viene
a scomparire quella strana disposizione delle ali del
muro della cella, desinenti in pilastri o ante, non raccor-
dati al resto dell'edilìzio. Infatti dobbiamo immaginare
il tetto, ricoprente i due criptoportici laterali, in tutta
la loro lunghezza - e di conseguenza - i due estremi
pilastri dei muri della cella collegati per una trabea-
zione continuata, coi due pilastri corrispondenti del
filare orientale, da cui distano m. 3,78.

L'ÓQOfpìj la cui costruzione fu interrotta dalla con-
quista cartaginese (cfr. col. 175), dobbiamo ritenere
che fosse pertanto questa dei criptoportici.

.Concepito così il collegamento degli estremi pilastri
orientali della cella, con i corrispondenti del pro-
spetto, è anche ovvio che non si può supporre un brac-
cio di muro trasversale a divisione di un pronao, consi-
stente in un tratto dell'atrio scoperto, privo di funzione
nel culto e assurdo dal punto di vista architettonico.
L'inutilità di questo pseudo pronao risulta anche più
evidente se (col. 213) le porte - come vedremo - da-
vano adito ai due criptoportici perchè in tal caso si
poteva passare nel corpo centrale scoperto, da questi
chiusi corridoi ed allora non sapremmo a che cosa
potesse servire una delimitazione di un pronao che
in queste condizioni non avrebbe riscontro.

La dimora del Dio, doveva per contro essere net-
tamente demarcata dagli altri elementi del sacro edi-
fizio, per una comune disposizione, fondamentale nel
concetto del tempio greco, e specialissima anzi nella
serie siciliana, nella quale assai spesso troviamo que-

sto elemento centrale circoscritto rigidamente che al-
trove in un aiyton, un scinda sanctorum, incluso nella
cella vera e propria.

Dobbiamo perciò pensare che in fondo al corpo cen-
trale scoperto fosse il vero sacello, e cioè nello spazio
tra la parete di fondo e il muro traversale che corre
fra i due penultimi pilastri delle due ali di muro in-
terno. In questa disposizione il tempio richiamerebbe
il grandioso Didymaion presso Mileto (fig. 11), che
aveva appunto il sacello in fondo al grande cortile
ipertrale (*) ed il tempio F di Selinunte, che era anch'esso
con tutta probabilità ipetrale, con un aiyton chiuso
in fondo (2). Non va trascurato il fatto che tanto il
Didymaion che il tempio F, presentano non poche ana-
logie col nostro santuario, per le dimensioni,, la pianta
e gli accessi.

*

* *

Gli studiosi sono concordi nel ritenere che il nostro
tempio abbia avuto in piena regola la tradiziona'e di-
sposizione dei lati brevi, sormontati da un frontone
decorato di scolture o no.

A me è sembrato però che la grandiosità dell'edi-
lìz'o, la novità dei problemi che offriva per il progetto
della sua copertura, l'eriginalilà de'le soluzioni del suo
architetto, permettessero su questo punto il dubbio,
come per la così detta busilica di Pesto. Il sig. i'eirce
ha trovato questo dubbio non soltanto giustificato, ma
assolutamente accettabile in quanto chiarisce e sem-
plifica il sistema di copertura. E oltre a condurre in
questo senso la restituzione, mi ha fornito in propo-
sito la se;uente nota :

« Secondo la logica abituale della costruzione ; reca,
è verosimile che questo importante edificio dovesse
esser compi to nel modo più semplice, cioè con un
tetto inclinato verso il corpo centra'e sopra i cripto-
portici, e sul naoi il quale ha circa la stessa larghezza
dei i riptoporti i. Una tale copertu a di legno, così
adatta alla s a funzione, non richiede la presenza dei

(') Anche a voler pensare, con molti degli antichi e il Durm,
ad una comune e completa copertura di tutto il tempio, il que-
sito si presenta in forma identica. Infatti a tale copertura com-
pleta inanellerebbe il necessario collegamento fra il tetto della
cella e quello del criptoportico orientale. Non si vede poi come
potrebbe poggiare il soffitto a lacunari supposto dal Dumi
(vedi col. 198 e fig. 7).

(!) Cfr. Rayet-Thomas, Milet et le Golfe Lathmique, Parigi
1877 ; Pontremoli e Haussoullier, Didymes, fouilles de 1895 et
189fi, Parigi 1904 ; per gli scavi tedeschi posteriori cfr. Wiegand.
Archeol. Anzeig., 1911 coli. 433-43 (pianta a fig. 11) ; 1912 col.
203 segg. ; 1913 col. 123 (Knakfuss) e 1914 col. 109.

(2) Koldewey-Puchstein, pag. 118 ; Fougéres-Hulot, pag. 250.
 
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