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217

IL TEMPIO ni GIOVE OLIMPICO IN AGHTGRNTO

218

siamo anzitutto scartare quelle vecchie soluzioni che
contrastano con le sicure testimonianze dello stemma
di Agrigento e dei versi leonini, dell'anonimo agrigen-
tino, che ci rappresentano concordemente una parte
superstite del tempio con tre Giganti. E cioè quella
primitiva del Politi, e quella del Lo Presti, delle quali
la prima supponeva un pilastro centrale di tre Giganti
(cui ostano anche il fatto che si sono rinvenuti avanzi
di almeno dieci figure colossali e quelle altre ragioni
(col. 187) che spinsero lo stesso Politi ad abbando-
narla) ; l'altra li collocava addossati agli stipiti - come
in un'architettura settecentesca - senza alcuna antica
analogia, e come l'u notato dalla critica del tempo (*),
in modo che i telamoni sarebbero rimasti coperti dalle
grandi imposte di porte così vaste.

Dalla posizione medesima delle ligure - con le brac-
cia in alto ai fianchi della testa, secondo uno schema
che troviamo già nelle metope di Olimpia - e dalla rap-
presentazione dello stemma (fig. 8), risulta chiaro
che i Giganti erano allineati su di una parete, ad inter-
valli regolari. Mi sembra probabile che le torri dello
stemma rappresentino una ovvia interpretazione di una
membratura sovrastante alla figura, quasi capitello (2).
Tutte le altre ipotesi non contrastano con questo dato
fondamentale.

Di esse però, quella del Cockerell sebbene l'ondata
sull'esempio del secondo ordine di colonne esistente
nella cella di altri templi, come il Partenone, la basi-
lica di Pesto, il tempio di Figalia e quello di Tegea,
non può venire del pari accolta, come risulta da nuovi
elementi architettonici recuperati più tardi.

Infatti i pilastri interni della cella non sono, come
supponeva il Cockerell, più bassi delle colonne esterne,
sì da doversi sovrapporre la fila dei telamoni per otte-
nere l'altezza necessaria all'inclinazione del tetto ;
ma invece alti appunto quando richiede tale inclinazione,
come osservarono lo Hittorf e il Serradifalco (op. cit.
p. 66).

Anche l'idea del Tommasini, sebbene architettonica-
mente elegante, deve essere rifiutata, perchè, come notò

(1) Maggiore op. cit.. pag. 32 segg. ; Serradifalco, op. cit.,
pag. 67.

(2) I merli potrebbero essere o una interpretazione del
fregio con triglifi, o anche - come mi la notare il signor
Peirce - una reminiscenza di un adattamento medievale
dell'edilìzio, simile a quello del lato del tempio di Minerva
a Siracusa.

del pari il Sei-radi fa leu (pag. 68), la base dei pilastri
interni dello pseudostoa, non è sufficiente all'ampiezza
dei Giganti. Nè è possibile accogliere l'idea sviluppata
da Koldewey e Puchstein. Collocando i telamoni negli
intercolumni, su di una banchina sporgente a mezza
altezza dal muro esterno, tutto intorno al tempio - o
nei suoi lati brevi soltanto - vi si attribuisce una parte
così preponderante che è difficile, per (pianto limitato
possa essere valore degli argomenti ex silentio, di spie-
garci come mai ne abbia taciuto Diodoro, il quale non-
dimeno nella sua descrizione, come ho già notato, mo-
stra di avere informazioni personali dirette, manifesto
ricordo di una visita.

Ma tale ricostruzione urta anche contro difficoltà
più gravi e di carattere tecnico ed artistico, che la ren-
dono addirittura inverosimile.

Le dimensioni colossali del tempio e la natura sca-
dente del materiale, posero l'architetto di fronte ad una
serie di non lievi difficoltà costruttive. La principale
di tutte è quella di non poter disporre di blocchi suffi-
cienti per l'architrave libero : or il davanzale spor-
gente del muro fra le colonne, su cui dovrebbero pog-
giare i Giganti,'ed iGiganti medesimi, non hanno alcuna,
funzione statica, perchè a sostegno dell'architrave
era stato espressamente trasformato il peristilio in un
muro a pilastri. Q davanzale e i pesanti telamoni sa-
rebbero adunque organi del tutto oziosi, che dobbiamo
assolutamente escludere in una fabbrica; la quale pre-
senta già tante difficoltà tecniche e nuovi importanti
problemi tectonici ed artistici, da risolvere al di fuori
delle norme tradizionali. Sarebbe in contraddizione
aperta con quanto conosciamo di più sicuro sulle ten-
denze dell'arte ellenica, il supporre che architetti del
secolo V avanti Cristo, per puro desiderio di fasto,
avessero complicato più che non lo richiedessero la
necessità della costruzione, un tempio che già tanto si
allontanava dal tipo consueto.

Contro questo collocamento dei Giganti sorge an-
cora un'altra difficoltà, in rappòrto con l'ingresso.
Qualunque possa essere stata la forma speciale ed il
sito preciso della porta o delle porte, il Gigante dell'in-
tercolumnio o degli intercolumni corrispondenti sa-
rebbe infatti venuto a posare proprio in centro all'ar-
chitrave : avrebbe gravitato cioè sul vuoto, dandoci
un complesso staticamente inopportuno ed estetica-
mente del tutto ripugnante.
 
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